Il rimpatrio è stato chiesto da Kiev con l’ok del tribunale di Brescia. Le proteste dell’Onu e delle famiglie che hanno accolto gli orfani: “Nessuna tutela per i piccoli”
Sono fuggiti dalle bombe, dalla guerra e hanno trovato riparo in Italia eppure adesso 57 orfani ucraini potrebbero essere costretti a tornare indietro anche se nel loro paese la pace è lontana. Il governo di Kiev ha deciso di far rimpatriare 57 bambini e adolescenti ucraini, tra i 6 e i 16 anni, ospitati dall’inizio della guerra con la Russia a Rota Imagna, Pontida e Bedulita. La destinazione sono gli orfanotrofi da cui erano scappati. Il decreto di rimpatrio è stato chiesto dal console ucraino in Italia e firmato dalla presidente del tribunale di Brescia. I tutori dei ragazzi, sollevando dubbi anche sulla sicurezza delle strutture dove sarebbero ospitati, hanno annunciato che presenteranno per 34 di loro una richiesta di protezione internazionale alla questura di Bergamo. Se accolta, il rimpatrio verrà fermato. Per gli altri invece la data “x” è quella del 16 agosto.
“Bambini rimandati in un paese in guerra”
Contraria alla decisione l’Agenzia dei rifugiati dell’Onu (Unhcr) che esprime “preoccupazione per i possibili bisogni e rischi di protezione internazionale del gruppo che verrà rimandato in un paese invaso e in guerra”. Questo perché “molti dei bambini di questo gruppo hanno esigenze specifiche e ricevono attualmente cure e servizi specializzati in Italia. È importante quindi considerare attentamente la disponibilità di queste attenzioni al momento del rientro in Ucraina per garantire la continuità dell’assistenza. A causa dell invasione russa, l’Ucraina è tuttora un paese in guerra, dove il pericolo di attacchi militari è costante e continuo, anche nei confronti della popolazione civile, le fonti energetiche sono razionate o assenti, le infrastrutture danneggiate, il sistema sanitario in ginocchio”. L’Unhcr sottolinea “il livello di integrazione sul territorio raggiunto in due anni dai bambini, attorno ai quali si è formata una rete di sostegno da parte della comunità locale e della società civile, grazie alla quale i minori hanno intrapreso un percorso scolastico ed extrascolastico, di cura e di relazioni sociali. L’impegno della comunità e della società civile è stato fondamentale per fornire un ambiente di sostegno che favorisse il benessere e lo sviluppo dei bambini fino al loro rientro in sicurezza in Ucraina”.
Contro il rimpatrio si sono mobilitate le famiglie che hanno accolto i piccoli ucraini, hanno lanciato anche un appello su Change.org. “La guerra in Ucraina – si legge – purtroppo non è terminata, il trasferimento dei ragazzi in questo momento di totale insicurezza è davvero necessario? Possibile che non ci sia una soluzione alternativa? Pensiamo che il rapporto che si è creato con loro in questi mesi di accoglienza ci dia il diritto di esprimere perplessità su questa decisione. Noi famiglie abbiamo imparato a considerarli come singoli soggetti, portatori di una loro identità unica e inimitabile, a cui vanno costruiti intorno percorsi personalizzati. L’idea di rimpatriare tutti indistintamente senza considerare le specificità e i percorsi vissuti in questi ultimi 30 mesi, da ognuno di loro, ci sembra una soluzione semplicistica che non fa bene a nessuno”.