I segreti della polizia politica del Duce tra depistaggi, stragi e trasformismo

26.12.2024
I segreti della polizia politica del Duce tra depistaggi, stragi e trasformismo
I segreti della polizia politica del Duce tra depistaggi, stragi e trasformismo

Un’organizzazione che contribuì a sostenere la dittatura e seppe adattarsi quando cadde. Nel libro di Boatti anche le ombre sulla bomba alla Fiera Campionaria di Milano del 1928

Tra le 8 del 26 aprile e le 18 del giorno dopo il partigiano Mottarella incontrò la Storia. Di quelle ore ha lasciato una testimonianza (Diario dei giorni della liberazione), firmata («geometra Mottarella Vincenzo di fu Innocente», che ci proietta nel cuore dei convulsi avvenimenti che segnarono la cattura e la fucilazione di Benito Mussolini.

I fatti sono noti. Il Duce tentava di scappare, travestito da soldato tedesco, nascosto in un camion; la lunga autocolonna nazifascista fu bloccata dallo sbarramento della 52esima Brigata Garibaldi all’uscita di Musso, località a un chilometro da Dongo, sul lago di Como. Dopo una trafelata trattativa con il comandante tedesco, il commissario politico Michele Moretti e il comandante Pier Bellini delle Stelle stabilirono un accordo alle seguenti condizioni: via libera per i tedeschi; arresto per i fascisti; autorizzazione a perquisire gli automezzi della colonna. Mussolini fu catturato così, dopo un goffo tentativo di mascherarsi in un cappottone militare troppo largo.

L’esecuzione

Niente di epico in quella fuga, niente di eroico in quella cattura. Con lui i partigiani arrestarono altri 52 fascisti, tutti immediatamente trasportati nel municipio di Dongo. Era il pomeriggio del 27 aprile.

Anche gli eventi che seguirono sono noti. La notizia della cattura del Duce e degli altri gerarchi arrivò alla sede del Comando generale del Corpo Volontari della Libertà nella serata del 27 aprile. Sulla base del proclama «Arrendersi o perire», foglio n. 245 del 4 aprile 1945, tutti gli arrestati erano immediatamente passibili della pena di morte. Il Comando generale del Cvl ordinò quindi a Walter Audisio di provvedere all’esecuzione. Arrivato a Dongo, il «colonnello Valerio» ebbe qualche difficoltà a far riconoscere la propria autorità e la validità dell’ordine di morte che lo accompagnava. Nel frattempo Mussolini, insieme con Claretta Petacci, venne trasferito per la notte prima nella caserma della guardia di finanza di Germasino, in alto sulla montagna, poi presso la famiglia contadina dei De Maria, a Bonzanigo. Lì, il giorno dopo, arrivò «Valerio» con i suoi uomini per eseguire la sentenza.

Prelevati dall’abitazione dei De Maria, Benito Mussolini e Claretta Petacci furono condotti nella vicina località di Giulino di Mezzegra; posti contro il muricciolo d’ingresso della Villa Belmonte, caddero colpiti a morte: erano le 16,30 del 28 aprile 1945. Intanto, a Dongo, gli altri condannati a morte erano stati radunati in una sala del municipio. Poi, tutti insieme (Barracu, Bombacci, Calistri, Casalinovo, Coppola, Daquanno, Gatti, Liverani, Mezzasoma, Nudi, Pavolini, Porta, Romano, Utimperghe, Zerbino) furono portati nella piazza davanti al lago e fucilati. Il plotone di esecuzione era composto da 15 partigiani.

«Giustizia è fatta!»

Le ultime parole della testimonianza del geometra Mottarella Vincenzo di fu Innocente sono molto stringate: «Sabato 28 aprile – Assisto alla fucilazione dei responsabili. Giustizia è fatta!». È la stessa asciutta immediatezza con la quale ha raccontato gli eventi che lo videro testimone e protagonista: le discussioni con i fascisti e i tedeschi del presidio, fino a quando le Brigate Nere si diedero alla fuga con le barche; la scelta di far saltare il ponte su cui doveva transitare l’autocolonna che nascondeva Mussolini; il contrordine affannoso, in un susseguirsi di fasi contraddittorie, segnate dall’improvvisazione e da una spontaneità che sembrava travolgere ogni struttura gerarchica, anche quella partigiana.

Mottarella consegnò la sua testimonianza scritta al giornalista Ugo Zatterin, che giunse a Dongo il 7 maggio, aggregato all’VIII Armata americana. Il suo Diario prende le mosse dal funerale di quattro partigiani uccisi dai tedeschi e si conclude con il laconico annuncio della fine di Mussolini. Zatterin lo conservò nel suo archivio consentendoci oggi di leggere nelle scarne parole del «geometra Mottarella» una delle pagine più drammatiche della nostra storia.

Lascia un commento

Your email address will not be published.