Groenlandia al voto: la minaccia di annessione di Trump spinge gli elettori verso l’indipendenza

11.03.2025
Groenlandia al voto: la minaccia di annessione di Trump spinge gli elettori verso l'indipendenza
Groenlandia al voto: la minaccia di annessione di Trump spinge gli elettori verso l'indipendenza

Circa 40 mila cittadini e cittadine si recano oggi alle urne per il rinnovo dei 31 seggi dell’Inatsisartut, il parlamento nazionale

Mai come in questo periodo le elezioni legislative in Groenlandia sono sotto i riflettori di tutto il mondo. Anche a causa delle recenti mire espansionistiche del presidente statunitense Donald Trump, le elezioni sono descritte dai giornali locali e internazionali come le più importanti della storia dell’isola. I circa 40 mila cittadini e cittadine si recano oggi alle urne per il rinnovo dei 31 seggi dell’Inatsisartut, il parlamento nazionale.

Il voto cruciale tra temi sociali e la voglia di indipendenza

La campagna elettorale è ruotata principalmente attorno alla richiesta di indipendenza. La questione ha occupato un posto importante nella corsa alle urne, lasciando però il giusto spazio a temi di politica interna come l’istruzione, gli affari sociali, la pesca (che costituisce il 90 per cento delle esportazioni dell’isola) e il turismo. Quasi tutti i partiti politici vorrebbero che il vasto territorio ghiacciato, 50 volte più grande della Danimarca ma 100 volte meno popolato, volasse da solo. L’insistenza, a volte minacciosa, del presidente americano nel voler prendere possesso della Groenlandia ha dato impulso alle aspirazioni indipendentiste dei 57mila abitanti del territorio, molti dei quali affermano di non voler essere né danesi né americani, ma groenlandesi. Anche se il desiderio di indipendenza resta ampiamente condiviso, i partiti politici che competono per i 31 seggi del Parlamento non sono d’accordo sui tempi. 

Grazie a una legge del 2009, i groenlandesi possono avviare autonomamente il processo di indipendenza, che prevede la negoziazione di un accordo con la Danimarca, che deve poi essere approvato tramite referendum in Groenlandia e tramite una votazione nel parlamento danese. Molti groenlandesi vogliono liberarsi dal controllo danese, che ancora gestisce la politica monetaria, la difesa e gli affari esteri. Tuttavia, non è chiaro come e quando ciò potrebbe accadere, considerando che Copenaghen copre oltre la metà del bilancio groenlandese, finanziando servizi essenziali come sanità, istruzione e occupazione.

Favorita la coalizione uscente che spinge per l’indipendenza

Tra i cinque principali partiti candidati, il favorito è Inuit Ataqatigiit (Comunità Inuit), indipendentista di sinistra ecologista, con il 31 per cento dei consensi. Inuit Ataqatigiit vinse le ultime elezioni, nel 2021, ed esprime l’attuale primo ministro groenlandese, Múte Bourup Egede, a capo di una coalizione con i socialdemocratici di Siumut. Nel suo discorso di inizio anno, Egede aveva annunciato di voler convocare un referendum sull’indipendenza insieme alle elezioni legislative, ma ha poi fatto un passo indietro: ha rimandato la questione alla prossima legislatura, che durerà fino al 2029.

Sembra che le due componenti della coalizione uscente, a differenza del partito nazionalista Naleraq di opposizione al governo, abbiano meno fretta. Inuit Ataqatigiit e Siumut chiedono che il territorio raggiunga prima una certa sostenibilità economica, dato che gli aiuti annuali di circa 530 milioni di euro erogati da Copenaghen rappresentano un quinto del suo PIL. Per questo i dibattiti politici si sono concentrati molto di più su temi locali: dalla carenza dei servizi sociali nelle comunità più lontane dalla capitale alle problematiche inerenti l’industria della pesca che lamenta scarsità di manodopera interna. Anche la proposta della sinistra di Inuit Ataqatigiit di istituire un’agenzia statale per la gestione e l’estrazione delle risorse minerarie, di fatto nazionalizzando l’intera filiera estrattiva, non ha suscitato particolare clamore né consenso. 

I movimenti indipendentisti puntano sulle risorse naturali dell’isola per finanziare un futuro Stato sovrano: terre rare nascoste sotto il ghiaccio e giacimenti petroliferi ancora da sfruttare. Tuttavia, per sviluppare questi progetti servono investimenti stranieri, e il nodo resta sotto quali condizioni la Groenlandia dovrebbe stringere accordi con potenze estere.

La rimonta dei partiti di opposizione favorevoli a legami con Trump

Naleraq, principale partito di opposizione in Groenlandia, è dato quarto nei sondaggi. Fortemente nazionalista, sostiene la secessione immediata e unilaterale dalla Danimarca ed è aperto a collaborazioni con gli Stati Uniti. Tra i suoi candidati figura Qupanuk Olsen, influencer con 1,5 milioni di follower, che ha definito positivo “l’interesse” di Trump per la Groenlandia, ritenendolo un acceleratore dell’indipendenza. Al quinto posto nei sondaggi c’è Atassut, ultimo partito unionista e di centrodestra, che pur chiedendo maggiori autonomie considera irrealistica l’indipendenza nel breve periodo.

Il partito sottolinea i problemi pratici di una secessione, tra cui la difesa militare garantita dalla Danimarca e le sovvenzioni annuali da oltre 500 milioni di euro, fondamentali per il welfare dell’isola. Tuttavia, le rilevazioni indicano anche una crescita dei partiti di opposizione, tra cui i populisti centristi di Naleraq, indipendentisti ma favorevoli a legami più stretti con Washington. 

Le ambizioni di Trump sull’annessione del’isola

Il presidente americano continua a ribadire di voler prendere il controllo della Groenlandia “in un modo o nell’altro”, nonostante si tratti di un territorio in gran parte inospitale e la cui superficie è all’80 per cento ghiacciata. L’ennesima bordata è arrivata nel suo discorso al Congresso, poi rilanciata in un post su Truth a poche ore dal voto. “Siamo pronti a investire miliardi di dollari per creare nuovi posti di lavoro e renderli ricchi. E, se lo desiderano, li accoglieremo nella più grande nazione del mondo: gli Stati Uniti d’America”, ha scritto il presidente Trump. 

Già durante il suo primo mandato, Trump aveva presentato un’offerta ufficiale alla Danimarca per acquistare la Groenlandia, sottolineando l’importanza strategica dell’isola su cui dal 1950 gli Stati Uniti mantengono la base spaziale di Pituffik, nel nord-ovest. Ma oggi come allora le risposte di Copenaghen e Nuuk sono state nette: “L’isola non è in vendita”. 

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