Non c’è più solo Google, accusato negli Usa di monopolio illegale. L’IA generativa fa vacillare gli equilibri del web. A Today.it Pasquale Viscanti, divulgatore di intelligenza artificiale: “Stravolta la nostra confort zone digitale, occhio a Perplexity”
L’intelligenza artificiale generativa cambia il modo in cui gli utenti navigano in Rete, e lancia il guanto di sfida ai motori di ricerca che, se da una parte tentano di limitarne la concorrenza, dall’altra provano ad implementare nuove soluzioni che prevedono l’integrazione dell’IA nei loro sistemi. “È il caso di Google – spiega a Today.it Pasquale Viscanti, divulgatore di intelligenza artificiale, tra i principali esperti e speaker italiani sul tema – che dopo aver tentato di contrastare l’IA ha scelto di accoglierla, sviluppando e fornendo agli utenti nuovi strumenti – come Gemini – per le loro ricerche”.
Nonostante sia il motore di ricerca più utilizzato (negli ultimi cinque anni Google ha toccato una quota di mercato del 90 per cento, offuscando ogni concorrente. Da parte sua, Microsoft ha provato a conquistare una fetta della torta lanciando Bing, chatbot che sfrutta la forza di GPT-4), oggi gli utenti scelgono (anche) servizi alternativi. “Parliamo soprattutto di giovanissimi, che oltre ad utilizzare ChatGPT (non sempre così affidabile), optano per altri tool. Come Perplexity, la piattaforma che attualmente considero il migliore modello generativo disponibile per la ricerca delle informazioni in rete”.
Perplexity sfida Google
L’intelligenza artificiale “modifica” la ricerca online. In tal senso “la forza di Perplexity risiede proprio nel fornire risposte chiare, supportate da fonti affidabili”, fa presente Viscanti (che insieme al socio Giacinto Fiore ha fondato IA Spiegata Semplice, la più grande community italiana, e l’omonimo podcast). L’innovativo motore di ricerca che sfrutta l’IA si adatta alle esigenze dell’utente, consigliando le domande successive e replicando anche a interrogativi complessi. Nonostante l’algoritmo non sia infallibile, la sua capacità di limitare gli errori è elevata, grazie soprattutto alla continua attenzione del team nello scegliere fonti attendibili. Ciò riduce il pericolo di ricevere risposte imprecise, una criticità comune in altre piattaforme.
Emerge dunqe il rischio (tangibile) che questi nuovi strumenti sorpassino Google nelle abitudini, oggi così consolidate, degli utenti online? “In realtà è solo una questione di abitudine – risponde Viscanti – e faccio un parallelismo che mi pare calzante: c’è una generazione che considera Facebook il social network di punta, un’altra che ritiene sia Instagram e un’altra ancora, abituata a vedere i video su Twitch, che ha come riferimento TikTok. Ebbene, dove voglio arrivare? È soltanto un’ordinaria evoluzione dell’utilizzo di tool, che resistono o vengono naturalmente sostituiti perché una corrente di nuovo pensiero, di utilizzo digitale che muove verso un’altra direzione”.
Monopolio delle ricerche online
Il 5 agosto negli Stati Uniti il giudice federale Amit P. Mehta ha emesso una sentenza in cui ha dichiarato Google colpevole di pratiche anticoncorrenziali. Secondo il giudice, il colosso di Mountain View mantiene illegalmente il “monopolio” (che genera 175 miliardi di dollari di ricavi annui) delle ricerche online. L’annuncio della conclusione di una causa Antitrust che vede dalla parte dell’accusatore il Dipartimento di giustizia statunitense, dimostra che Google è in crisi per la prima volta. Inoltre, secondo gli analisti di Morgan Stanley, la società fondata da Larry Page e Sergey Brin paga ad Apple circa 20 miliardi di dollari all’anno per essere il motore di ricerca predefinito su iPhone e iPad. Un importo che costituisce il 36 per cento degli introiti pubblicitari generati dalle ricerche effettuate attraverso il browser Safari.
“Invece nel mondo delle IA – puntualizza Viscanti – le partnership si stanno creando adesso e non abbiamo ancora il polso delle possibili conseguenze. Dal punto di vista concorrenziale, pertanto, vedremo cosa accadrà”. Ad ogni modo, lo scorso settembre le due big tech sono state al centro di altrettanti casi “storici”, in quale modo: la Corte suprema dell’Unione europea ha confermato la multa record di 2,4 miliardi di euro inflitta a Google per la promozione anticoncorrenziale del suo servizio Shopping e, nella stessa giornata, i giudici hanno dato ragione anche in un caso da 13 miliardi di euro contro Apple, con l’accusa di non aver pagato sufficienti tasse. “È una grande vittoria per i cittadini europei e per la giustizia fiscale”, il commento della vicepresidente della Commissione Ue, Margrethe Vestager.