Afrikaner, uno status a parte

16.05.2025
Afrikaner, uno status a parte
Afrikaner, uno status a parte

Loren Landau è stato presidente del Consorzio per rifugiati e migranti in Sudafrica (CoRMSA) e attualmente ricopre un doppio incarico come professore di Migrazione e Sviluppo presso l’African Centre for Migration & Society (Acms, Università del Witwatersrand) e presso l’Università di Oxford. «C’è una parte di me – esordisce – che non può non ammirare la creatività di Trump, per come riesce semplicemente a inventare cose che io non potrei nemmeno immaginare».

Ma c’è chi lo prende sul serio. 

Sì, decine di migliaia di sudafricani hanno fatto domanda per un visto Usa. E queste richieste sono state elaborate con una rapidità sorprendente.

Ma secondo lei queste persone sono davvero mosse dall’idea di cercare asilo negli Stati Uniti come rifugiati bianchi?

Ci sono motivi per essere preoccupati della vita in Sudafrica. La criminalità è alta, l’economia arranca, le infrastrutture stanno crollando. Ma questo colpisce tutti. E credo che molti degli afrikaner che hanno fatto domanda di asilo ne siano consapevoli. Alcuni si saranno sicuramente convinti dell’esistenza di un ‘genocidio bianco’, ma sospetto che la maggior parte no. Quindi quando Trump ha aperto questa porta, è ovvio che vogliano attraversarla. Credo che dobbiamo capire che le affermazioni di Trump hanno poco a che fare con il Sudafrica e molto a che fare con la sua campagna interna, con l’idea di mostrare che c’è un attacco globale contro i bianchi, in particolare gli uomini bianchi cristiani.

Quindi non c’è un legame automatico diretto con la dichiarazione di Trump sulla persecuzione degli agricoltori bianchi e il “ratto” delle terre…

È chiaro che alcune persone vogliono sostenere questa idea. Fa parte della narrativa dell’estrema destra, sia negli Stati Uniti che in Sudafrica, da oltre un decennio. Negli Usa oggi c’è una narrazione secondo cui il governo sudafricano è anti-cristiano e anti-bianco. E in Sudafrica ci sono bianchi che credono che i programmi affermativi (Black Economic Empowerment) siano una strategia anti-bianca. Elon Musk forse ci crede. Ma non penso che sia così per la maggior parte dei bianchi sudafricani. C’è un partito, La Democratic Alliance, che rappresenta principalmente gli interessi dei bianchi. Ci sono giornali, stazioni radio e programmi televisivi in lingua afrikaans. Sono una delle comunità etniche più organizzate e influenti in un Paese in cui non sembra che vengano perseguitati. I bianchi sudafricani hanno uno dei più alti standard di vita – almeno a livello materiale – al mondo.

Ma è molto facile vendere l’idea che i bianchi in Sudafrica siano in pericolo.

Certo. Ma qualcuno ha scritto online un’osservazione brillante: «In quale Paese la polizia protegge i rifugiati mentre vanno in aeroporto?». Si riferiva alle immagini della polizia sudafricana che accompagna questo gruppo per garantire la loro sicurezza fino all’aeroporto. Che immagine dà questo? Non li stanno deportando. Hanno chiesto di andarsene e il governo sudafricano risponde: «Va bene, vi terremo al sicuro fino alla partenza». Voglio dire, se vuoi credere che esista persecuzione, troverai gli elementi per farlo. Puoi trovare il Kill the Boer! («Dubul’ ibhunu», traducibile come «Spara al boero», è una controversa canzone anti-apartheid in xhosa o zulu, nata nella lotta contro il regime afrikaner, ndr). Ma oggi quello dell’Eff (il partito Economic Freedom Fighters, ndr) non è altro che un attaccamento simbolico a quel brano (la Corte costituzionale è stata interpellata due volte sulla questione: una nel 2010, quando Julius Malema – il leader dell’Eff, allora a capo della Lega Giovanile dell’African National Congress – lo cantava agli eventi pubblici, e un’altra nell’agosto 2022, ndr). La realtà è che sì, ci sono stati casi di esproprio di terre, ma fanno parte degli sforzi di redistribuzione per compensare l’enorme quantità di terra sottratta alla popolazione nera sotto l’apartheid. Ma il Sudafrica ha sempre compensato i proprietari. Lo Stato può espropriare, come in qualsiasi altro Paese, per costruire strade o infrastrutture. Ma non c’è modo – e le nuove leggi su questo sono esplicite – di prendere terre senza compensazione.

Inoltre le statistiche su chi viene ucciso in Sudafrica dimostrano che la maggioranza non è bianca.

La stragrande maggioranza delle persone che vengono uccise – anche nelle campagne – sono nere. Credo che ogni sudafricano debba avere paura, perché c’è molta rabbia nel Paese. Ma la ricchezza e la geografia tendono a proteggere i bianchi. Hanno i muri, la sicurezza privata. Non saranno loro i primi a essere uccisi.

Ma allora com’è possibile che queste persone lascino il Paese fingendo uno status di rifugiato basato su presunti abusi e pericoli inventati?

Secondo il diritto internazionale ogni Paese ha il potere di determinare chi possa qualificarsi come rifugiato. Spetta interamente agli Stati Uniti decidere se accettare queste persone o meno. È perfettamente lecito. Detto ciò, è piuttosto insolito che persone che temono realmente persecuzioni si presentino pubblicamente a fare domanda. Se nella Repubblica democratica del Congo o in Ruanda si parlasse pubblicamente contro il governo, si rischierebbe l’arresto immediato. Invece questi sudafricani erano lì in fila, parlando con le televisioni mentre chiedevano lo status di rifugiato. È semplicemente ridicolo. Ma è anche legale. Ci sono molte persone in Sudafrica – rifugiati congolesi, etiopici, sudanesi eccetera – – che da anni chiedono di essere ricollocati negli Stati Uniti o altrove. E hanno storie molto forti alle spalle. Gli afrikaner bianchi non possono dimostrare di avere un fondato timore di persecuzione, né di essere stati vittime in modo specifico e mirato. Quindi, secondo il diritto internazionale e secondo la legge statunitense, non hanno alcun diritto all’asilo. Possono entrare come immigrati, possono entrare con altri tipi di visto, ma come rifugiati o richiedenti asilo, ha davvero poco senso. Ne avrebbe se ci fossero prove concrete di un bersagliamento sistematico, come affermano alcuni afrikaner, in quanto bianchi. Il problema è che tali prove mancano del tutto: il tasso di omicidi, le denunce penali, le persecuzioni, la redistribuzione della terra non colpisce i bianchi in modo sproporzionato.

Sarà comunque interessante vedere come le comunità locali accoglieranno questi “rifugiati”.

Da quanto ho sentito stanno andando principalmente in stati agricoli, molto repubblicani e molto bianchi, per lo più in zone note per il loro razzismo, tipo Idaho, Alabama, Mississippi, dove le autorità locali potrebbero dire: «Accoglieremo queste persone per salvare dei cristiani bianchi», o qualcosa del genere. A me interesserebbe sapere cosa dicono i sudafricani di queste persone. So che molti trovano la cosa offensiva o ridicola, e forse a ragione. Ma questo può anche avviare una discussione sul ruolo e sulla posizione dei bianchi nella società sudafricana. Credo che ci siano ancora dibattiti importanti da fare.

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