Il governatore, imputato nella maxi inchiesta sulla corruzione in Regione, lascia dopo ottanta giorni di arresti domiciliari. Schlein: “Finalmente”
Alla fine Giovanni Toti si è arreso. Con una lettera depositata in mattinata, il presidente della Regione Liguria ha formalizzato le sue dimissioni, dopo ottanta giorni agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sulla corruzione in Liguria. Toti, a due terzi del suo secondo mandato da governatore, era stato eletto presidente alla guida della Regione l’11 giugno 2015 e confermato alle elezioni regionali del 2020. A depositare la lettera l’assessore regionale Giacomo Giampedrone, su delega dello stesso Toti. “Inoltro questa mia alle autorità in indirizzo per tutte le competenze di legge relative alla gestione transitoria dell’ente e l’avvio delle procedure per l’indizione di nuove elezioni”, scrive Toti di suo pugno per annunciare le dimissioni irrevocabili.
“Mi assumo la responsabilità di richiamare alle urne gli elettori”
“Dopo tre mesi dall’inizio dei miei arresti domiciliari – scrive Toti – e la conseguente sospensione dall’incarico che gli elettori mi hanno affidato per ben due volte, ho deciso sia giunto il momento di rassegnare le mie irrevocabili dimissioni da presidente della Giunta Regionale della Liguria. Mentre viene resa pubblica questa mia lettera che ho pregato il mio difensore, avv. Stefano Savi, di diffondere, il testo formale delle dimissioni viene consegnato al Presidente facente funzione della Giunta e al Presidente dell’Assemblea Legislativa per tutti gli adempimenti di legge. Mi assumo tutta la responsabilità di richiamare alle urne, anticipatamente, nei prossimi tre mesi, gli elettori del nostro territorio, che dovranno decidere per il proprio futuro”.
“Si apre per tutti una fase nuova – continua Toti – agli elettori il compito di giudicare la Liguria che abbiamo costruito insieme in questi lunghi anni e decidere se andare avanti su questa strada. Ai partiti della maggioranza la responsabilità valorizzare con orgoglio i risultati raggiunti, non tradire il consenso raccolto, valorizzare la classe dirigente cresciuta sul territorio. Ai tribunali della Repubblica valutare le responsabilità chiamate in causa dall’inchiesta. Al Parlamento nazionale e all’opinione pubblica del Paese il dovere di fare tesoro di questa esperienza e tracciare regole chiare e giuste per la convivenza tra giustizia e politica all’interno del nostro sistema democratico. Ringrazio di cuore tutte le persone, e sono tante, che senza nemmeno conoscermi mi hanno fatto sentire tramite la mia famiglia e il mio avvocato la loro vicinanza e il loro affetto. Da questo momento torno anche io ad essere un semplice, comune cittadino della nostra bellissima Liguria”.
L’attacco alle opposizioni
L’ormai ex presidente ha poi attaccato le opposizioni, colpevoli – a suo dire – di aver cavalcato l’inchiesta: “Fino ad oggi – scrive nella lettera di dmissioni – il Presidente ad interim Alessandro Piana, la Giunta, la maggioranza tutta, che ringrazio di cuore, si sono assunti l’impegno di evitare il blocco dell’Ente, rispettando tutti gli impegni presi e portando avanti progetti e cantieri, con senso di responsabilità, capacità, onore. Lo hanno fatto anche di fronte ad una opposizione che, lontana dall’attitudine istituzionale richiesta dal momento, ha saputo solo cavalcare la complessa situazione, dimentica dei suoi stessi valori del passato, di ogni civiltà giuridica, della Costituzione e di quella cultura di governo che dovrebbe rappresentare chi si candida alla guida di una comunità”.
Il “sistema Toti” contestato dalla Procura di Genova
L’indagine, inizialmente concentrata su ipotesi di corruzione elettorale, si è poi ampliata. Ci sono più filoni che si intrecciano e il presidente della Regione Liguria diventa il perno attorno al quale ruoterebbero gli imprenditori e i loro affari. Un abbraccio tra pubblico e privato dove, secondo l’accusa, le regole vengono aggirate a piacimento secondo gli interessi prevalenti del momento. Gli indagati sarebbero oltre trenta.
Giovanni Toti si trova ai domiciliari dal 7 maggio: la seconda ordinanza di custodia cautelare è arrivata il 18 maggio scorso. A motivare il secondo provvedimento in pochi mesi, l’accusa di violazione alla legge sul finanziamento di partiti in relazione a una somma di 50 mila euro che sarebbero stati versati da Esselunga alla tv genovese Primocanale per le elezioni comunali del 2022, poi vinte dall’attuale sindaco Marco Bucci, non indagato. La nuova misura cautelare non allunga i tempi degli arresti domiciliari che scadono comunque a inizio novembre.
Calenda: “Indegno usare le inchieste per lotta politica”
“Toti è un nostro avversario. La valutazione sulla sua gestione è negativa. I profili di conflitto di interessi sono quanto di più estraneo alla prassi di Azione si possa immaginare. Ma forzare le dimissioni di un Governatore attraverso l’imposizione di misure cautelari a pioggia è indegno di uno Stato di Diritto. Così come indegno è usare le inchieste come fondamento di un confronto politico. Non è stata un bella pagina per la democrazia italiana”, scrive il leader di Azione, Carlo Calenda, su X.
Lega: “Tentativo di sovvertire il voto con inchieste e arresti”. Gasparri: “Enormi pressioni dalle toghe”
“In Liguria – si legge in una nota della Lega – siamo di fronte all’ennesimo tentativo di sovvertire il voto popolare usando inchieste e arresti. La Lega non si fa intimidire e i cittadini sapranno rispondere democraticamente riconfermando il centrodestra che ha rilanciato la Regione da tutti i punti di vista”. “Rispetto la decisione di Giovanni Toti certamente sofferta”, scrive invece il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri che poi aggiunge: “Non posso però non rilevare che la pressione della Magistratura è stata veramente enorme su questa vicenda. Non è il momento di aggiungere considerazioni che, però, faremo nelle sedi competenti. Ora è il momento di preparare le elezioni e di vincere con un centrodestra unito che sappia, accanto alle presenze politiche, valorizzare le presenze civiche e del territorio”.
Bonelli (Avs): “Dimissioni atto dovuto”
Di tutt’altro avviso il leader di Europa Verde e parlamentare di Alleanza Verdi Sinistra, Angelo Bonelli: “Le dimissioni di Toti – scrive – erano un atto politicamente dovuto per il fallimento delle sue politiche che hanno portato la sua Regione a vedere compromessi diritti e prestazioni essenziali: dalla sanità pubblica al trasporto con una forte aggressione all’ambiente. Ora rimaniamo uniti per vincere le elezioni e per costruire una Liguria rispettosa del territorio, dell’ambiente della partecipazione e della democrazia. Una delle regioni più cementificate che deve invece pensare a tutelare la sanità pubblica, il trasporto pubblico, difendere e potenziare le aree protette e rilanciare l’economia guardando alle grandi sfide della transizione verde che deve essere sostenibile dal punto di vista sociale ed economico per le imprese”.
Schlein: “Si è dimesso con molto ritardo”
“Finalmente Giovanni Toti si è dimesso – dichiara invece la segretaria del Partito Democrarico, Elly Schlein, parlando con la stampa al festival di Giffoni – anche se con molto ritardo. Sono passati ottanta giorni in cui la Liguria è stata ferma, paralizzata, tenuta a i domiciliari con lui. È l’occasione per restituire la parola ai cittadini e alle cittadine liguri. È l’occasione per le forze alternative alla destra per costruire un progetto che guardi al futuro della regione e che sia all’altezza delle emergenze che lì vanno affrontate”.