La crisi dello SchwuZ: un simbolo in pericolo
DALLA NOSTRA INVIATA
BERLINO – La mattina si chiude con il suono di Britney Spears che risuona in una sala e il techno in un’altra; la nota serata dello SchwuZ, soprannominata Buttcocks, è un evento particolarmente apprezzato, ma secondo i frequentatori, questo club è tra i meno trasgressivi della scena berlinese, il che potrebbe costare caro. SchwuZ, abbreviazione di “SchwulenZentrum”, “centro per omosessuali” fondato nel 1977 come primo spazio gay a Berlino Ovest, affronta ora una chiusura imminente, riporta Attuale.
Attualmente, il locale è chiuso soltanto fino al weekend prossimo, come di consueto; dopo l’ultima music session, dal club escono un politico dei Verdi, un avvocato specializzato in diritti civili e vari imprenditori e attivisti. Tuttavia, la vera notizia è che sabato scorso, i dirigenti dello SchwuZ hanno annunciato la bancarotta, e adesso la possibilità di una chiusura definitiva è reale. “Uno dei più grandi club queer di Berlino, forse dell’Europa, è sull’orlo del collasso. Ma non ci arrendiamo”, hanno comunicato su Instagram. “Per quasi 50 anni, SchwuZ è stato un luogo di resistenza, dove molti di noi hanno trovato una casa, una famiglia e libertà”.
Questa situazione riassume in modo drammatico la storia del SchwulenZentrum, creato nel 1977 dal regista Rosa von Praunheim, il cui mantra era “fuori dagli armadi, in strada”, esemplificato dal suo film-manifesto Non è l’omosessuale a essere perverso ma la situazione in cui vive (1971). Dallo SchwuZ sono partite le prime parate gay della città; qui è nata nel 1979 la rivista Siegessäule, un nome che risuona con la storicità berlinese.
All’uscita, chi chiede informazioni sul club sente la stessa risposta ripetuta: “È stato il primo club in cui sono entrato”. “È cruciale per la nostra comunità”, afferma Gustavo Cataccio, un argentino che documenta la vita notturna di Berlino sui social. “Le dark room sono iniziate negli anni ’70, quando essere gay costituito un rischio”, racconta in un video di grande successo. Lo SchwuZ, che ha recentemente trasformato una dark room in una pista da ballo, è sempre stato un rifugio sicuro. Tuttavia, negli ultimi dodici mesi, il locale ha perso tra i 30 mila e i 60 mila euro al mese, un buco insostenibile.
Tanja Jaeger, direttrice del club, indica due fattori principali che hanno portato a questa crisi. Le dating app hanno diminuito le interazioni sociali di persona. Anche se questo sembra un argomento fragile, ci sono altri club più trasgressivi, come il famoso Berghain, dove l’esperienza social è fondamentale. Ma in un’epoca in cui non c’è più necessità di cercare rifugi, “forse SchwuZ ha perso un po’ di importanza”, suggerisce uno dei suoi camerieri, Xaris, che lavora lì dal 2018 e sembra soddisfatto. “Dopo il Covid, l’atmosfera è mutata. La gente è più a casa; anche se la musica è pop e il divertimento è assicurato, per qualche esperienza più audace, le persone si rivolgono ad altri locali.” Questo ha portato a una diminuzione della presenza di lesbiche, poiché molti gay preferiscono eventi più maschili, mentre SchwuZ, dal 1977, si è sempre proposto come un luogo accogliente.
Un altro elemento significativo è rappresentato dai costi: affitti, bollette e altri oneri, che costringono a un innalzamento dei prezzi dei biglietti. Paolo Renna, un artista che suona nello SchwuZ, sottolinea questa difficoltà economica. Negli ultimi anni, la gestione finanziaria è stata problematica e nel 2024 ci sono stati licenziamenti di 33 dipendenti; per gestire un club di queste dimensioni ne servirebbero almeno un centinaio. Inoltre, la struttura organizzativa ha un aspetto che ricorda una multinazionale più che un centro sociale carico di storia, il che può risultare poco invitante. “Fino a poco tempo fa, l’ingresso era di 5 euro, ora si va verso i 20”, continua Renna, “e questo implica meno ingressi. Vedo molti club che stanno chiudendo per motivi economici.”
A Berlino, la situazione è peggiorata: un’altra famosa roccaforte LGBTQ+, Die Busche, ha chiuso a luglio. Anche La Wilde Renate, un club in una casa storica a Friedrichshain, vedrà scadere il contratto d’affitto a fine anno, senza possibilità di rinnovo. Questa crisi diffusa è talmente grave che è stato coniato un termine per descriverla: Clubsterben, la morte dei club. Per scoprire la causa, come in molti altre crisi contemporanee, follow the money.