Ho scoperto il doppio menù dei ristoranti organizzando una cena a casa con gli amici. E vi spiego perché se il cibo a domicilio diventerà troppo caro, nessuno trarrà più vantaggio da questo business, ristoratori, rider e app di delivery compresi
Pizza, kebab, sushi o poke: ordinare cibo a domicilio è diventato un gioco da ragazzi. Ma avete mai calcolato quanto spendete in più per questo servizio? Vi basti sapere che per una cena a casa con una coppia di amici ho dovuto sborsare il 30 per cento in più sul conto, vale a dire la bellezza di 9 euro. Non poco, anche se poi dipende da ordine a ordine.
Proviamo a capire meglio come funziona il food delivery, sia dal lato del consumatore che da quello del ristoratore, senza tralasciare le app più famose di gestione e consegna degli ordini e la questione ‘stipendi’ dei rider, per cercare di capire se il settore, come dicono alcuni, ha le ore contate.
Il doppio menù dei ristoranti
Sabato sera a casa mia con una coppia di amici: “Ordiniamo qualcosa? Ma sì dai, così non dobbiamo cucinare e possiamo continuare a vedere le foto delle vacanze estive”. Dopo una diatriba tra messicano, hamburger o poke, scegliamo un tipo di cucina che piace a tutti, quella cinese. Troviamo il ristorante di quartiere che conosciamo bene, poi la solita confusione: “Io voglio quello, no anzi quell’altro, questo ce lo dividiamo”. Tornata la calma passiamo all’ordine online. Infine la sorpresa, amara: il conto.
Ci sembra un po’ altino, così proviamo a eliminare l’opzione consegna a domicilio per vedere se riusciamo a risparmiare qualcosa. Ma non è quella voce a far lievitare il totale. Per nostra fortuna infatti la consegna è gratuita. Ci accorgiamo così che esistono due listini prezzi: il menù di sala e quello del delivery. Quanta differenza potrà mai esserci tra i due? Dipende da ristorante a ristorante e da cosa si ordina, ma in alcuni casi si fa sentire, specialmente se si scelgono più piatti. Noi ne abbiamo presi sei in tutto, forse se avessimo scelto la pizza il conto non sarebbe stato poi così salato.
Ci accorgiamo che tra un menù e l’altro ci possono essere anche 2 euro di differenza su un solo piatto, mentre per altri, probabilmente i meno richiesti, il prezzo è lo stesso (vedi foto sopra). Insomma alla fine abbiamo speso 29,80 euro invece di 20,8 euro, ben 9 euro in più su quasi 30 euro, vale a dire il 30% (vedi foto sotto). Percentuale che di certo non giustifica i maggiori costi per la sostenibilità ambientale visto che le confezioni erano di plastica e metallo. Con molta probabilità la prossima volta opteremo per la cena al ristorante, così poi non ci saranno nemmeno i piatti e i bicchieri da lavare, sperando di non dover pagare il ‘coperto’ altrimenti il risparmio si assottiglia.
“Consegna gratuita” ma non troppo
E se avessimo optato per quella famosa pizza? In un locale di periferia una margherita costa 7 euro invece dei 5,50 euro di una pizza servita al tavolo del ristorante. Una Funghi rossa 8,50 invece di 7 euro, una Diavola 8,90 invece di 7. Guardando il menù delivery siamo mediamente quasi sempre su 1,50 euro in più a pizza. Totale per 4 pizze 31,40 invece di 25 euro, con una differenza di 6,50 euro che equivale a una maggiorazione del 20 per cento. Anche questa volta le spese di consegna, che si aggiravano sui 3,49 euro, erano ‘gratis’. Si fa per dire considerando che se me le avessero fatte pagare avrei sborsato comunque 3,50 euro in più rispetto alla cena nel locale.
Ma quanto costa il business delle consegne a domicilio per un ristoratore? Le commissioni delle più famose app di food delivery per sito, marketing e runner si aggirano attorno al 20-30 per cento del totale di un ordine, pari esattamente a quei 9 euro che ho pagato in più l’altra sera. Ma ci sono anche ristoranti che scelgono il fai-da-te, con costi che si aggirano attorno al 15-17 per cento in più a ordine. Ecco perché su alcuni famosi portali di lavoro si trovano annunci per rider interni. Peccato però che per 28 ore serali a settimana – sabato e domenica comprese – alcuni offrono solo 500/600 euro (vedi foto sotto). Una cifra che i gestori dei locali si ‘ripagano’ con le prime quattro consegne della serata, le successive sono tutti soldi in più che entrano in cassa.
Il futuro del cibo a domicilio
Il business del cibo a domicilio, che in Italia vale 1,8 miliardi di euro e coinvolge ben 10 milioni di consumatori, potrebbe cambiare presto. Lo scorso marzo l’Unione europea ha varato la cosiddetta direttiva rider per migliorare la situazione contrattuale dei lavoratori che si occupano delle consegne. Stiamo parlando di 5,5 milioni di fattorini in tutta Europa, 700 solo in Italia. Sono considerati lavoratori autonomi in tutto il mondo ma con le nuove norme alcuni di questi potrebbero diventare dipendenti a tutti gli effetti, ottenendo diritti e tutele importanti.
Offrire garanzie e stipendi dignitosi ai rider è doveroso ma per le aziende si tratta pur sempre di costi aggiuntivi, per un totale di circa 5 miliardi di euro l’anno. Il rischio è che a farne le spese saranno come sempre i consumatori. Proprio come sta succedendo in alcune città degli Stati Uniti d’America, dove i colossi delle consegne a domicilio hanno aumentato le commissioni per migliorare le paghe dei rider, ritrovandosi improvvisamente con molti meno ordini a causa di un inaspettato aumento dei prezzi del food delivery. A New York secondo quanto ha raccontato il Wall Street Journal, un hamburger sarebbe arrivato a costare il doppio rispetto al passato, anche fino a 40 dollari per un panino consegnato a casa o al lavoro.
Tutto questo si traduce in un minore giro d’affari per i ristoranti, ma anche in meno lavoro per i corrieri. Di questo passo l’affare non farà più gola a nessuno, app di delivery comprese. Anche perché gli investitori di queste grosse aziende che hanno accettato di fare sacrifici durante il boom del lockdown per conquistare grosse fette di mercato, adesso chiedono di macinare utili.
Succederà la stessa cosa in Italia? Difficile dirlo, per il momento sappiamo solo che siamo travolti da un’ondata di rincari e che se gli stipendi non aumenteranno di pari passo con l’inflazione in molti inizieranno a rinunciare a qualcosa. Forse proprio al food delivery visto che gli ordini si fanno spesso nei ristoranti vicino casa. Insomma, se il cibo a domicilio dovesse diventare ancora più caro, un lusso che solo in pochi potranno permettersi, l’intero sistema potrebbe davvero rischiare il collasso.