Il conflitto nel Donetsk: una regione in bilico tra guerra e crisi umanitaria
DALLA NOSTRA INVIATA
REGIONE DI DONETSK – I combattimenti intensi nella regione di Donetsk, epicentro del conflitto ucraino-russo, continuano a produrre devastazione e sofferenza. Recentemente, un drone russo ha colpito un deposito di armi a Pavlohrad, generando una nuvola di fumo nel cielo e sottolineando l’urgenza della situazione. La regione, fortificata e segnata da cicatrici di guerra, è ora davanti a una crisi umanitaria imminente, riporta Attuale.
Con l’intensificarsi degli scontri in prossimità di Dobropillia e Pokrovsk, le forze ucraine stanno lottando per mantenere il controllo di territori cruciali. «Resistiamo, ma non vogliamo morire per difendere delle macerie», afferma “Condor”, comandante della divisione droni della 59esima brigata. La preoccupazione per gli attacchi intensificati è evidente tra i soldati, come conferma Volodymyr della brigata Spartan: «Continuiamo a resistere, non si vede perché dovremmo cedere territori ai russi». Questa resistenza si svolge in un contesto di crescente demoralizzazione tra la popolazione civile, molti dei quali lamentano la mancanza di supporto da parte delle autorità centrali di Kiev.
Le fortificazioni a ovest della regione sono state ampliate in risposta alle attese offensive russe; le strade, coperte da reti protettive, si sono trasformate in paesaggi desolati. Una delle immagini più emblematiche è quella di due operaie disperate davanti a una miniera colpita da un missile, mentre la temperatura scende a -5°. Il loro grido di dolore riflette la condizione di una popolazione costretta a vivere in continua paura.
Le città abbandonate e la disperazione dei civili
In città come Kramatorsk, il panorama è altrettanto desolante. Gli avvisi di evacuazione sono stati emessi mentre la vita quotidiana diventa sempre più insostenibile. «E ora per scappare a Kharkiv bisogna prendere il bus, ma costa troppo», lamenta Olga, una donna in difficoltà. La presenza militare è costante, con soldati e mezzi blindati distribuiti ovunque, pronti per un assalto imminente. Allo stesso tempo, il sindaco della città sembra paralizzato, rimandando ogni domanda all’amministrazione militare, la quale resta silente.
Sloviansk appare ancora più deserta, con i civili che faticano a trovare sostegno e le voci critiche nei confronti del governo che si fanno sempre più forti. «Non abbiamo elettricità e riscaldamento da settimane», afferma Gheorghy, rappresentando il malcontento di una popolazione esausta. La paura di rimanere o di partire è palpabile, e il sacerdote locale prega per la salvezza dei suoi concittadini, sintomo delle tensioni interne tra le aspettative e la realtà.
Il futuro incerto e l’esodo forzato
Le strutture di accoglienza come quelle di Oleksandrivka stanno preparando il terreno per un aumento degli sfollati. Luca Rifiorati di Emergency descrive la situazione: «Il flusso di famiglie è contenuto, ma ci aspettiamo un aumento se i russi avanzano». Enrico Vallaperta di Medici Senza Frontiere avverte che la situazione si sta aggravando e potrebbe portare a una crisi umanitaria su scala maggiore.
Infine, Leonid, un uomo di 75 anni, racconta la sua storia in un centro per sfollati. Ha perso tutto in un solo giorno e ora riflette con tristezza sulle conseguenze della guerra. «Siamo povera gente, non voglio combattere in questa guerra», conclude, esprimendo un pensiero che risuona tra molti: la necessità di pace in una terra lacerata dalla violenza.