The Witcher: le sirene degli abissi” arriva quattro anni dop quel “Nightmare of the Wolf” che tanto era piaciuto, raccogliendo applausi a scena aperta su Netflix. La firma, ancora una volta, è quella di Kwang Il Han, che di nuovo si è preso in carico di onorare i romanzi di Andrzej Sapkowski, diventati grazie a CD Projekt Red, una saga videoludica leggendaria e poi una serie tv live action popolarissima. Il risultato però, questa volta, è onestamente al di sotto delle attese, scivola nel desueto, nel già visto e sentito, tra scopiazzature e omaggi poco convincenti.
“The Witcher: le sirene degli abissi” – la trama
Se siete fan del mondo di The Witcher avete naturalmente accolto con piacere la notizia della data di uscita di “The Witcher: le sirene degli abissi”, il nuovo lungometraggio dedicato a Geralt di Rivia da Kang Hei Chul e che porta la firma nello script di Mike Ostrowski e Rae Benjamin. Dopo il grandissimo successo di “The Witcher: the Nightmare of the Wolf” di quattro anni fa, torniamo a seguire la tracce di Geralt, che viene reclutato dalla comunità di pescatori di perle del Regno di Bremervoord, affinché li liberi dagli attacchi delle creature marine. Bremerwood è anche la città natale del suo compagno di avventure, il bardo Jaskier, che non è che ne serbi un ricordo proprio magnifico per ciò che riguarda abitanti e cordialità. Sul trono di Bremervoord siede il vecchio Re Usveldt, il cui erede, il Principe Agloval, si è innamorato nientemeno che di Sh’eenaz, la Principessa del rengo sottomarino, dove dominano Re Basim e la Regina Dahut. Da tempo i rapporti tra i due Regni sono diventati tesi, la guerra è all’orizzonte, ma Geralt si rende conto che c’è una forza oscura e misteriosa che sta soffiando sul fuoco, qualcuno che evidentemente ha da guadagnare da un conflitto armato. Ma chi è? E in che modo riesce ad evitare di essere scoperto? Forse che c’è qualcosa di più grande delle perle in ballo?
“The Witcher: le sirene degli abissi” è creato dalla collaborazione dallo Studio Mir, Platige Image e Hivemind, la stessa “cordata” internazionale del capitolo precedente. Tuttavia fin dall’inizio si avverte un passo indietro per quello che riguarda cromatismo, world building, l’uso della luce e cura dei dettagli. A questa sorpresa si aggiunge, a mano a mano che si va avanti, anche una fluidità e cura molto minore delle scene d’azione, che per quanto interessanti, sanno di deja vu da un miglio di distanza e non hanno nulla della creatività e dinamismo del primo film. “The Witcher: le sirene degli abissi” ha una struttura narrativa molto basica, in cui i riferimenti e le connessioni alla mitologia, il folklore e i grandi classici della narrativa si sprecano, anzi diventano onestamente anche troppi. E quindi eccoci alle prese con un regno sommerso fatto di sirene norrene, tritoni, di strane e mostruose creature già note al grande pubblico, come nota diventerà la trama a mano a mano che si va avanti, le motivazioni dei villain che finiranno per palesarsi, le varie svolte e via dicendo. Insomma, “The Witcher: le sirene degli abissi” è un vero e proprio compitino, il classico prodotto derivativo che non vuole fare altro che seguire una strada già percorsa, sfruttarne la scia e arrivare al capolinea senza grandi patemi. Coerente, ma francamente davvero deludente.
Un film d’animazione che non riesce mai a sorprendere davvero
“The Witcher: le sirene degli abissi” diventa una sorta di mix tra “La Sirenetta”, “Romeo e Giulietta” e chi più ne ha più ne metta, ma lo fa in modo tanto svogliato, tanto prevedibile, che da metà in poi anche lo spettatore meno esperto del fantasy o che non abbia mai letto “A Little Sacrifice”di Andrzej Sapkowski da cui è tratto, potrà prevedere ogni svolta, ogni supposto colpo di scena e soprattutto ogni finale. D’accordo, la fedeltà all’originale è importante, però non al prezzo di diventare per forza di cose sterili a livello creativo. Trattasi di un racconto breve tra l’altro, quello di Sapwowski, ma non si è ampliato abbastanza per poterne trarre una trasposizione animata soddisfacente. Per carità, ci sono anche elementi positivi, soprattutto a livello tematico. Il film è palesemente una metafora del pessimo rapporto della società moderna con l’ecosistema, di quanto il profitto sia diventato l’unico vero Dio da adorare. Poi si parla anche di potere, con il culto della personalità, l’egoismo di chi sta al vertice e pensa di poter disporre delle vite degli altri per il proprio tornaconto, intolleranza e razzismo verso i diversi, gli altri al di fuori dei nostri confini. Tutto questo però, davvero in modo prevedibile e privo di brio, soprattutto privo di una capacità di imprimere una reala accellerazione al film, che persino nella battaglia finale non va oltre il compitino.
Andrzej Sapkowski ha firmato tanti racconti, ma non è detto che tutti siano adatti per una produzione animata senza un rimaneggiamento. Il film del 2021 di fatto era connesso molto liberamente ed è giudicato uno dei migliori prodotti del genere degli ultimi dieci anni non a caso. “The Witcher: le sirene degli abissi” dura 91 minuti ma paio 30 di più, ha diversi momenti narrativi alquanto inutili, i dialoghi poi appesantiscono il tutto in virtù di una mancanza di profondità e varietà davvero evidenti. Bello comunque il doppiaggio originale, invece male quello italiano, non per la caratura impiegata degli interpreti, ma per la sensazione di frettolosità che poi è la stessa che si ha nel momento in cui l’animazione dovrebbe fare il salto di qualità, le scene di combattimento regalare emozioni. Rimane il dubbio su quanto e se Netflix voglia ancora investire nell’universo di The Witcher, considerando quanto anche la serie Tv spin-off “The Witcher: Blood Origin” sia andata male e quanto tetre siano le prospettive per il filone principale, dopo il recasting di Henry Cavill con Liam Hemsworth, che ha lasciato molti fan insoddisfatti. Se li può consolare, non va benissimo anche nel mondo videoludico, visto che il trailer del nuovo capitolo, con protagonista stavolta Ciri, ha lasciato molti perplessi. Tempi duri per i fan dello Strigo.