La questione nucleare iraniana: tra opportunità e rischi
DAL NOSTRO INVIATO
BEIRUT – Gli ayatollah stanno davvero apprendimento dalla situazione attuale? Abbandoneranno la loro postura difensiva oppure, per evitar nuovi attacchi, si indirizzeranno verso l’armamento nucleare? La prima possibilità rappresenterebbe un trionfo per gli Stati Uniti e Israele, mentre la seconda potrebbe portare a un nuovo conflitto. Ciò che rimane è la possibilità di accordi che rispettino le paure “esistenziali” di tutti. Ecco i punti chiave da considerare, riporta Attuale.
1 Gli iraniani vogliono l’arma nucleare?
Hanno sempre smentito tale affermazione. Inoltre, esiste una fatwa — un decreto religioso — emessa dalla Guida Suprema Ali Khamenei che proibisce la produzione di armi nucleari. Loro affermano che l’energia nucleare serve per il loro sviluppo: il petrolio venduto all’estero finanzierebbe la crescita e le centrali nucleari fornirebbero energia alle industrie nazionali. Tuttavia, l’arricchimento dell’uranio a livelli superiori a quelli richiesti per usi civili solleva sospetti credibili sulla loro vera intenzione riguardo alla produzione di armi nucleari.
2 Hanno abbandonato l’idea?
Invece di percepirsi come sconfitti, a Teheran si preferisce ostentare l’orgoglio per la resistenza dimostrata. Le principali fazioni al potere chiedono maggiori investimenti per difendere il paese contro eventuali aggressioni. Investire nell’industria bellica è diventato un “dovere patriottico”. È stata persino proposta una legge per uscire dal Tnp (Trattato di non proliferazione nucleare). Abbandonando il Tnp, l’Iran si libererebbe del controllo da parte dell’Agenzia per l’energia atomica.
3 C’è un’alternativa alla violenza?
Il JCPOA, il “Patto nucleare” firmato nel 2015 tra l’Iran e l’amministrazione Obama, rappresentava una soluzione potenziale. In cambio della revoca delle sanzioni economiche, Teheran si impegnava a limitare l’arricchimento dell’uranio al 3,6%, un valore ben lontano dal 95% necessario per scopi militari. Questo processo era monitorato dall’AIEA. Le aziende occidentali si affrettarono a riprendere i contatti economici con l’Iran, e il PIL del paese crebbe per tre anni oltre il 5%. Tuttavia, con l’uscita di Trump dal JCPOA, tutto ciò è stato bruscamente interrotto.
4 Si stanno portando avanti delle negoziazioni?
Attualmente sì, sebbene Israele abbia colpito pochi giorni prima del quinto incontro tra Teheran e Washington riguardo a una nuova versione dell’accordo nucleare. Gli Stati Uniti, a loro volta, hanno bombardato due giorni dopo un nuovo incontro tra le potenze europee e i rappresentanti iraniani. Le posizioni a quel tavolo erano comunque lontane: Teheran esprime la volontà di sviluppare tecnologia nucleare, dichiarandosi disponibile a limitarla a scopi civili con opportune verifiche, in cambio di concessioni economiche. D’altra parte, Stati Uniti, Israele e ora anche Germania e Gran Bretagna chiedono l’assoluto divieto di arricchimento. Solo la Francia offre un’apertura per gli ayatollah, ma la controparte non è ancora stata formalizzata.
5 Gli attacchi hanno avuto un impatto?
Un numero significativo di scienziati è stato ucciso e laboratorii di arricchimento sono stati bombardi. Tuttavia, non è chiaro se tali azioni fermeranno realmente il programma nucleare. Trump afferma che il programma è stato “distrutto”, mentre fonti dell’intelligence comunicano alla CNN che i danni potrebbero semplicemente ritardare il programma di “alcuni mesi”.
6 L’Iran può raggiungere la Bomba?
Uscendo dal Tnp e quindi impedendo il controllo dell’AIEA, sarebbe relativamente facile per l’Iran progredire nella corsa all’armamento nucleare. Già Corea del Nord, Pakistan, India e Israele, che non hanno mai sottoscritto il trattato, vantano capacità nucleari. In questo contesto, i 400 chili di uranio arricchito sottratti dai loro impianti prima dei bombardamenti rappresenterebbero una base notevole per sviluppare diverse bombe nucleari.