Gjader non è Italia. Così la corte d’Appello rinnega la Cassazione

21.05.2025
Gjader non è Italia. Così la corte d’Appello rinnega la Cassazione
Gjader non è Italia. Così la corte d’Appello rinnega la Cassazione

Con un decreto dai toni molto duri, e dalle ampie motivazioni, la Corte d’appello di Roma ha disatteso una recente sentenza della Cassazione e non convalidato il trattenimento in Albania di un richiedente asilo del Ghana: l’uomo dovrà tornare in Italia e in libertà.

La decisione è di lunedì scorso e fa riferimento alla sentenza con cui l’8 maggio la prima sezione penale degli ermellini aveva accolto il ricorso dell’avvocatura dello Stato contro la liberazione di un richiedente asilo dal centro di Gjader, decisa proprio dai magistrati di secondo grado della capitale. In quell’occasione il massimo tribunale ha affermato il principio di diritto secondo cui il Cpr d’oltre Adriatico va equiparato «a tutti gli effetti» a quelli attivi sul territorio nazionale ed è possibile trattenere nella struttura anche chi chiede asilo dopo il trasferimento dall’Italia.

MA È PROPRIO su questo punto che la Corte d’appello della capitale dissente, ribadendo che il protocollo rende possibile la detenzione dei cittadini stranieri solo in due casi: per le procedure di frontiera, ovvero la richiesta d’asilo accelerata di chi non è mai entrato sul territorio nazionale; per le procedure di rimpatrio, di chi si trova in situazione di irregolarità amministrativa con i documenti. La persona trasferita dall’Italia a Gjader come irregolare che lì fa domanda di protezione internazionale crea un terzo caso giuridico. «Lo status di richiedente asilo – si legge nella decisione – è compatibile con quello di trattenuto ma non con l’allontanamento dal territorio dello Stato, presso il quale ha diritto di attendere la definizione del procedimento». Così stabilisce la direttiva procedure dell’Ue.

Ritorna quindi il tema del territorio italiano, e dunque europeo, che nella conferenza stampa del 27 marzo scorso – in cui il governo presentava il decreto (convertito in legge ieri) che estende la destinazione d’uso dei centri anche agli irregolari – il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva provato a liquidare. «Sarebbe un po’ strano che in territorio straniero uno applica la legge italiana, con poliziotti italiani, con giudici italiani. Sarebbe una tesi un po’ singolare», aveva risposto a una domanda del manifesto. Sicuramente ciò che sta avvenendo oltre Adriatico è sia strano sia singolare, ma altrettanto certo è che quello resta territorio albanese.

TORNANDO IN ITALIA, l’ordinamento non prevede il vincolo del precedente giurisprudenziale. Per cui è anche possibile disattendere una sentenza della Cassazione. Sarebbe diverso se questa venisse dalle Sezioni unite o si trattasse di un orientamento consolidato. In questo caso però, rileva la giudice, la pronuncia è «al momento unica e isolata». Criticata da molti giuristi potrebbe aver creato qualche dubbio, se non malumore, nella stessa prima sezione penale. Il 14 maggio, infatti, su due casi analoghi un collegio della stessa sezione ma composto da giudici diversi ha rimandato la decisione. Significa che si è preso del tempo per studiare la materia, nuova per quei magistrati visto che fino all’inizio del 2025 era di competenza della Cassazione civile. La doppia sentenza è attesa per il 29 maggio.

La Corte d’appello di Roma contesta poi la possibilità del trattenimento fuori dalle esplicite disposizioni della legge, solo perché alcune circostanze non sono «precluse o vietate». Come quella di chi chiede asilo a Gjader. Del resto vale sempre la riserva di legge rinforzata dell’articolo 13 Costituzione: la restrizione della libertà personale è possibile sono «nei casi e modi previsti dalla legge». Altro profilo problematico individuato nella sentenza della Cassazione è l’equiparazione del Cpr di Gjader a quelli italiani. «A tacer d’altro», scrive significativamente la giudice, resta il problema dell’effettività del diritto di difesa, che in Albania risulta compromesso.

VEROSIMILMENTE il Viminale impugnerà la decisione della Corte d’appello e si tornerà in Cassazione. Nel frattempo tutto lascia credere che le prossime richieste d’asilo dei migranti detenuti oltre Adriatico porteranno a nuovi rientri sul territorio nazionale. Il bug di sistema della nuova fase del protocollo non è stato risolto.

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