Nel Movimento temono di calare intorno al 10%, riducendo il numero degli eurodeputati rispetto a cinque anni fa
Avederlo urlare invasato «Facciamo gol in Europa!», dopo un palleggio volante con Carolina Morace, si potrebbe pensare che Giuseppe Conte punti forte su queste elezioni europee. In realtà, il video condiviso sui profili social in coppia con l’ex calciatrice, candidata per il Movimento 5 stelle nella circoscrizione Centro, è l’ultimo tentativo di dare una scossa a una campagna elettorale che non decolla. Nonostante la trovata dei comizi a teatro in versione Steve Jobs, con un buon riscontro di pubblico nelle prime due tappe a Milano e Ancona (stasera replica a Budrio, nel bolognese).
Nonostante i toni sopra le righe adottati nelle ultime settimane per farsi spazio nel dibattito politico, come la definizione di «nuova Tangentopoli» in riferimento all’inchiesta ligure o l’evocazione della loggia P2 rispetto alla riforma della giustizia del governo Meloni. Fino alla battaglia in punta di par condicio per stoppare il duello tv tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, che volevano relegarlo in panchina. L’impressione è che il presidente M5s si veda costretto a rincorrere, a recuperare terreno, anche se i sondaggi danno i 5 stelle intorno al 16%, in linea con le elezioni politiche.
Ma, ai piani alti del Movimento, nessuno crede a un risultato del genere, tutti sanno che storicamente alle Europee si perdono colpi: nel 2019, per intenderci, un anno dopo il trionfo e l’approdo al governo, i voti si erano dimezzati. A sentire i parlamentari M5s, «se va bene potremmo prendere il 12%», ma c’è anche chi teme di ritrovarsi intorno al 10%. Il che significherebbe rischiare il doppiaggio da parte del Pd, con tutte le implicazioni politiche del caso, e portare a Bruxelles al massimo una decina di eurodeputati. Su questi ragionamenti si basa la vera sfida di Conte, che non si è candidato in prima persona, ma ha scelto i suoi «magnifici sette» da piazzare direttamente in lista, senza passare dalle selezioni online e facendoli votare dagli attivisti in un elenco bloccato.
Va da sé che per l’ex premier veder rimanere fuori dal Parlamento europeo anche uno solo dei «suoi» volti di punta sarebbe uno smacco. In sostanza, se la delegazione M5s sarà in formato ridotto, almeno devono farne parte l’ex presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, l’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, il fondatore di Banca Etica, Ugo Biggeri, e la stessa Morace. Poi la giurista animalista, Martina Pluda, il professore di pedagogia all’Università di Salerno, Maurizio Sibilio, e la manager Cinzia Pilo. E l’ex direttore de «La Notizia», Gaetano Pedullà, passato dalle «Europarlamentarie», ma chiamato in squadra da Conte.
Ecco perché è in corso un pressing asfissiante nei confronti di coordinatori regionali e rappresentanti territoriali del Movimento, coloro che organizzano eventi e comizi in giro per l’Italia: dovete spingere i candidati del presidente, anche a costo di penalizzare gli europarlamentari uscenti e gli altri nomi in lista passati dalla selezione online. Si parla di un messaggio inviato via WhatsApp da Vito Crimi, ex capogruppo e capo politico (ad interim) M5s, ora dirigente «amministrativo» in via di Campo Marzio e tornato molto attivo proprio per questa campagna europea, tanto da organizzare la prima riunione con i candidati per Bruxelles. Il senso dell’ordine di scuderia è più o meno questo: «Bisogna dare la priorità ai candidati scelti da Conte. I parlamentari uscenti se la possono cavare anche da soli, dato che hanno disponibilità economiche e più strumenti a loro disposizione». Si può immaginare l’entusiasmo, di fronte a questo appello, da parte di due come Sabrina Pignedoli e Maria Angela Danzì, ricandidate come capolista, ma ritenute, evidentemente, sacrificabili pur di fare posto ai «magnifici sette» (otto) di Conte.
Fonte: LaStampa