Rimandata al 2026 la sostituzione delle vecchie apparecchiature diagnostiche degli ospedali, non decollano le “case di comunità” che dovevano alleggerire i pronto soccorso. Crisanti: “Siamo in mano ad apprendisti stregoni, il Pnrr è già un’occasione sprecata”
L’ingresso è un viavai di ambulanze. Gli infermieri trasportano i pazienti su delle barelle, sono quasi tutti coscienti, anche se un po’ frastornati. Pronto Soccorso del Policlinico “Umberto I” di Roma: ora di pranzo. All’accettazione una famiglia di bengalesi occupa l’ingresso. Chiedono di entrare per accertarsi delle condizioni di un familiare. L’infermiera di turno deve sforzarsi per spiegargli che non possono sostare lì dove vengono accolti i malati. Mentre i mezzi di soccorso vanno e vengono, il personale si confronta con un’umanità variegata, talvolta più in cerca di sostegno psicologico che di assistenza medica. Un anziano se la prende con un agente della vigilanza. Pretende di essere visitato: ha un forte singhiozzo. L’uomo gli risponde che un ospedale non è un albergo e che ci sono casi più gravi. Poi si lascia andare a un commento con un collega: “Arrivano tutti qui”.
In sala d’attesa troviamo famiglie e ragazzi, anziani e coppie. Una donna piange consolata dai familiari. La maggior parte delle persone attende in silenzio o discorre del più e del meno. Ogni tanto qualcuno si alza per chiedere informazioni. Un operatore si appunta nome e cognome e snocciola informazioni e tempi di attesa. Di tanto in tanto, un sanitario esce dal reparto per parlare con i familiari. La sensazione è di trovarsi di fronte a una sala d’aspetto di un grande ambulatorio. La conferma arriva dallo schermo dove vengono segnalati i pazienti visitati. Ci sono 141 codici verdi contro appena 14 codici rossi. Parliamo di pazienti stabili che richiedono prestazioni terapeutiche semplici contro pazienti critici che presentano la compromissione di una o più funzioni vitali. Qualcosa di non nuovo per gli addetti ai lavori.
Così prevedeva il Pnrr per rivoluzionare la sanità
“Il pronto soccorso è ormai la porta di accesso al servizio sanitario nazionale, scontiamo tutte le criticità del sistema” racconta a Today.it Fabio De Iaco, presidente della Simeu, l’associazione italiana di medicina di emergenza e urgenza. “Spesso facciamo le veci di altre figure, ad esempio gestiamo ogni giorno un numero enorme di pazienti cronici che sostano giorni e giorni in attesa di essere ricoverati. Questo si riflette ovviamente sulla qualità del nostro lavoro, sullo stress degli operatori e talvolta genera tensione con i malati e le famiglie, come purtroppo i molti casi di cronaca di questi giorni ci ricordano” chiosa De Iaco.
Il punto è sempre lo stesso: va ripensato un servizio pubblico partorito 40 anni fa, con una demografia completamente diversa. E l’occasione per cominciare a farlo si chiamava Pnrr.
Il piano nazionale di ripresa e resilienza assegnava 15 miliardi di euro al governo per ridisegnare la sanità pubblica, a partire da problemi cruciali come lo sblocco delle liste di attesa e l’alleggerimento di reparti ospedalieri e dei pronto soccorso. Nel primo caso si è deciso di stanziare oltre 4 miliardi di euro per la digitalizzazione e l’ammodernamento della tecnologia diagnostica, nel secondo caso si è puntato su assistenza domiciliare, case e ospedali di comunità. E dovrebbero essere proprio queste strutture a fornire la chiave di volta della nuova organizzazione sanitaria. Case e ospedali di comunità sono presidi territoriali da utilizzare come “ponte” fra i nosocomi e la propria abitazione. Qui dovrebbero essere presi in cura per lo più i pazienti con patologie croniche che affollano i reparti ospedalieri e i pronto soccorso. Ma le cose non stanno procedendo esattamente per il verso giusto.
13 miliardi che non sappiamo spendere
La premessa è che non stiamo spendendo i soldi del Pnrr. E se questo è vero in generale, è vero soprattutto per la sanità. Secondo l’ultimo report, presentatoì dal ministro per gli Affari Europei, Raffaele Fitto, a giugno 2024 avevamo speso appena 1,82 miliardi di euro su 15 stanziati, appena il 12 percento.