La Situazione Critica dello Stretto di Hormuz e le Sue Ripercussioni Globali
Roma, 24 giugno 2025 – L’attenzione internazionale si concentra sempre di più sullo Stretto di Hormuz, un passaggio marittimo cruciale sotto il controllo dell’Iran, che collega il Golfo Persico con il Golfo di Oman. Questo strategico ‘choke point’ è uno dei più significativi del mondo per il traffico di petrolio, con circa il 20% del greggio mondiale e il 30% del gas GNL che transitano via mare in questa area. Nonostante i principali attori commerciali, tra cui la Cina, escludano interventi agressivi da parte dei Pasdaran poiché considerati controproducenti, ci sono ancora speculazioni su una possibile “mossa della disperazione” da parte dell’Iran, in grado di destabilizzare i mercati globali, portando conseguenze devastanti per le popolazioni e le imprese. Inoltre, il Parlamento iraniano ha anticipato l’approvazione di decisioni simili nel caso in cui il Consiglio supremo di sicurezza nazionale le consideri necessarie, riporta Attuale.
I rumors riguardanti possibili azioni militari dell’Iran nello Stretto hanno già causato fluttuazioni significative nei prezzi del petrolio, con il prezzo del Brent che ha toccato i 77,88 dollari, prima di scendere nuovamente. Le previsioni del mercato sono state ulteriormente influenzate dall’attacco missilistico alle basi statunitensi in Qatar, che ha fatto scivolare il prezzo del petrolio di ben il 6%, dimostrando che, nonostante le tensioni, le petroliere continuano a navigare nello Stretto e i timori sono stati in parte attenuati.
Nonostante questo scenario, le conseguenze dei possibili sviluppi catastrofici rimangono un’ipotesi prematura. Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, “Se si bloccasse lo Stretto di Hormuz, il prezzo del petrolio potrebbe schizzare a 200 dollari, ma si tratta di un’opzione estrema”. La crescita dei prezzi del petrolio si riflette rapidamente anche sui costi alla pompa. I rialzi dei prezzi registrati venerdì si trasferiscono sui valori medi praticati, che raggiungono i livelli più elevati dall’inizio di aprile, con la benzina self service che segue una media di 1,748 euro al litro e il diesel a 1,670. Inoltre, il prezzo della benzina servita si avvicina a 1,886 euro, mentre in alcune autostrade supera già i 2,3 euro.
La presidente della BCE, Christine Lagarde, avverte che “non ci sono dubbi che nel breve termine, se il rischio della chiusura dello Stretto si concretizzasse, questo avrebbe ripercussioni inflazionistiche”. Lagarde ha inoltre equiparato la situazione a un fenomeno di contagio che non pone l’Europa su un cammino predefinito per l’aumento dei tassi d’interesse. A livello globale si cresce la pressione affinché lo Stretto rimanga aperto. Donald Trump, tramite i social, ha minacciato: “Tenete bassi i prezzi del petrolio. Vi sto osservando. State giocando con il nemico. Non fatelo”. Da parte sua, il segretario di Stato USA, Marc Rubio, suggerisce che il governo cinese inizi a contattare l’Iran, sottolineando come siano estremamente dipendenti dallo Stretto di Hormuz per le loro forniture energetiche.
La situazione nel Golfo Persico è di massima rilevanza per il commercio internazionale di beni e energia. “Mantenere la sicurezza e la stabilità nella regione è nell’interesse della comunità internazionale”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri cinese. L’Europa condivide questa preoccupazione crescente. Nonostante lo Stretto sia attualmente aperto, già tre navi cisterna hanno modificato il loro percorso per evitare questo cruciale punto di passaggio. Stefano Messina, presidente di Assarmatori, ha sottolineato i rischi per il settore navale nel caso di una chiusura dell’area: “Per l’Europa e quindi l’Italia, il problema principale sarebbe una nuova ondata di rincari record per i prodotti energetici, il che si rifletterebbe anche sui prezzi dei beni di consumo.”