Il capo della diplomazia dell’Ue vorrebbe interrompere il dialogo politico con Tel Aviv, ma diversi Paesi si oppongono. Sono al vaglio nuove misure contro Hamas e “coloni violenti”
Ancora spaccature all’interno dei Paesi dell’Unione europea sulla guerra nella Striscia di Gaza e sulle relazioni con Israele. Ad alimentare il dibattito stavolta sono le parole di Josep Borrell, il capo della diplomazia dell’Unione europea. “Non ci sono più parole per definire quello che sta accadendo a Gaza, le ho finite. Il 70% dei morti a Gaza sono donne o bambini, l’età più comune delle vittime sono bambini sotto i 9 anni”, ha detto il diplomatico spagnolo arrivando al vertice dei ministri degli Affari esteri a Bruxelles.
Borrell, che a breve lascerà il suo incarico per fare posto, con ogni probabilità, all’estone Kaja Kallas, non ha più peli sulla lingua e vorrebbe lasciare almeno un segno concreto del suo operato sulla difficile situazione in Medio Oriente. Il diplomatico spagnolo non trova però l’avallo dei suoi omologhi europei. Mentre Spagna e Irlanda già da diversi mesi hanno adottato posizioni abbastanza chiare nei confronti di Tel Aviv, ad esempio col riconoscimento della Palestina come Stato, altri Paesi dell’Ue, in particolare Germania e Olanda, ma anche l’Italia, non intendono esporsi in merito alla durissima risposta militare voluta da Benjamin Netanyahu, che ormai si è estesa anche al Libano.
La proposta per interrompere il dialogo politico tra Ue e Israele
Vorrebbe lasciare un segno concreto prima di abbandonare l’incarico di Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri Josep Borrell. Da mesi ormai il diplomatico spagnolo si esprime con meno remore, provando a spingere per risoluzioni o almeno dichiarazioni, che diano un segnale a Israele. Vorrebbe un “rimprovero” convinto e unito da parte degli Stati dell’Ue rispetto alle atrocità che vengono commesse quotidianamente nella Striscia di Gaza. L’ultimo atto di questa serie di tentativi ha luogo il 18 novembre, durante il Consiglio Affari Esteri programmato a Bruxelles. “Presenterò, ai miei colleghi una proposta sul dialogo politico con Israele nel quadro del Consiglio di Associazione e una sul non commerciare i prodotti che vengono da territori occupati”, ha comunicato Borrell arrivando nella capitale europea.
I metodi di guerra di Israele sono “coerenti con le caratteristiche del genocidio”, lo afferma l’Onu
In sostanza, l’Alto rappresentante chiede di sospendere il dialogo politico con Israele per violazione dei diritti umani nella guerra condotta a Gaza dopo i massacri condotti da Hamas il 7 ottobre 2023. La misura avrebbe un impatto solamente simbolico, perché nel concreto Tel Aviv non subirebbe alcun danno. Un messaggio politico per provare ad arginare un Paese, la cui condotta militare viene sempre più spesso descritta con parole come “genocidio” e “crimini di guerra” da più fronti (Nazioni Unite come ong esperte in diritti umani). I ministri degli Esteri discuteranno anche del sostegno dell’Ue all’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che protegge i rifugiati palestinesi, dopo che Israele ha adottato una legge che ne vieta le attività sul suo territorio.
I Paesi Bassi insistono per il dialogo con Israele
Per approvare la proposta di Borrell serve l’unanimità degli Stati membri. Una circostanza lontana. La sua posizione è supportata da Paesi come Spagna e Irlanda, ma non trova sponde in altre capitali europee. “Con Israele dobbiamo tenere le porte aperte, l’Alto rappresentante Josep Borrell ha spinto per mesi ad avere una riunione del Consiglio di Associazione, tutti spingevano, e ora ha compiuto una svolta a 180 gradi, non la capisco”, ha detto Caspar Veldkamp, ministro degli Esteri olandese presente al vertice di Bruxelles. “Ora dobbiamo discutere fra Stati membri, abbiamo molto da dire a Israele, compreso sulla situazione umanitaria catastrofica”, ha precisato il rappresentante dei Paesi Bassi.
Veldkamp ha ricordato che presto ci sarà un nuovo ministro degli esteri israeliano. Una novità che, a suo avviso, potrebbe essere un’occasione per riavviare il dialogo. Proprio nei Paesi Bassi si sono verificati gli attacchi nei confronti dei tifosi della squadra di calcio Maccabi Tel Aviv, presenti ad Amsterdam per la sfida contro l’Ajax. Un episodio tacciato di antisemitismo e di “caccia all’ebreo”, ma che una parte degli abitanti della città e dell’opinione pubblica internazionale riconduce ad una risposta alle provocazioni e agli slogan anti-arabi e anti-palestinesi condotti dai tifosi israeliani nel corso della trasferta olandese.
Le restrizioni per Hamas e per i “coloni violenti”
Neppure la Germania, che sta affrontando una grave crisi politica interna, intende appoggiare Borrell. Se il blocco del dialogo con Israele non trova l’unanimità, altre proposte relative al Medio Oriente sono al vaglio dei partecipanti al vertice di Bruxelles. C’è un “lavoro in corso a livello europeo” riguardo a nuove sanzioni contro chi destabilizza la situazione in Medio Oriente, ha dichiarato Jean-Noël Barrot, ministro francese agli affari esteri. Gli obiettivi delle nuove misure restrittive potrebbero essere i membri di Hamas, ma anche i “coloni violenti” nei territori occupati israeliani, ha precisato il delegato transalpino.
Intanto a Beirut il 18 novembre le scuole sono state chiuse all’indomani dei pesanti attacchi aerei israeliani che hanno preso di mira la capitale libanese, uccidendo il capo dei media di Hezbollah, Mohammad Afif. In Libano è atteso l’arrivo dell’inviato statunitense Amos Hochstein per mediare i colloqui su un cessate il fuoco tra il gruppo terroristico Hezbollah e Israele, secondo quanto riferisce l’emittente libanese Voice of Lebanon, citando il parlamentare libanese Kassem Hashem. Gli Stati Uniti hanno presentato una nuova proposta di tregua sperando di porre fine a oltre un anno di combattimenti tra Hezbollah e le truppe israeliane, connessi alla guerra nella Striscia di Gaza.