La riflessione del Cardinale Ravasi su pace e speranza in un contesto di violenza globale
Cardinal Gianfranco Ravasi, con il rilascio degli ostaggi e la pace annunciata a Gaza, questo è il giorno più opportuno per parlare di paura e speranza? Il presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, che stasera apre l’anno sociale del Centro San Domenico di Bologna con una lectio magistralis su questi due sentimenti, sorride: “In effetti la mia conferenza si incastona in un crinale che ha alle spalle la carneficina e innanzi a sé la pace possibile. Papa Wojtyla nel suo dramma teatrale La bottega dell’orefice scrive che non c’è paura senza speranza né speranza senza paura. Sono due dimensioni della vita, riporta Attuale.
Sono due sentimenti che, al netto delle violenze dei provocatori, hanno attraversato le grandi iniziative popolari dell’ultimo periodo? “Certo. Queste manifestazioni laiche mi hanno ricordato per alcuni versi le processioni cattoliche la cui funzione, davanti alla miseria della città, è quella di guardare al futuro e alla pace. Non a caso in questi giorni abbiamo visto portare simboli e stendardi. Ma penso anche alla marcia di Assisi che è rappresentazione di un valore spirituale profondo”.
Il Cardinale, nato nel 1942, ricorda le guerre che hanno segnato il suo percorso: “Quando tutta l’Europa era un lavacro di sangue e ho vissuto nella carne la ribellione del fratello contro il fratello. L’umanità, come diceva Pascal, rivela il proprio peccato originale. La Storia, tragicamente, si costruisce sulle date delle guerre. Dopo tanto male, però, bisogna aspettare l’alba”.
Riguardo alle recenti polemiche sul cardinale Parolin, Ravasi ha affermato: “Ha detto in modo equilibrato concetti analoghi a quelli che anch’io ho espresso pubblicamente. È infame l’attacco del 7 ottobre di Hamas in territorio israeliano, infame il massacro nella Striscia di Gaza”.
Quando si parla di fede, speranza e carità, Ravasi spiega che la speranza è “una virtù minore, anche se proietta l’uomo verso il futuro”. Cita Charles Péguy, sottolineando che “la cosa difficile è appunto sperare. Molto più semplice è disperare, ovvero cedere alla grande tentazione”. La paura, secondo il Cardinale, “non va confusa con il timore, sostantivo che significa rispetto verso l’altro”.
In merito alla paura, Ravasi cita Graham Greene: “La paura è consapevolezza del limite dell’umanità, scoperta costante del nostro essere, autocoscienza di sé”. Tuttavia, avverte, “anche la speranza contiene un elemento negativo, quell’illusione che molti usano per decolorare la realtà”.
Con la liberazione degli ostaggi, il Cardinale percepisce un sentimento di speranza. “La speranza è come quei bambini che strattonano i genitori per camminare più velocemente ed è un elemento fondamentale dell’escatologia di cui tratterò nella lectio di stasera. Non è rassegnazione, ma sguardo verso l’Oltre”, afferma. Richiama le scritture: “Il libro dell’Apocalisse cita nuovi cieli e nuova terra, Dante nel canto XXV del Paradiso dice che ‘spene è uno attender certo de la gloria futura’”.
Infine, il Cardinale annuncia il suo intervento su X, il social media che utilizza quotidianamente. “Intervengo un paio di volte al giorno, una volta su un tema biblico e un’altra su argomento più generale. Non ho un grande seguito, credo 120mila persone, ma mi interessano le reazioni della gente. È un format semplice che usava anche Gesù con cinquanta caratteri. Quando diceva ‘rendete a Cesare quel che è di Cesare’ non faceva forse un tweet?”, conclude.