La presidente della commissione europea von der Leyen ha promesso una maggiore collegialità, ma i portafogli che ha assegnato si sovrappongono spesso, facendo in modo che i falchi possano supervisionare i propri colleghi. E lasciando alla fine alla popolare tedesca il compito di controllare l’intero lavoro
Nel presentare la sua nuova Commissione, Ursula von der Leyen ha voluto sottolineare che questa volta il suo esecutivo lavorerà in maniera molto più collegiale, dividendo i compiti il più possibile in maniera orizzontale. “Ogni membro è uguale e ogni commissario ha la stessa responsabilità di realizzare le nostre priorità. Ciò significa che tutti i commissari devono lavorare insieme”, ha detto la presidente. La nuova struttura insomma, ha promesso, è “più snella, più interattiva e interconnessa”.
E a esaminare bene la struttura del nuovo esecutivo, emerge che questa orizzontalità significa anche che i portafogli assegnati ai vari commissari sono spesso sovrapposti, il che renderà difficile per ogni singolo esercitare da solo una grande influenza su una determinata politica. Centrale sarà quindi il ruolo di kingmaker (o faremmo meglio a dire queenmaker) della stessa von der Leyen, che finirà per avere l’ultima parola su tutto. Come lei stessa ha specificato nelle lettere di incarico inviate ai diversi componenti della squadra, ognuno di loro lavorerà “sotto la mia guida”.
Ribera potente ma non troppo
Orizzontale o meno, come in ogni struttura di governo anche in questa Commissione ci sarà comunque una catena di comando, anche se è stata resa un po’ più complessa da decifrare. Al di sotto della presidente ci saranno sei vicepresidenti esecutivi. Tra di loro la più potente (almeno sulla carta) sarà la spagnola Teresa Ribera, una socialista e bilanciare lo strapotere dei popolari, che sarà incaricata della Transizione pulita, giusta e competitiva e di garantire che non si abbandoni il Green Deal. A lei è stato dato anche il pesante portafoglio della Competitività, che finora era della liberale danese Margrethe Vestager. Insomma tutti incarichi importanti e di prestigio.
Il suo compito sarà guidare la transizione industriale, e le sue politiche influenzeranno quindi l’economia di tutti gli Stati membri. Ma di fatto, sempre in nome dell’orizzontalità, Ribera è stata letteralmente circondata di popolari con portafogli che si accavallano al suo, e che potrebbero lavoreranno per mettere un freno alle sue richieste se dovessero risultare troppo progressiste o ambientaliste.
Il frugale olandese, Wopke Hoekstra, è stato nominato commissario al Clima, mentre un’altra conservatrice, la svedese Jessika Roswall si occuperà di Ambiente. “I negoziati sul Clima saranno gestiti da Hoekstra, anche quelli internazionali, anche se Ribera sarà attiva sulla questione. Ci dovrà essere collaborazione”, ci spiega in maniera piuttosto diplomatica un alto funzionario della Commissione. Sono del Ppe anche il lussemburghese Christophe Hansen e il greco Apostolos Tzitzikostas, commissari all’Agricoltura e ai Trasporti, due dei settori in cui le disposizioni del Green Deal sono finite più sotto attacco e dove la convivenza non sarà semplice.
A Fitto più forma che sostanza
Tra i vicepresidenti, con grande giubilo dell’Italia, ci sarà anche Raffaele Fitto, incaricato di Coesione e Riforme. Tra i suoi compiti ci sarà quello di monitorare l’attuazione del NextGenerationEU, il cosiddetto Recovery Plan, e quindi i diversi Pnrr nazionali. In questo compito però anche lui, come è successo per Ribera, è stato affiancato da un commissario di peso, anzi un peso massimo: il lettone Valdis Dombrovskis. Nonostante il primo sia vicepresidente e il secondo no “entrambi saranno al comando in questo dossier”, afferma l’alto funzionario. E lo saranno su base praticamente egualitaria.
Dombrovskis, nominato commissario semplice, è stato declassato rispetto allo scorso mandato, quando era vicepresidente esecutivo. Ma in realtà solo all’apparenza. Al falco dell’austerità popolare è stato assegnato il portafoglio dell’Economia, e starà quindi a lui il compito di controllare i conti degli Stati membri. Dombrovskis inoltre è stato messo alle dirette dipendenze di von der Leyen, a lei dovrà rispondere del suo lavoro scavalcando i vicepresidenti. Lo stesso varrà per lo slovacco Maros Sefcovic, il decano dell’esecutivo, che pure ha avuto un portafoglio strategico, quello del Commercio e per il polacco Piotr Serafin, responsabile del Bilancio. Insomma quando si parla di soldi l’ultima parola è a von der Leyen..
Il dossier migranti
Le due figure centrali che si occuperanno invece della gestione di un altro dossier molto delicato, quello dei migranti, saranno l’austriaco Magnus Brunner e la croata Dubravka Šuica, entrambi sempre in quota Ppe. Il primo sarà appunto il commissario ad Affari Interni e Migrazione e la seconda al Mediterraneo. Quest’ultimo è un portafoglio nuovo e che avrà tra i suoi compiti anche quelli di rafforzare i partenariati esistenti e crearne di nuovi con i Paesi della regione, sul modello dei patti già stipulati con Tunisia, la Libia e l’Egitto. Si occuperà insomma di esternalizzare anche la gestione dei flussi migratori, cercando di creare collaborazioni con i Paesi di partenza dei barconi, la nuova linea dell’Europa in materia (per la gioia di Giorgia Meloni).
Ungheria sotto pressione
L’Ungheria di Viktor Orban è forse il Paese che esce più ridimensionato in questa Commissione, che già in partenza sembra essere sul piede di guerra con Budapest. Il suo rappresentante, Olivér Varhelyi, dal delicato ruolo dell’Allargamento è stato spostato a quello della Salute e il Benessere degli animali. La Sanità è una delle materie che restano di competenza nazionale, quindi di fatto avrà poco potere effettivo, anche se si dovrà occupare comunque di gestire un mercato delicato come quello dell’industria farmaceutica caratterizzata da pochi soggetti dominanti.
La bestia nera di Orban diventerà l’irlandese Michael McGrath, nominato commissario allo Stato di diritto. “La sua scelta non è casuale per il ruolo, perché è stato ministro delle Finanze e il suo compito sarà, di concerto con il commissario al Bilancio, di lavorare a implementare le condizionalità rispetto ai fondi europei”, ci spiega ancora l’alto funzionario europeo. Il loro obiettivo sarà insomma di fare in modo che sempre più chi viola le regole comunitarie veda tagliati i fondi europei che gli spettano. Un chiaro messaggio per Budapest e per tutti quelli che pensano di seguire la sua stessa strada.