Poco più di tre anni fa Squid Game faceva il suo debutto su Netflix. Era esattamente il 17 settembre del 2021 quando quella che sembrava una strana ma curiosa serie sudcoreana si è trasformata in pochissimo tempo in un fenomeno senza precedenti. Il survival game creato da Hwang Dong-hyuk, infatti, è diventato non solo un successo a livello mondiale ma, ancora oggi, detiene due record: è la serie non in lingua inglese più vista di sempre su Netflix e il suo regista, sceneggiatore e produttore ha fatto la storia diventando il primo asiatico a vincere un Emmy come Miglior regista di una serie drammatica.
Oggi, questo k-drama che ha spianato la strada per il successo delle serie sudcoreane anche in Occidente è tornato sulla piattaforma di streaming con la sua seconda attesissima stagione che segna il ritorno sul piccolo schermo di una delle storie seriali più potenti degli ultimi anni che ha cambiato per sempre il modo di fare serie tv e di fruirne.
Squid Game 2: di cosa parla
La seconda stagione di Squid Game è ambientata tre anni dopo la vittoria del giocatore numero 456 del cosiddetto “gioco del calamaro” grazie alla quale si è portato a casa l’intero montepremi: 4,56 miliardi di won. Dopo aver capito che pur essendo diventato miliardario la sua vita non è cambiata affatto, ha un nuovo obiettivo in testa, quello di entrare di nuovo nel terribile gioco mortale dello Squid Game e distruggerlo dal suo interno.
Una serie sucorenana che si è occidentalizzata (troppo)
Per Squid Game 2 replicare la genialità, l’originalità, l’imprevedibilità della prima stagione era praticamente impossibile. Questo nuovo capitolo di serie, infatti, è oggettivaemtne meno bello, meno accattivante, meno sorprendente di quanto non fosse il precedente. E la “colpa” di questo è sia nostra – ormai, come pubblico, sappiamo già cosa ci aspetta dalla storia – sia della stessa serie che, pur essendo giustamente cambiata in questa sua nuova versione, non è riuscita fino in fondo a rinnovarsi senza stravolgersi troppo e a mantenere salda la sua identità nel cambiamento. Ma questo, un po’, ce lo aspettavamo.
Dopotutto il successo cambia le carte in tavola, cambiano le aspettative del pubblico, c’è più pressione nel volere – e dovere – accontentare uno spettro ampissimo di spettatori ma c’è anche addosso il “peso” di un’azienda che punta un budget altissimo su un titolo da cui si aspetta il ripetersi di un grande successo. E questo, vuoi o non vuoi, condiziona.
Il primo “punto debole” di Squid Game 2, infatti, è che non ha retto alla pressione di dovere diventare il nuovo fenomeno seriale del momento subendo un palese processo di occidentalizzazione nella sua struttura che ha portato la serie a essere sempre più simile ai prodotti che siamo abituati a vedere sul piccolo schermo. E così, si è fatto un passo indietro venendo a perdersi uno dei tratti più interessanti e distintivi di questo racconto, cioè quello di essere diverso perché fortemente legato alla cultura e al luogo di provenienza. Cosa che un titolo, sempre sudcoreano, come The 8 Show è, invece, riuscito a fare. Ovviamente con molte meno aspettative da parte di pubblico e critica.
C’è tanta azione con risvolti crime in questi nuovi episodi del survival game sudcoreano e molta meno attenzione ai singoli personaggi e alle loro storie, elemento che rende questa nuova stagione decisamente più simile a un classico action thriller che a un survival game introspettivo, filosofico e di denuncia sociale quale era nei primi episodi. In più c’è meno focus sui giochi che erano tratto distintivo della serie e ora diventano l’elemento meno dominante. E tutto questo è un vero peccato, così come è un peccato la scelta di non puntare abbastanza sui dialoghi, sulle pause, sulle digressioni, sui nuovi personaggi della storia a cui il pubblico non riesce mai ad affezionarsi perché poco approfonditi.
Squid Game 2 è una serie fatta più di testa che di cuore, forse più per “necessità aziendale” che per vera a propria spinta creativa e lo si nota anche nei temi affrontati che sono perfettamente in linea con tutto il resto dei titoli occidentali debuttati in questo ultimo periodo sulle piattaforme di streaming.
E per quanto sia innegabile la buona qualità di questa serie e l’impegno del cretore nel cercare di realizzare un sequel all’altezza del capitolo precedente, questa nuova parte della storia di Squid Game non emoziona quanto ci si aspettava, non va abbastanza nel profondo e sembra voler puntare tutto sul ritmo, sulla dinamicità della scene, sulla velocità del racconto che sugli spunti filosofici, riflessivi, sociali che ci sono ma vengono messi quasi in secondo piano rispetto all’azione.
Non aspettatevi un capolavoro da Squid Game 2, aspettatevi semplicemente una serie diversa dal capitolo che l’ha preceduta. Una serie bella ma non eccezionale, una di quelle serie che si guardano con piacere ma non lasciano il segno. Aspettatevi da Squid Game 2 un racconto meno sudcoreano e più “americano” ma sappiate che, nonostante questo, quella ideata da Hwang Dong-hyuk resta comunque una grande serie che ha fatto quello che poteva per continuare il suo racconto in grande stile ma riuscendoci solo a metà.