Una legge in ricordo di Steven Babbi: più diritti per i malati di tumore in Italia

17.11.2025 02:25
Una legge in ricordo di Steven Babbi: più diritti per i malati di tumore in Italia

Cesenatico (Forlì-Cesena), 17 novembre 2025 – Tra le campagne di Bagnarola, a metà strada tra il mare di Cesenatico e la città di Cesena, risuona ancora, forte, il cuore di un ragazzo che continua a esserci, anche se non c’è più. Battiti d’amore. Steven Babbi, il suo sorriso contagioso, la sua forza silenziosa, non se ne sono mai andati da qui. C’è la sua foto, grande, appesa in azienda. Attorno, come dentro un quadro, i volti dei dipendenti della Siropack. Steven è ancora uno di loro. Sempre. Oggi c’è anche una legge che porta in qualche modo il suo nome. È stata approvata all’unanimità dal Parlamento a luglio e entrerà in vigore nelle prossime settimane, riporta Attuale.

Una legge nel nome di Steven Babbi

Questa nuova legislazione ricorda il sacrificio di Steven e quello di molte altre persone: chi è malato di tumore avrà diritto di mantenere il proprio posto di lavoro per un periodo più lungo dei sei mesi previsti finora. Negli ultimi anni, trecentomila persone sono state licenziate o costrette alle dimissioni per malattia prolungata: un popolo intero, grande quanto una città come Bari o Catania. Città silenziose, invisibili, ferite. Disperate.

Il racconto della Siropack

“Steven era un guerriero, era il nostro guerriero”, racconta Barbara Burioli, e nei suoi occhi ci sono insieme dolore e gratitudine. Perché quella che vi raccontiamo è una storia straziante, sì, ma anche tremendamente bella. Umana. Ebbene sì, il bene e il male, a volte, possono anche abbracciarsi. Barbara è titolare, insieme al marito Rocco De Lucia – un mezzo Archimede, come dicono in azienda – della Siropack, nata nel 2001 e specializzata in macchine innovative per il packaging, vendute in tutto il mondo. Tutto cominciò (metà anni Novanta) in un’ex porcilaia, dove Rocco inventò la Lottoroller, un marchingegno che arrotolava i biglietti delle pesche di beneficenza. Il primo acquirente fu un sacerdote: “Così la do in affitto alle altre parrocchie”, gli disse. E lo fece.

La malattia e l’ingiustizia

La storia della Siropack si intreccia con quella di Steven dieci anni fa. Lui era un ragazzo fragile, lavorava in officina. Nel 2011 gli diagnosticarono un tumore. Rocco gli offrì un posto in ufficio: “Potrai lavorare più tranquillo, al computer”. Steven fece i salti di gioia. Ma la malattia avanzava, e lui a un certo punto fu costretto a fermarsi. Nel marzo 2017 gli fu asportato un polmone, e sei mesi dopo arrivò la beffa: nella busta paga comparve un numero beffardo. Zero. Sì, zero euro. Steven era stato assente troppo a lungo.

I colleghi volevano lanciare una colletta, ma Barbara e Rocco li fermarono: “Ci pensiamo noi”. E lo fecero davvero. Aprirono il portafogli, ma non solo. Scrissero un post sulla pagina Facebook aziendale, ecco i passaggi salienti: “La nostra azienda considera quanto subito da Steven una profonda ingiustizia. Non possiamo permettere che questa decisione renda ancora più difficile la sua situazione. Agiremo con tutti i mezzi per sostenerlo e sensibilizzare le autorità affinché i lavoratori come Steven siano trattati con maggiore umanità”. Quel post fece il giro d’Italia.

La storia di Steven commosse (e mosse) tutti: arrivarono Le Iene, i giornali, la tv, persino Vasco Rossi. E poi il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che convocò i titolari della Siropack al Quirinale per nominarli Cavalieri dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Con loro, c’era anche Steven: bello come il sole, abito scuro, cravatta in tinta. Era il febbraio 2018. La Siropack gli pagò lo stipendio fino al 14 febbraio 2020, giorno dell’amore. Quel giorno Steven, il guerriero, a 24 anni, se n’è andato.

L’iter della legge

“Lui era amore puro”, ricordano in tanti. Dieci giorni dopo la sua morte, alla Camera e al Senato arrivarono proposte di legge bipartisan. Nel nome di un ragazzo d’oro, lo Stato si è finalmente ricordato dei malati di tumore. “Steven ci ha dato, con il suo esempio, la forza di cambiare regole che non rispettavano i bisogni dei malati oncologici”, dichiarano oggi Rocco De Lucia. E Barbara Burioli aggiunge: “Abbiamo fatto un passo avanti enorme, ma serve ancora di più”.

A luglio è stata approvata la legge che tutela il posto di lavoro dei malati oncologici e di chi soffre di malattie croniche, invalidanti o rare. I lavoratori con invalidità pari o superiore al 74% possono chiedere un congedo fino a 24 mesi, durante il quale mantengono il posto ma senza retribuzione. Una novità è la possibilità di accedere al lavoro agile, se compatibile. Inoltre, sono previsti 10 giorni di permesso retribuito per visite mediche, e saranno istituiti premi di laurea in memoria dei pazienti oncologici. Il finanziamento, che si applicherà dal primo gennaio, è pari a 20,9 milioni di euro con un graduale aumento fino al 2035, quando entrerà a regime con 25,2 milioni.

Oggi li chiamano gli imprenditori del bene. Lui, lucano; lei, romagnola. Si sono conosciuti quasi quarant’anni fa, in una caserma – Rocco faceva il militare a Pisignano di Cervia, Barbara era lì per un corso da pilota. Si sono sposati, hanno due figlie, e oggi – lei 56 anni, lui 58 – dirigono un’azienda con trenta dipendenti e sei milioni di fatturato. Ma, dicono: “I nostri fiori all’occhiello sono le persone”.

L’attenzione alle persone

Pensano a Steven, il loro guerriero, certo, ma anche ai chi lavora con loro: ogni lunedì in azienda arriva un fisioterapista; è a disposizione di tutti, paga l’azienda. Chi ha figli piccoli riceve un bonus bebè fino a 2.000 euro l’anno; chi li ha grandi, universitari, un sostegno allo studio. C’è un bonus sicurezza: nel 2024 la Siropack ha festeggiato un milione di ore di lavoro senza infortuni.

L’essere umano viene prima del business”, ripetono. Rocco ricorda: “Sono di Matera. Da bambino giocavo pochissimo con mio padre: lui lavorava all’Italsider di Taranto e tornava a casa distrutto, si addormentava subito. I genitori devono avere tempo per i propri figli. I miei dipendenti devono poter giocare con i loro figli. E il lavoro, se è davvero lavoro

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