Riflessioni sul Futuro di Hamas: Un Dibattito in Corso
Il 7 ottobre 2023 segna un anno dalla violenta incursione di Hamas, che ha portato a un massacro di civili israeliani e a una devastante risposta militare a Gaza. In un contesto di crescente tensione, i documenti interni del movimento jihadista rivelano un acceso dibattito sulle future direzioni politiche e militari del gruppo, riporta Attuale.
La situazione attuale è complessa: dopo un periodo di relativa calma, i leader di Hamas si trovano a un bivio. Khalil al-Hayya, nuovo leader del movimento, ha recentemente affermato che la tregua con Israele è un’opportunità che deve essere sfruttata, ma la questione rimane se Hamas sarà in grado di abbandonare la “lotta armata” e integrarsi in uno schema pacifista, simile a quello sostenuto da Abu Mazen.
Le dichiarazioni di al-Hayya sono controversie, dato il passato di Hamas, effettivamente fondato sulla distruzione dello Stato di Israele, come esemplificato nel Mithaq del 1988. Khaled Mashal, sopravvissuto a un attentato, ha riconosciuto che il documento fondativo è stato un errore, sostenendo l’idea di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale, anche se ha sempre faticato a comunicarlo apertamente.
Ieri, Muhammad Ismail Darwish, capo del Consiglio politico di Hamas, ha alzato ulteriormente il tono, chiedendo uno Stato palestinese con Gerusalemme come capitale, evidenziando una certa ambiguità nella posizione del gruppo. Tuttavia, questo potrebbe non bastare a calmarne i più scettici, i quali ricordano il fallimento delle precedenti dichiarazioni pacifiste e la mancanza di risultati tangibili da parte di Abu Mazen e dei suoi alleati.
La sfida per Hamas è amplificata dalla perdita di numerosi leader storici, rendendo difficile il passaggio da una mentalità di vendetta a una di politica attiva. Dalle rovine di Gaza, l’organizzazione potrebbe cercare di disegnare un nuovo futuro, ma il contesto attuale solleva dubbi sulla loro capacità di trasformare la tregua in un’opportunità per la pace.
La situazione resta quindi molto fluida, con ogni tentativo di mediazione che si scontra con le posizioni rigide di entrambe le parti. La mancanza di un vero interlocutore palestinese da parte della leadership israeliana, come dimostrato dal rifiuto di Netanyahu di coopere con figures moderate, non facilita certamente il dialogo, lasciando i palestinesi in una condizione di stallo.