Governabilità in difficoltà: il governo cerca la pace mentre la polemica infuria
Roma, 25 ottobre 2025 – Dopo la tempesta, la maggioranza cerca l’armistizio. Non che sia facilissimo, ma la premier ha chiesto di abbassare i toni e la buona volontà ce la mettono tutti. Sono i soldi che mancano e, si sa, in politica non c’è forza più centrifuga delle tasche vuote. La giornata, per la verità, si era aperta con l’invettiva di rara violenza contro la tassa sulle banche da parte del vicepremier Antonio Tajani (FI): “Ho cercato di fare in modo che banche e assicurazioni non fossero considerate mucche da mungere”. A prenderla subito storta è il parente più prossimo degli azzurri nella coalizione, Maurizio Lupi, spalleggiato qualche ora più tardi dal ministro degli Affari europei, Tommaso Foti (FdI): “Nemmeno i cittadini sono mucche da mungere”. Avverte il leader di Noi Moderati: “Ricordo a Tajani che nel vertice che abbiamo fatto, lui ha condiviso ogni provvedimento che abbiamo deciso”. Tajani gli dà del bugiardo, anzi del “Pinocchio”, perché, spiega, “in realtà abbiamo condiviso solo il quadro generale”. Collodi per Collodi, Lupi ribatte ricordando che accanto al burattino “c’è il Grillo parlante: nel vertice si è discusso anche del contributo delle banche”, riporta Attuale.
Tra i due non corre buon sangue in questo momento soprattutto per via di qualche “moderato“ passato a FI. Pesa in particolare l’addio del deputato campano Pino Bicchielli. Per quanto Mediolanum (cioè i Berlusconi, ovvero l’azionista di riferimento del partito azzurro) gradisca pochissimo anche il 2% di aumento Irap per le banche previsto dalla legge di bilancio, gli azzurri fanno sapere di non avere intenzione di tornare sul capitolo, come dichiara il portavoce Raffaele Nevi: “Sul settore bancario si è raggiunto un buon punto di mediazione”. La principale pietra dello scandalo resta l’aumento della cedolare secca dal 21% al 26% sugli affitti brevi per i locatori che si avvalgono di intermediari, come Airbnb, cioè quasi tutti. A chiedere che il passaggio scompaia dal testo sono tanti. Oltre a Tajani, la Lega e Lupi che non si accontenta del ritorno allo status quo, ma chiede un ulteriore taglio fino al 15%.
È certo che la norma si inabisserà nei gorghi parlamentari. Diversa la cosa per la tassa sui dividendi: dalla stretta che andrà a colpire le partecipazioni sotto al 10% – nel mirino di Confindustria – lo Stato si attende un incasso di poco più di un miliardo dal 2027. “Tutto si può cambiare, tranne i saldi”, ricorda il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani (FdI). E come compensare quella voce non lo sa nessuno. Il capitale (un centinaio di milioni) di cui dispone il Parlamento per emendare la manovra che inizia il suo cammino mercoledì in Senato, se ne andrà per supplire alla scomparsa della tassa sugli affitti brevi e per ovviare al taglio dei fondi alle metropolitane di Napoli e Roma.
Alcune delle mine più deflagranti sembrano essere state già disinnescate, ma il percorso resta ad alto rischio: c’è il nodo dei dividendi, quello del piano casa di Matteo Salvini. C’è il taglio dei fondi ai ministeri che fa imbizzarrire davvero tutti. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, resta imperturbabile: “I ministri mi inseguono, ma la gente vuole il taglio della spesa pubblica”. Tajani riconosce che il titolare del Mef sul rigore dei conti “sta facendo un buon lavoro”. Ne prende atto il collega leghista, che torna a bomba: “I cambiamenti ci possono essere, ma va mantenuta la quadratura dei conti”. Martedì c’è il Consiglio dei ministri: sarà l’occasione per un chiarimento tra i big.
Le dure critiche dell’opposizione non sono considerate temibili da Palazzo Chigi sul piano politico. Sul piano sociale potrebbero rivelarsi tali. Oggi si svolge a Roma la manifestazione organizzata dalla Cgil contro la manovra con il rischio, temuto dal governo, che l’enorme mobilitazione per la Palestina si trasferisca dal Medio Oriente al fronte interno italiano.