Quanto nonsense nella litania antiamericana della sinistra

15.01.2025
Quanto nonsense nella litania antiamericana della sinistra
Quanto nonsense nella litania antiamericana della sinistra

Dopo Alessia Piperno, Patrick Zaki e Chico Forti, anche Cecilia Sala è tornata a casa. Un grandissimo risultato per il governo italiano che, per una volta, ha ricevuto i complimenti non solo da Giuseppe Conte, ma persino dalla segretaria del Pd, Elly Schlein.

Un risultato che porta la firma del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Accusata prematuramente e (ora possiamo dirlo) anche ingiustamente di essere partita più per fare affari con Elon Musk piuttosto che occuparsi di Sala, Meloni ha zittito con i fatti tutti i “soloni” di una certa sinistra radical-chic che l’hanno criticata per il suo viaggio negli Stati Uniti.

“È stata una serata utile? Non lo so. Credo di no perché se fosse stata veramente utile si saprebbe” aveva sentenziato Corrado Augias intervistato da Giovanni Floris. “Con un allarme giusto noi avremmo potuto far rientrare Cecilia un attimo prima. Non la facciamo rientrare. Questa è una colpa grave del governo”, ha tuonato Michele Santoro sempre dal salotto di ‘Di Martedì’. E ha aggiunto: “Adesso c’è il silenzio stampa, quindi non possiamo neanche parlare delle nefandezze che compiono”.

La litania antiamericana della sinistra

Un silenzio stampa che aveva giustamente imposto la famiglia per non compromettere il lavoro della diplomazia e dell’intelligence. E che dire di Rosy Bindi? L’ex parlamentare del Pd, intervenendo sempre su La7 nel programma In Onda, aveva criticato l’operato del governo e l’iniziativa della Meloni vaticinando: “Questa storia non si risolve con la bacchetta magica e con un incontro con un presidente che non è ancora in carica, mentre si attende la visita del presidente che è ancora in carica”. E Rula Jebreal non aveva esitato a farle da eco: “Credo sarà molto difficile che la Meloni riesca a convincere Donald Trump. Ha ragione Rosy Bindi. Poteva dialogare con Biden e, forse, portare a un’eventuale trattativa di scambio di prigionieri”.

Chi ha sostenuto che il potere di Trump sia ancora limitato evidentemente ignora che negli Usa esiste una fase di transizione durante la quale il presidente uscente (in questo caso Biden) e quello eletto collaborato fra loro. È giusto, quindi, che certe affermazioni restino agli atti perché, dopo giorni e giorni di retroscena sui motivi delle dimissioni di Elisabetta Belloni dal Dis, è bene non dimenticare chi, sotto sotto, ha cercato di sfruttare mediaticamente la situazione.

“Il governo non ha una strategia per liberare Cecilia Sala. Tajani esautorato. Meloni dov’è?”, si chiedeva Matteo Renzi parlando con Il Foglio, giornale con cui proprio Sala collabora. Meloni si trovava proprio dove doveva essere. A Palazzo Chigi a parlare con la madre della giornalista trattenuta in Iran e, poi, negli Stati Uniti a parlare con Trump, presidente eletto la cui vittoria è stata certificata pochi giorni fa proprio dalla sua sfidante Kamala Harris.

E, ora, dopo la scarcerazione dell’ingegnere iraniano Abedini di cui non c’è nulla di cui stupirsi dato che era stata decisa proprio a Mar-a-lago, dobbiamo sorbirci pure la litania antiamericana di Ilaria Salis che definisce l’Italia succube degli Stati Uniti.

È la strana natura dell’opposizione che un giorno critica Meloni perché ritiene che l’Italia sia isolata nel contesto internazionale e un altro giorno la critica perché trova una soluzione con il presidente degli Stati Uniti per la liberazione di una giornalista italiana che proprio la sinistra invocava a gran voce.

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