Il mistero di Chiara Poggi: gli oggetti dell’indagine non analizzati
Garlasco (Pavia), 5 luglio 2025 – La tragica storia di Chiara Poggi inizia la mattina del 13 agosto 2007, nella villetta situata al numero 8 di via Pascoli, a Garlasco. La scena era macchiata dal suo sangue, una testimonianza inquietante di un crimine efferato. Diversi oggetti furono recuperati durante l’autopsia, ma la questione principale rimane se quegli oggetti avrebbero potuto “parlare”. Ora non possono farlo, poiché non rientrano tra i reperti dell’incidente probatorio, a meno che non venga avanzata una richiesta di inclusione. Solo la cavigliera in metallo, “apparentemente priva di tracce biologiche”, indossata da Chiara sulla gamba destra, ha rivelato tracce di Dna: ciò potrebbe suggerire che l’assassino abbia trasportato la vittima dal soggiorno verso la scala della cantina, trascinandola per i piedi. Tuttavia, i test non hanno dato esito positivo: si è registrata un’“inibizione” della reazione, il che indica che il reperto era contaminato da sostanze che potrebbero aver alterato o bloccato la classificazione.
Non sono state effettuate estrazioni da altri reperti che i carabinieri del Reparto operativo di Pavia avevano consegnato al Ris di Parma il 17 agosto 2007, solo cinque giorni dopo l’omicidio. Tra questi, un elastico per capelli in spugna trovato vicino a una macchia di sangue (con esito dubbio al test Combur, che cerca tracce di emoglobina), un orecchino con perla che Chiara indossava e che presentava tracce ematiche, quattro braccialetti prelevati dal suo polso destro, anch’essi contaminati, e un orologio in metallo del marchio “Swatch” che mostrava varie macchie di sangue e risultava ancora funzionante. Anche una collana in metallo con un pendente a forma di dente marca “Breil” era sporca di sangue. Inoltre, un orecchino con perla venne trovato sulla scala della cantina, un gradino sopra rispetto a dove si trovava la testa della vittima, i suoi indumenti da notte rosa, un slip e un paio di pantofole da donna con disegni in rilievo. Purtroppo, nessuno di questi fu analizzato per cercare tracce genetiche. Come sottolinea il criminologo Mario Paganini, “resta l’amara constatazione che proprio il ‘Reperto cavigliera (già reperto Q)’, come definito nella Relazione tecnica dei Ris di Parma, depositata il 16 novembre 2007 presso la Procura di Vigevano, avrebbe potuto fornire indicazioni utili su chi avesse ucciso Chiara o assistito l’assassino nel nascondere il corpo”.
La cavigliera, sequestrata dai carabinieri il 16 agosto 2007 durante l’esame autoptico all’Ospedale di Vigevano, non ha mai fornito risultati utili in termini di Dna. Si è registrata un’“inibizione” della possibilità di analisi poiché la sua struttura era probabilmente alterata, impossibilitando sia la replicazione che la trascrizione. Purtroppo, sugli altri oggetti appartenenti a Chiara, si è deciso di non effettuare alcun prelievo poiché compromessi dal suo sangue. Questa rappresenta un’altra perdita significativa per la ricerca della verità e ulteriori occasioni mancate per confermare o scoprire nuovi elementi riguardanti il caso. Come evidenziato nelle analisi, l’indagine su questo mistero affonda le radici in un contesto di domande irrisolte.
In conclusione, la storia di Chiara Poggi continua a suscitare interrogativi. La mancata analisi di oggetti cruciali non solo ostacola il processo di giustizia, ma lascia anche il pubblico in uno stato di frustrazione e desiderio di sapere la verità, riporta Attuale. Gli sviluppi futuri potrebbero offrirci risposte, ma il cammino verso la risoluzione di questo caso rimane arduo e tortuoso.