Gli Usa sanzionano l’Iran sul petrolio diretto in Cina: cosa succede e quali saranno gli impatti globali

07.02.2025
Gli Usa sanzionano l'Iran sul petrolio diretto in Cina: cosa succede e quali saranno gli impatti globali
Gli Usa sanzionano l'Iran sul petrolio diretto in Cina: cosa succede e quali saranno gli impatti globali

L’amministrazione statunitense ha spiegato che queste azioni si inseriscono in un più ampio piano volto a contrastare il contrabbando di petrolio iraniano

La strategia di “massima pressione” sull’Iran promossa dal governo Trump ha già preso il via. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha annunciato l’imposizione di nuove sanzioni contro individui e petroliere coinvolte nel trasporto di milioni di barili di greggio iraniano verso la Cina. Si tratta delle prime sanzioni finanziarie imposte dall’amministrazione Trump da quando è entrato alla Casa Bianca, mirate a smantellare una “rete internazionale” che fornisce petrolio iraniano al gigante asiatico per finanziare le attività militari della Repubblica islamica.

Secondo quanto dichiarato dal Tesoro, il petrolio in questione è stato spedito per conto dello Stato maggiore delle forze armate iraniane (l’esercito di Teheran) e della sua società di facciata, Sepehr Energy, designata dalle autorità americane alla fine del 2023. Le sanzioni colpiscono individui e aziende situati in paesi come Cina, India ed Emirati Arabi Uniti. In particolare, il Tesoro ha imposto sanzioni di blocco alla petroliera CH Billion, battente bandiera di Panama, e alla petroliera Star Forest, battente bandiera di Hong Kong, accusate di essere coinvolte nel trasporto di petrolio iraniano verso la Cina.

L’amministrazione statunitense ha spiegato che queste azioni si inseriscono in un più ampio piano volto a contrastare il contrabbando di petrolio iraniano, che sfida le restrizioni internazionali imposte sulla Repubblica islamica, specialmente quelle legate alla sua produzione di uranio arricchito. L’obiettivo, ha dichiarato il Dipartimento del Tesoro, è fermare la spedizione di “milioni di barili di petrolio greggio iraniano” per un valore di centinaia di milioni di dollari verso la Cina e ridurre, quindi, le risorse finanziarie a disposizione del regime di Teheran.

Il viaggio del petrolio iraniano verso la Cina

L’Iran non vuole rischiare di perdere un partner commerciale importante, soprattutto se è una condizione imposta dal nemico statunitense. La Cina sta vivendo una crescente dipendenza dal petrolio iraniano: secondo Kpler, società specializzata nel monitoraggio delle esportazioni di petrolio iraniano, il gigante asiatico ha più che triplicato le sue importazioni di greggio iraniano negli ultimi due anni. Nel 2021, la Repubblica popolare ha accettato di investire 400 miliardi di dollari in Iran per i successivi 25 anni.

Da Teheran, però, il petrolio non arriva direttamente a Pechino. Per aggirare le sanzioni, l’Iran adotta pratiche come disabilitare i transponder di tracciamento delle sue navi che attraversano il Mar Rosso, per riaccenderli solo nelle vicinanze della destinazione finale, come accade nello Stretto di Malacca vicino la Malesia. Il paese del sud est asiatico così funge da anello di congiunzione per il greggio iraniano che deve arrivare al gigante asiatico: Kuala Lumpur è infatti uno dei maggiori fornitori di petrolio per Pechino, anche se ha una produzione limitata e in calo a causa dell’invecchiamento dei giacimenti petroliferi.

La Cina però, come dimostrano i suoi rapporti con la Russia (sanzionata per la guerra in Ucraina), è determinata a non finire nel mirino delle misure repressive internazionali. All’interno dei suoi confini, il presidente Xi Jinping si trova a gestire una situazione economica delicata, caratterizzata dal crescente malcontento della popolazione, che lamenta un calo del potere d’acquisto.

Con una tempistica che appare poco casuale, recentemente il gruppo cinese Shandong Port ha imposto un divieto all’ingresso nei suoi porti per le petroliere sanzionate dagli Stati Uniti, comprese quelle che trasportano petrolio da Iran, Russia e Venezuela. La notizia è stata riportata in esclusiva dalla Reuters, che ha sottolineato come la provincia cinese dello Shandong ospiti numerose raffinerie indipendenti, che nel 2024 hanno importato circa 1,74 milioni di barili di petrolio al giorno da questi tre paesi, rappresentando il 17 per cento delle importazioni totali cinesi. La mossa potrebbe causare un aumento dei costi di trasporto per i raffinatori cinesi, che sono tra i principali acquirenti di petrolio iraniano a prezzo scontato. Nonostante le dichiarazioni di Shandong Port, che minimizzano l’impatto, il divieto potrebbe rallentare le importazioni cinesi di greggio e aumentare i costi logistici.

L’Iran si oppone: “Misure illegali”

Le nuove misure arrivano dopo che il presidente Donald Trump ha promesso di azzerare le esportazioni di greggio dell’Iran, come parte del suo impegno per impedire che il paese, sotto il regime degli ayatollah, acquisisca capacità nucleari. L’Iran insiste sul fatto che il suo programma nucleare è esclusivamente per scopi pacifici e nega qualsiasi intenzione di sviluppare armi atomiche. “La decisione della nuova amministrazione statunitense di esercitare pressioni sulla nazione iraniana impedendo il commercio legale dell’Iran con i suoi partner economici è una misura illegittima, illegale e violenta”, è la condanna di Teheran in merito al provvedimento della Casa Bianca.

La politica di “massima pressione” sull’Iran promossa da Trump non fa altro che alimentare le tensioni tra Teheran e Washington. Ali Khamenei, la Guida suprema dell’Iran, ha lanciato un avvertimento diretto durante un discorso a Teheran, rivolto a un gruppo di comandanti dell’Aeronautica e delle forze della Difesa aerea: “Se gli Stati Uniti violano la sicurezza della nazione iraniana, risponderemo senza esitazione”. La minaccia sottolinea la determinazione di Teheran nel contrastare le politiche americane, mentre le relazioni tra i due paesi continuano a deteriorarsi.

Lascia un commento

Your email address will not be published.