Si tratta di un modo per sanare eventuali arretrati assicurandosi anche meno controlli. Non tutti però possono chiederlo. Come funziona, perché il governo lo vuole e l’opposizione parla di condono
Il governo ha deciso la riapertura dei termini del concordato preventivo biennale. Si rilancia il “patto col Fisco” nella speranza di recuperare somme dell’evasione e avere nuovi introiti da potere usare per la manovra economica. Il decreto legge ad hoc è arrivato col Consiglio dei ministri del 12 novembre, che ha previsto anche l’ampliamento della platea per il bonus Natale. Cosa significa concordato preventivo biennale, a chi interessa, a cosa serve e perché si parla di “condono mascherato”.
Cosa è il concordato preventivo biennale
Il concordato è un “patto con lo Stato” rivolto agli autonomi e messo in campo anche con l’obiettivo di portare risorse per la legge di bilancio. Il concordato consente per due anni di pagare le tasse sulla base di una proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate, coerente con i dati contenuti nelle banche dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria e i redditi dichiarati dal contribuente. Non è per tutti, ma solo per chi ha redditi da lavoro autonomo o impresa.
Chi aderisce alla proposta di concordato ha dei benefici. Per esempio sono esclusi dagli accertamenti tributari e i maggiori redditi effettivamente conseguiti durante il biennio non verranno considerati ai fini del calcolo delle imposte.
C’è poi la possibilità di avvalersi del “ravvedimento” per mettersi in regola con il fisco anche per gli anni dal 2018 al 2022, versando un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle addizionali, usufruendo di modalità di calcolo a seconda dei loro indici di affidabilità. Più sono affidabili, meno pagano.
Concordato preventivo biennale, le nuove date da segnare
I termini per aderire al concordato preventivo biennale sono scaduti lo scorso 31 ottobre. Il Consiglio dei ministri ha deciso la riapertura (non la proroga, ndr) e la nuova scadenza è il 12 dicembre 2024. Il provvedimento dovrebbe poi confluire come emendamento nel decreto fiscale, che è all’esame della commissione Bilancio del Senato.
Da Palazzo Chigi si precisa che “la possibilità di aderire al concordato, presentando apposita dichiarazione dei redditi integrativa, sarà riconosciuta ai contribuenti esercenti attività d’impresa, arti o professioni che hanno presentato la dichiarazione dei redditi entro il termine del 31 ottobre 2024 e, pur avendone i requisiti, non hanno aderito. L’adesione sarà possibile a condizione che nella dichiarazione integrativa non siano indicati un minore imponibile, un minore debito d’imposta o un maggiore credito rispetto a quelli riportati nella dichiarazione presentata entro il 31 ottobre”.
Le maglie del concordato si allargano anche su altri fronti, grazie a due emendamenti presentati dai relatori al decreto fiscale. Potranno aderire al patto con il fisco anche le società che hanno subito una modifica dell’assetto proprietario, ma che ha lasciato invariati o ha ridotto il numero di soci. Inoltre, si amplia la platea degli ammessi al ravvedimento.
Perché il governo vuole il concordato
Il governo con la riapertura dei termini per il concordato punta a recuperare un po’ di risorse da spendere in manovra. Dall’esito del concordato dipenderà, infatti, anche l’entità di alcune possibili modifiche alla legge di bilancio. Il vicepremier Antonio Tajani insiste affinché le ulteriori risorse vadano al ceto medio, ovvero per abbassare l’Irpef dal 35% al 33% alla fascia di reddito fino a 50-60 mila euro.
L’opposizione contro il governo: “Black friday fiscale”
Critiche arrivano dal Pd, che parla di “Black Friday fiscale”. “Poiché l’adesione al 31 ottobre è stata un clamoroso flop (solamente l’11 per cento della platea potenziale, nonostante un martellamento pubblicitario senza precedenti), la proroga fieramente esclusa fino a ieri è spuntata all’ultimo secondo, per tentare di raccattare qualche centinaio di milioni necessari per una manovra economica in debito di ossigeno. Tutto questo dà il segno di quanto il governo e la maggioranza siano in affanno e abbiano perso la bussola. La riforma fiscale, partita con le grandi ambizioni del viceministro Leo, si avvia a un mesto fallimento. E, con essa, l’intera politica economica del governo”, attacca il senatore Antonio Misiani, responsabile economia nella segreteria nazionale del Pd.
Di un “modo per legalizzare l’evasione fiscale” parla il segretario generale della Cgil Maurizio Landini a Di Martedì. “Perché non lo facciamo per tutti? Perché lavoratori dipendenti e pensionati pagano fino all’ultimo euro sulla busta paga?”, aggiunge.