Rischi fiscali per il settore bancario, avverte il presidente dell’Abi
Diplomatico ma incisivo. Alla 101ª Giornata mondiale del risparmio, il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, evita commenti diretti sulla manovra: “Sono sempre molto rispettoso di tutte le istituzioni della Repubblica, a cominciare dal governo”. Utilizza però il palco del salone delle Fontane dell’Eur per lanciare un messaggio chiaro all’esecutivo. Il suo intervento durante il dibattito con il presidente dell’Acri, Giovanni Azzone, mira a scongiurare il rischio di nuove imposte per il settore l’anno prossimo: “Per le banche il 2026 sarà più difficile”. Patuelli richiede un “fisco amico“, riporta Attuale.
Forte di questo viatico, il presidente dell’Abi entra nel merito della sua richiesta al governo: è necessario diversificare il peso fiscale sugli investimenti. Patuelli suggerisce di distinguere tra chi risparmia con orizzonti temporali lunghi e chi specula a breve termine. “Bisogna che ci sia una differenza tra la pressione fiscale sulla liquidità a brevissimo termine e la liquidità a medio e lungo termine, possibilmente con una direttiva europea che eviti guerre fratricide”. Per questo, è necessaria una “fisco amico del risparmio“, non un fisco nemico. Questo appello è dettato dall’urgenza: secondo un’analisi Ipsos-Acri, solo il 41% delle famiglie riesce ancora a risparmiare, un calo rispetto al 46% del 2024. “Se senza tecnologie si rimane indietro – avverte Patuelli – è anche vero che senza il risparmio non si va avanti”, nemmeno nell’era dell’intelligenza artificiale.
Il presidente dell’Abi presenta un quadro complesso per l’anno prossimo. Il 2026, spiega, sarà caratterizzato da “complessità in crescita” dovute a vari fattori, inclusi dazi e cambio euro-dollaro. “Quando ci sono elementi problematici per le imprese, le banche ne traggono conseguenze negative”. A ciò si aggiunge l’incognita dei tassi d’interesse: recentemente, la Banca centrale europea ha diminuito i tassi, e Patuelli prevede un anno con tassi più bassi rispetto al 2025. “Quindi il 2026 ce lo dobbiamo guadagnare ancora di più”. Sebbene Patuelli non lo menzioni esplicitamente, il contributo richiesto alle banche dalla manovra pesa come incertezza. Non è casuale che il presidente dell’Abi sottolinei il ruolo propulsivo del settore, evidenziando come “l’offerta di prestiti” delle banche “è superiore alla domanda” delle aziende.
Infine, Patuelli affronta il tema dell’euro digitale, definendolo “un processo storico ineluttabile” che comporterà “costipro investment e rischi di liquidità” per gli istituti. Questa visione contrasta con quella del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che sostiene che “i costi per le banche sono tutto sommato contenuti” e dettaglia: “6 miliardi in 4 anni spalmati su 5000 banche europee e per il solo adattamento tecnologico”. Entrambi trovano accordo sul fatto che “la solidità delle banche è un punto di forza del Paese”. Come chiosa il governatore, ora gli istituti “devono usare le risorse generate in questa fase favorevole per sostenere la crescita dell’economia”.