Nuove sanzioni statunitensi minacciano l’economia del Venezuela
Il blocco totale delle petroliere sottoposte a sanzioni dirette o provenienti dal Venezuela, ordinato mercoledì dal presidente statunitense Donald Trump, potrebbe generare enormi problemi all’economia del regime di Nicolás Maduro, riporta Attuale. Non è ancora chiaro come verrà attuato, ma se effettivamente interrompesse le vendite di petrolio venezuelano, ridurrebbe drasticamente le entrate statali del paese. Il Venezuela, fortemente dipendente dal petrolio per finanziare la spesa pubblica e acquisire beni fondamentali come cibo e medicine, si trova in una crisi economica già profonda e di lunga durata.
Le esportazioni di petrolio rappresentano una risorsa vitale per il governo di Maduro, il quale Trump sta cercando di rovesciare. L’amministrazione statunitense mira a colpire il petrolio come parte della strategia per destabilizzare il regime in carica e potenzialmente riattivare interessi commerciali vantaggiosi per gli Stati Uniti.
Dal 1976, il settore petrolifero è gestito dalla compagnia statale Petróleos de Venezuela Sociedad Anónima (PDVSA), sanzionata dagli Stati Uniti fin dal 2017, complicando ulteriormente le esportazioni e i rapporti con aziende statunitensi. Con l’eccezione della multinazionale Chevron, che ha ottenuto un’esenzione dalle sanzioni nel 2022, il resto delle operazioni petrolifere statunitensi in Venezuela è stato sostanzialmente limitato. Chevron continua a operare nel paese, ma le recenti decisioni politiche riducono drasticamente la sua libertà operativa.
Attualmente, il Venezuela possiede le riserve di petrolio più grandi al mondo, pari a circa il 17% del totale globale, superiori a quelle dell’Arabia Saudita. Tuttavia, le entrate petrolifere sono crollate nel tempo, passando da 120 miliardi di dollari nel 2012 a soli 20 miliardi all’anno, aggravando ulteriormente la crisi che il Fondo Monetario Internazionale ha definito “la più grave di un paese non in guerra” negli ultimi cinquant’anni. Questo declino ha spinto milioni di venezuelani a emigrare verso nazioni vicine in cerca di una vita migliore.
Fra le cause dell’incremento della crisi ci sono una serie di fattori, tra cui la cattiva gestione dei giacimenti e la corruzione, unite alle sanzioni statunitensi e al crollo del prezzo del petrolio rispetto ai picchi storici del 2011-2013. Malgrado le difficoltà, il settore petrolifero continua a rappresentare l’88% delle esportazioni del paese, con i prodotti legati al greggio che occupano la parte restante.
La situazione economica attuale è paragonata a quella che si verificò nei Paesi Bassi negli anni ’70 a seguito della scoperta di vasti giacimenti di gas naturale, un fenomeno noto come “malattia dei Paesi Bassi”. La dipendenza da una sola risorsa ha portato a una stagnazione della crescita economica in altri settori, creando un circolo vizioso di deindustrializzazione e vulnerabilità economica.
Le vendite di petrolio venezuelano sono ora principalmente dirette verso la Cina, che acquista l’81% delle esportazioni, mentre gli Stati Uniti si assicurano il 17% delle forniture grazie a Chevron. La compagnia ha recentemente firmato contratti per aumentare la propria produzione e stabilità all’interno del paese, nonostante le critiche ricevute sia dall’opposizione che dai gruppi di cittadini.
Con queste nuove sanzioni, le conseguenze economiche sul Venezuela si preannunciano gravi, mentre la lotta per il controllo delle risorse e l’instabilità politica continuano a caratterizzare il panorama venezuelano.
Incredibile come la situazione del Venezuela diventi sempre più drammatica. Le sanzioni USA non faranno altro che peggiorare la vita di milioni di persone già in difficoltà. È una spirale senza fine, in cui chi paga sono sempre i più vulnerabili… Che tristezza!