Ehud Barak: un piano per Gaza con la partecipazione araba
L’ex premier israeliano Ehud Barak ha affermato che per affrontare la situazione a Gaza è necessaria anche una “forza interaraba” composta da egiziani e giordani, sottolineando che Hamas continuerà a colpire le forze israeliane, ma non quelle arabe. Barak ha criticato l’attuale governo di Benjamin Netanyahu, definendolo privo di una chiara strategia sia politica che morale, poiché guidato principalmente dalla sua necessità di sopravvivenza politica, riporta Attuale.
In un’intervista, Barak ha concesso solo venti minuti di tempo, ma parlando del piano di pace proposto dall’ex presidente statunitense Donald Trump, ha aggiunto: “È una grande opportunità. Trump ha costretto Netanyahu ad accettare, l’ha piegato come una gomma. La risposta di Netanyahu è stata ‘sì, ma’”. Secondo Barak, anche Hamas ha reagito con un “sì, ma”, suggerendo che i colloqui richiederebbero un maggiore impegno da entrambe le parti.
Riguardo agli ostaggi e al ritiro dell’esercito israeliano, Barak ha detto che ci sono punti nel piano di Trump che potrebbero essere problematici per Netanyahu, inclusa l’inclusione dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e la necessità di trovare un accordo per uno Stato. “Quasi tutto ciò che Bibi ha sostenuto negli ultimi due anni va contro questo piano”, ha aggiunto.
Barak ha espresso preoccupazione per la crescente pressione globale che potrebbe portare a un riconoscimento dello Stato palestinese, anche senza le trattative con Israele. “Siamo sempre più isolati e gli ebrei in tutto il mondo subiscono attacchi”, ha dichiarato, evidenziando l’idea che le attuali azioni del governo stanno danneggiando l’immagine di Israele nel mondo.
Infine, Barak ha sottolineato come il concetto di una soluzione a due Stati sia difficile da realizzare in questo momento storico, a causa del trauma ancora vivo seguito agli attacchi dell’7 ottobre e della crescente rabbia nei confronti dei palestinesi e di Hamas. Ha concluso avvertendo che Netanyahu deve essere ritenuto responsabile delle sue decisioni, e l’Israele di domani dovrà lavorare per ripristinare la propria immagine dopo la crisi attuale.