Hamas pronto a liberare ostaggi israeliani, ma il conflitto rimane irrisolto
WASHINGTON – Il movimento islamista di Hamas ha annunciato ieri la sua disponibilità a liberare tutti i restanti ostaggi israeliani, vivi o morti, come parte di un piano di pace proposto dal presidente statunitense Donald Trump, a condizione che vengano rispettati i requisiti di sicurezza per gli scambi. Questa dichiarazione è giunta poche ore prima della scadenza dell’ultimatum di Trump, il quale aveva concesso “tre-quattro giorni” per rispondere alla proposta americana, avvertendo che in caso di rifiuto si sarebbe scatenato “l’inferno come nessuno ha mai visto”, riporta Attuale.
Il presidente Trump ha condiviso il suo ottimismo su Truth Social, affermando: “Credo che siano pronti per una pace duratura”. Ha quindi esortato Israele a interrompere immediatamente i bombardamenti su Gaza per consentire la rapida e sicura liberazione degli ostaggi. In un briefing della Casa Bianca, la portavoce Karoline Leavitt ha sottolineato che le conseguenze di un rifiuto sarebbero “molto gravi” per Hamas. Da parte sua, il consigliere di Hamas Tahir al-Nounou ha definito le parole di Trump “incoraggianti” e ha confermato la disponibilità a negoziare “per uno scambio di prigionieri, la fine della guerra e il ritiro dell’occupazione”.
Il piano presentato prevede la cessazione immediata delle ostilità e, entro 72 ore, il rilascio di 20 ostaggi israeliani vivi e delle salme degli ostaggi deceduti in cambio della liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi. Secondo le stime, Hamas detiene attualmente 48 ostaggi, di cui solo 20 vivi. Una volta realizzato lo scambio, gli Stati Uniti si sono impegnati a garantire l’invio di aiuti umanitari immediati nella Striscia.
Tuttavia, Hamas ha chiarito la sua intenzione di discutere questioni centrali riguardanti il futuro di Gaza e i diritti dei palestinesi. Il comunicato non menziona esplicitamente l’adesione al piano in 20 punti di Trump né il disarmo, un elemento cruciale richiesto da Washington e da Israele. Hamas ha ribadito di voler trasferire l’amministrazione della Striscia a “un corpo palestinese indipendente di tecnocrati”, con il supporto di un consenso nazionale e sostegno arabo e islamico. Le questioni politiche più delicate, come la prospettiva di uno Stato palestinese e il ritiro israeliano da Gaza, restano aperte. Netanyahu ha riaffermato la sua opposizione alla creazione di uno Stato palestinese, evidenziando che “non è scritto nell’accordo e Israele continuerà a opporsi con forza”.
Il segretario generale dell’ONU António Guterres ha accolto con favore la dichiarazione di Hamas, definendola un “passo incoraggiante” e invitando tutte le parti a cogliere l’occasione per porre fine a un conflitto che ha causato enormi perdite civili. Anche i leader europei e mediorientali hanno espresso sostegno al piano; la Turchia ha chiesto a Israele di fermare le operazioni militari per dare slancio ai negoziati, mentre l’Egitto ha esortato Hamas ad accettare l’accordo e a disarmarsi. L’Autorità Nazionale Palestinese ha accolto gli sforzi di Trump come “sinceri e determinati”.
Nel frattempo, la guerra continua a mietere vittime. Le forze israeliane, attive in un’offensiva su Gaza City, hanno ordinato evacuazioni di massa verso il sud della Striscia, mentre centinaia di migliaia di civili restano intrappolati. Il ministro della Difesa israeliano ha avvertito che chi rimane nell’area sotto assedio sarà considerato “terrorista o sostenitore del terrorismo”.
L’annuncio di Hamas rappresenta oggi una rara prospettiva di tregua, ma permangono numerose incognite. L’assenza di un impegno al disarmo e le divergenze su Gaza potrebbero ostacolare la strada verso la pace. Per il presidente Trump, questo passaggio potrebbe rappresentare la prova più difficile della sua presidenza. Il futuro immediato dipenderà dalla capacità delle parti di trasformare la dichiarazione di intenti in azioni concrete. È evidente che il tempo a disposizione sta per scadere e il costo umano continua a crescere.
Mah, sta storia è una vera follia. Sembrano tutti parlare di pace, ma intanto il conflitto continua a mangiare vite. E io mi chiedo: a cosa serve un piano di pace se non c’è fiducia tra le parti? È come offrire una caramella a uno che ha fame…