Al tavolo ristretto Macron, Scholz, Sanchez e Rutte, ma anche i leader di Polonia e Grecia. Il patto andrà confermato al summit del 27 e 28 giugno. L’Italia punta a una vicepresidenza della Commissione
Sei leader di altrettanti Paesi dell’Unione europea hanno trovato l’accordo sulle nomine per i top job, le principali cariche del blocco: la tedesca Ursula von der Leyen alla Commissione per un secondo mandato, il portoghese Antonio Costa al Consiglio, e l’estone Kaja Kallas per l’Alto rappresentante della politica estera. Lo riferiscono diverse fonti vicine ai negoziati. L’accordo dovrà essere formalizzato al summit di Bruxelles previsto per il 27 e 28 giugno.
Al tavolo ristretto erano presenti, tra gli altri, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ma non Giorgia Meloni. La premier italiana è stata tenuta fuori dai negoziati in quanto il suo partito europeo di riferimento, l’Ecr, non fa parte della maggioranza che dovrebbe reggere le redini dell’Ue anche per i prossimi 5 anni.
La maggioranza è composta dai popolari del Ppe, dai socialisti del Pse e dai liberali di Renew. Insieme a Macron (liberali) e Scholz (socialisti) c’erano anche il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis e il premier polacco Donald Tusk (Ppe), il leader spagnolo Pedro Sanchez (Pse) e quello olandese Mark Rutte (Renew).
Il tavolo ristretto si era già riunito lunedì scorso in occasione del primo vertice Ue incentrato sulle nomine. Anche in quell’occasione Meloni restò fuori dalla stanza su richiesta specifica di socialisti e liberali, che ai popolari hanno posto come condizione per la riconferma di von der Leyen lo stop a qualsiasi tipo di alleanza con l’Ecr. L’isolamento è stato contestato dal governo italiano, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che ha portato il caso alla riunione con i colleghi dell’Eurogruppo, sostenendo che lo ‘sgarbo’ politico avrebbe compromesso la ratifica del Mes, il nuovo fondo salva-Stati, da parte di Roma.
Sgarbi a parte, a Bruxelles sono sicuri che Meloni non metterà a rischio l’accordo raggiunto in seno alla maggioranza Ue: a ‘placare’ le ire della premier dovrebbe arrivare un portafoglio di peso in Commissione, molto probabilmente una vicepresidenza. Non si tratterà di una sorta di premio di consolazione, ma di una concessione dettata dalla necessità di avere in Consiglio il supporto di un grande Paese del blocco per le cariche apicali e soprattutto di evitare che l’Ecr, oggi terza forza dell’Eurocamera, non lavori compatto a una voto di sfiducia dell’Aula nei confronti di von der Leyen (sempre che venga riconfermata). La possibilità che tra le fila dei gruppi di maggioranza vi siano dei franchi tiratori è più che concreta, e un supporto esterno alla triade Ppe-Pse-Renew sarà fondamentale per non far saltare l’accordo sull’esecutivo Ue. Se non di tutti i conservatori, almeno della numerosa delegazione di Fratelli d’Italia.