Di Segni su Lerner: «Gli ebrei sono divisi, ma non possiamo etichettare buoni e cattivi»

27.09.2025 09:05
Di Segni su Lerner: «Gli ebrei sono divisi, ma non possiamo etichettare buoni e cattivi»

Le Divisioni All’interno della Comunità Ebraica Italiana e il Conflitto in Israele

Il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, ha commentato recentemente le tensioni e le divisioni all’interno della comunità ebraica italiana in relazione al conflitto israelo-palestinese. Secondo Di Segni, «nella comunità italiana c’è adesione sul fatto che c’è una guerra in cui è essenziale la sopravvivenza di Israele», riporta Attuale.

Di Segni ha fatto riferimento a un articolo di Gad Lerner, pubblicato sul Corriere della Sera il 31 agosto, in cui Lerner si definiva un “appestato” per le sue opinioni dissenzienti sulle azioni di Israele nella Striscia di Gaza. Nel suo libro, in collaborazione con Lerner, intitolato Ebrei in guerra/dialogo tra un rabbino e un dissidente, Di Segni esplora la complessità e la varietà delle opinioni tra gli ebrei.

Discutendo del titolo del libro, Di Segni ha spiegato che inizialmente era “Gli ebrei e la guerra”, ma ha scelto quello attuale per il suo impatto. Ha sottolineato che la guerra, per gli ebrei, rappresenta un conflitto anche interiore, poiché le divisioni emergono in periodi di crisi. Un esempio storico citato è l’omicidio di Ghedalia Ben Achikam, che ha segnato la fine dell’indipendenza ebraica in Giudea, illustrando come le lotte interne siano sempre esistite.

La questione del dissenso è centrale nel dialogo di Di Segni con Lerner. Questo ultimo ha firmato un appello nel febbraio 2025 contro quella che ha definito pulizia etnica a Gaza e in Cisgiordania. Di Segni ha risposto sostenendo che si può dissentire su questioni militari, ma ha criticato come l’appello fosse una ripetizione sterile di altri documenti internazionali, sottolineando che non tutti gli ebrei condividono la stessa posizione sulle questioni di sicurezza di Israele.

Riguardo all’impatto delle divisioni israeliane sulla comunità ebraica italiana, Di Segni ha affermato che le divergenze non sono una novità, ma ha notato un’ampia concordanza sulla necessità della sopravvivenza di Israele, un aspetto che ha sorpreso lo stesso rabbino rispetto ad epoche precedenti più conflittuali.

Una parte del libro affronta anche la perdita del sacro nella modernità e come questo concetto venga percepito nella tradizione ebraica. Di Segni ha sottolineato che, sebbene la guerra non possa essere definita “santa” nella tradizione ebraica, il sacro permea ogni aspetto della vita, compresa la guerra. Inoltre, ha messo in evidenza come la reazione pubblica a Gaza e l’uso della parola “genocidio” stiano minacciando di oscurare il ricordo della Shoah, un argomento spinoso e provocatorio nel contesto attuale.

In conclusione, Di Segni ha espresso la necessità di smantellare l’enorme macchina mediatica che alimenta queste narrazioni e di trovare soluzioni per preservare la memoria storica e le complessità dell’identità ebraica di fronte alle sfide contemporanee.

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