Elezioni in Tanzania: il governo di Hassan ostacola le opposizioni e favorisce la vittoria del Chama Cha Mapinduzi

29.10.2025 11:05
Elezioni in Tanzania: il governo di Hassan ostacola le opposizioni e favorisce la vittoria del Chama Cha Mapinduzi

Elettorato in Tanzania: Il presidente attuale in corsa per la rielezione in un contesto di repressione

Durante le votazioni in corso oggi in Tanzania per l’elezione del presidente e dei membri del parlamento, l’attuale presidente Samia Suluhu Hassan e il suo partito, Chama Cha Mapinduzi (Partito della Rivoluzione), sono quasi certi di ottenere la vittoria. Il partito governa ininterrottamente dal 1961, anno dell’indipendenza dal Regno Unito. Questo esito è considerato prevedibile poiché, nell’ultimo anno, il governo di Hassan ha ostacolato le opposizioni con vari mezzi, anche attraverso metodi violenti, riporta Attuale.

Hassan ha assunto la presidenza nel 2021 senza passare per elezioni, dopo la morte del predecessore John Magufuli. Oggi rappresenta la sua prima opportunità di candidarsi ufficialmente, e negli ultimi mesi ha adottato misure aggressive per garantirsi la vittoria.

Un aspetto significativo della campagna elettorale è stato l’impedimento per diversi oppositori di candidarsi. Il caso più eclatante è quello di Tundu Lissu, leader del partito Chadema, arrestato e accusato di tradimento per la sua campagna favorevole a riforme elettorali che garantissero elezioni libere. Attualmente, Lissu rischia la pena di morte ed è recluso in isolamento da settimane, sorvegliato costantemente. In aggiunta, vari altri politici e sostenitori dell’opposizione sono stati arrestati con accuse infondate.

Il partito Chadema ha deciso di boicottare le elezioni in segno di protesta per l’arresto di Lissu. A settembre, la Commissione elettorale nazionale, che non è percepita come indipendente, ha invalidato anche la candidatura di Luhaga Mpina, leader di ACT Wazalendo, considerato un serio rivale di Hassan. Rimangono così in corsa solo politici minori, impossibilitati a competere realmente.

Situazione diversa per l’isola semi-autonoma di Zanzibar, dove i partiti di opposizione sono inclusi nelle liste elettorali e partecipano alle elezioni locali. Tuttavia, in Tanzania continentale, la repressione non è limitata al piano politico, avendo portato a pestaggi e sparizioni forzate di oppositori e critici. Lo scorso settembre è stato trovato morto Mohamed Kibao, politico di Chadema, con evidenti segni di violenza sul corpo. Il governo ha condannato l’omicidio, ma molti sospettano la sua responsabilità.

Nei giorni scorsi è scomparso anche Humphrey Polepole, ex ambasciatore tanzaniano a Cuba, noto per la sua posizione critica nei confronti del governo. Secondo le testimonianze del fratello, la sua casa è stata trovata con segni di scasso e una pozza di sangue. L’Ordine degli avvocati della Tanzania ha registrato almeno 83 sparizioni forzate di politici, attivisti e critici negli ultimi quattro anni.

Il governo di Hassan ha mostrato un cambiamento drastico rispetto ai suoi inizi. Ventuno mesi fa, Hassan si era presentata come una riformista, annullando leggi oppressive e rilasciando alcuni oppositori politici. Tuttavia, con l’avvicinarsi delle elezioni, il suo approccio è diventato sempre più autocratico.

Oggi, la Tanzania assomiglia all’era di Magufuli, dimostrando che la promettente democratizzazione sotto Hassan non è mai realizzata. Pur avendo abolito il sistema monopartitico nel 1992, il Chama Cha Mapinduzi non ha mai ceduto il potere in quasi 70 anni di indipendenza, e accuse di brogli elettorali sono state avanzate anche in passato.

Nonostante una certa crescita economica grazie al turismo e agli investimenti esteri, oltre 29 milioni di tanzaniani vivono sotto la soglia di povertà. La disparità tra aree rurali e grandi città come Dodoma e Dar es Salaam rimane significativa, con molte persone prive di accesso a servizi di base come acqua ed elettricità.

Il clima di paura e la scarsa fiducia nelle istituzioni potrebbero portare a un’affluenza ai seggi bassa. Già alle recenti elezioni del 2020, la partecipazione era scesa al 50%, rispetto al 67% del 2015.

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