Decine di migranti si trovano nella zona cuscinetto che divide in due l’isola di Cipro: nessuno vuole accoglierli e non possono nemmeno tornare da dove provengono. E sono costretti a vivere in un limbo
Si trovano nella terra di nessuno, una zona cuscinetto tra due Stati in guerra e per questo sono bloccati in un limbo: non possono essere accolti e nemmeno rimandati da dove provengono. È l’incubo che stanno vivendo 53 rifugiati sull’isola di Cipro, che sono stati respinti e si trovano nella zona sotto il controllo dell’Onu che serve a dividere la parte della nazione riconosciuta internazionalmente dal nord in sui c’è uno Stato riconosciuto solo dalla Turchia e nato dopo l’invasione delle truppe di Ankara negli anni Settanta.
Si tratta di migranti provenienti da Camerun, Siria, Iran, Iraq, Sudan e Afghanistan, la cui casa da settimane una tenda in una ex palude infestata da zanzare, mosche selvatiche e ratti. Nel caldo torrido dell’estate, con temperature che quasi ogni giorno superano i 40 gradi, gli operatori umanitari hanno descritto la situazione come intollerabile.
La situazione è esacerbata dalla complessa realtà dell’isola mediterranea, divisa dalla guerra, con le comunità greca e turca che vivono al di qua e al di là di una linea di cessate il fuoco dal 1974, nel nord i turco ciprioti e nel sud che vivono sotto una sorta di protettorato di Ankara, nel sud i greco ciprioti nella nazione membro dell’Unione europea e riconosciuta internazionalmente Come racconta The Guardian in tutto sono stati allestiti due campi per ospitare altri richiedenti asilo intrappolati ad Akaki, 22 chilometri a ovest della capitale Nicosia, città divisa in due da un muro come un tempo era Berlino. Tra i bloccati ci sono donne vittime della tratta di esseri umani e anche bambini.
Otto dei 53, descritti come cittadini siriani e tra cui due minori non accompagnati, sono già scomparsi. Almeno la metà di loro è scappata dal campo dopo essere fuggita dalla zona demilitarizzata e aver tentato di presentare richiesta di asilo a Pournara, il centro di accoglienza per rifugiati dell’isola, prima di essere scoperta, respinta per la seconda volta nella terra di nessuno da dove sono fuggiti nuovamente e dove potrebbero essere rispediti se ritrovati dalla polizia. “Ogni giorno desidero ardentemente di potermene andare”, ha raccontato a The Guardian Mimi, vittima della tratta di esseri umani. “Ho lasciato il nord per scappare da uomini che volevano fare i loro comodi con me, ma non avrei mai immaginato di finire in un posto come questo”.
Con gli ingressi dal Nord verso il sud dell’isola che non accennano a diminuire, l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, ha chiesto un’azione urgente. “Queste persone hanno bisogno che le loro richieste di asilo vengano esaminate come garantito dal diritto dell’Ue”, ha detto Emilia Strovolidou, portavoce dell’agenzia, secondo cui “questa situazione di limbo non è sostenibile e bisogna trovare una soluzione valida”. Costretti a sopravvivere con le donazioni della Croce Rossa, con il cibo in scatola fornito dallo Stato e con le razioni militari che di solito vengono date alle forze di pace delle Nazioni Unite nelle zone di combattimento, i richiedenti asilo bloccati dicono che le loro “condizioni fisiche e psicologiche” si stanno deteriorando rapidamente.
“Molti di noi, soprattutto le donne, sono molto depressi”, ha detto al giornale britannico Ibrahim, 24enne sudanese. “La guerra è iniziata e non ho avuto altra scelta che lasciare Khartoum. Volevo andare in un posto dove mi sentissi al sicuro e ho ottenuto un visto per studiare a Cipro. In Europa sapevo che esiste una cosa chiamata diritti umani, ma qui, in questa giungla, ho avuto una febbre molto brutta, mi sono sentito come se potessi morire. Sarebbe meglio tornare a Khartoum”.
In un contesto di aumento degli arrivi irregolari (più di 2mila persone hanno compiuto la traversata in mare di 100 miglia dalla Siria nei primi tre mesi di quest’anno) il governo del presidente Nikos Christodoulides ha assunto una posizione sempre più dura. A metà aprile i funzionari ciprioti hanno sospeso l’esame delle richieste di asilo dei siriani, una misura che ha interessato più di 14mila persone, e hanno intensificato i respingimenti in mare. Nicosia ha inoltre esercitato pressioni su Bruxelles affinché venga varata una legislazione che dichiari sicure per il rimpatrio alcune parti della Siria devastata dalla guerra.
Dal canto suo la Commissione europea ha affermato che, in quanto Stato membro dell’Ue, Cipro è obbligata, in base alle leggi vincolanti del blocco, ad accettare le domande di protezione internazionale, sia che vengano presentate “alla sua frontiera o in una zona di transito”.