Bunker in montagna, sabotaggi e bombardieri: l’IDF si prepara all’azione (e il regime può reagire)

12.06.2025 22:25
Bunker in montagna, sabotaggi e bombardieri: l’IDF si prepara all'azione (e il regime può reagire)

Le tensioni nucleari tra Iran e Israele: una crisi in divenire

Le recenti dichiarazioni del presidente iraniano Masoud Pezeskhian evidenziano un clima di crescente tensione nella regione: «Se dovessero distruggere gli impianti nucleari, li ricostruiremo e le capacità tecniche sono nelle nostre menti». Queste parole riflettono la determinazione dell’Iran a mantenere il proprio programma nucleare, mentre si intensificano le speculazioni su un possibile attacco israeliano. La questione non sembra essere «se» avverrà un colpo di stato israeliano, ma «quando». Le manovre strategiche di entrambi i lati, insieme a continui preparativi militari, lasciano intravedere un’azione imminente, mentre i canali diplomatici restano attivi con un incontro pianificato in Oman, riporta Attuale.

Strategia militare di Israele

Negli ultimi mesi, sono emersi diversi scenari sull’azione militare israeliana, inclusi dettagliati piani rivelati anche dal New York Times. Questi piani comprendono attacchi aerei volti a neutralizzare le batterie anti-aeree e bombardamenti su diverse installazioni nucleari. Voli militari dall’America verso Israele con rifornimenti bellici sono stati registrati, suggerendo una preparazione sistematica. Israele ha anche condotto esercitazioni realistiche, testando le proprie capacità con attacchi a lungo raggio contro i ribelli Houthi in Yemen. Studi recenti avrebbero individuato rotte di avvicinamento simili a quelle già testate in precedenti conflitti con l’Iran. L’IDF (Israeli Defense Forces) dispone di un vasto arsenale di armi a distanza, oltre a una forza aerea altamente specializzata con aerei come F-15 e F-35. Tale esperienza è ulteriormente potenziata da un sistema elettronico in grado di interferire con le comunicazioni nemiche. Non sono da escludere azioni di sabotaggio da parte di agenti interni già operativi in Iran.

Obiettivi strategici e difese iraniane

La lista degli obiettivi per un possibile attacco è ben definita, includendo siti strategici come Natanz e Fordow, noti per la loro importanza nell’arricchimento dell’uranio. Tuttavia, alcuni di questi luoghi sono estremamente protetti, situati all’interno di montagne e rinforzati con strati di cemento. Il sito di Kolang Gaz, ad esempio, ha visto un incremento delle misure di sicurezza per contrastare attacchi aerei. Grazie ai precedenti blitz, Israele avrebbe già compromesso gran parte dei sistemi S-300 russi, forzando l’Iran a utilizzare forze meno sofisticate considerate incapaci di opporsi efficacemente. La debolezza percebita dei Pasdaran potrebbe spingere Israele a un’azione immediata.

Le incognite di un attacco

Ogni crisi, però, comporta delle incognite. Una delle principali riguarda l’efficacia delle munizioni israeliane contro le fortificazioni: sebbene Israele disponga di ordigni anti-bunker, non possiede la GBU-57, l’arma più potente attualmente disponibile solo per gli Stati Uniti. La capacità di Israele di infliggere danni duraturi al programma nucleare iraniano è quindi ancora incerta, con stime che suggeriscono potenziali ritardi di sei mesi fino a tre anni. Tuttavia, come sostiene Pezeshkian, la conoscenza acquisita non può essere facilmente distrutta.

La presenza militare americana nella regione

Washington ha posizionato un massiccio schieramento di forze nella regione del Golfo Persico. Le basi in Qatar, Bahrain, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Giordania, unite all’isola di Diego Garcia con bombardieri strategici B-52, costituiscono una rete di sorveglianza e difesa. La rete antimissile include batterie Patriot e i più avanzati sistemi Thaad, recenti sviluppi che si sono aggiunti ai droni antidroni. Questi meccanismi sono fondamentali per affrontare una risposta iraniana, che potrebbe prevedere un attacco con missili terra-terra e droni Shahed. C’è incertezza sulle reali prospettive diplomatiche, nonostante i tentativi di negoziare una soluzione pacifica, con rapporti che indicano la volontà di Netanyahu di proseguire l’offensiva.

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