Il “bonus Babbo Natale” da 100 euro: l’ipotesi sui soldi in busta paga prima del previsto

18.09.2024
Il "bonus Babbo Natale" da 100 euro: l'ipotesi sui soldi in busta paga prima del previsto
Il "bonus Babbo Natale" da 100 euro: l'ipotesi sui soldi in busta paga prima del previsto

Il governo Meloni sta pensando di anticipare a fine 2024 l’incentivo una tantum inizialmente atteso per l’inizio del 2025, “per aiutare le famiglie in un periodo particolare dell’anno”. Cosa sappiamo finora, quali sono i requisiti reddituali e familiari e come calcolare l’importo preciso in rapporto al periodo di lavoro

Maurizio Leo, viceministro dell’Economia, lo ha confermato con una battuta. “Diventerà un bonus Babbo Natale…”, ha detto rispondendo a una domanda dei giornalisti alla Camera, martedì 17 settembre. In queste ore il governo Meloni sta valutando l’ipotesi di anticipare alla fine del 2024 il cosiddetto “bonus Befana”, il contributo di 100 euro lordi alle famiglie con redditi complessivi fino a 28mila euro. Inizialmente previsto per l’inizio del 2025, si tratta di un incentivo una tantum: si riceve una volta sola. E potrebbe arrivare in busta paga con la tredicesima di quest’anno. Leo ha anche spiegato che si sta valutando l’ipotesi che il bonus in questione venga inserito nel decreto legge “omnibus” all’esame del Senato. Ma andiamo con ordine.

Sono tante le ipotesi che circolano sulla prossima manovra, in questi giorni in discussione all’interno della maggioranza. Conoscere la spesa presente e futura permetterà ai tecnici e ai ministeri di valutare le possibili misure da inserire nella legge di bilancio. Venerdì 20 settembre è un giorno clou: andrà presentato a Bruxelles il piano strutturale di bilancio, che include le uscite previste e il rientro dal debito nei prossimi anni. Il governo dovrà mettere a punto il piano pluriennale di contenimento della spesa corrente primaria e poi trasferire gli impegni programmatici nella legge di bilancio da presentare in Parlamento a ottobre. Proprio in questa sede andranno indicate le fonti di finanziamento anche per il bonus di 100 euro, anticipato o no.

Dal bonus Befana al bonus Babbo Natale?

Le priorità della maggioranza sono chiare, almeno a parole: sostegno alla famiglia e ai ceti medi. Non è un caso, infatti, che nei giorni scorsi siano circolate indiscrezioni su una possibile riduzione delle tasse per le famiglie con figli, allo studio del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. “Siamo consapevoli che la classe media ha un livello di tassazione troppo alto, perché chi guadagna fino a 50mila euro l’anno non può certo considerarsi ricco. Abbassare le tasse al ceto medio è necessario, ma lo si deve fare con risorse da individuare”, ha dichiarato il viceministro Maurizio Leo.

Un sostegno potrebbe arrivare anche dalla detassazione delle tredicesime. “Qualora ci fosse lo spazio, è da valutare – ha aggiunto il viceministro -. Ad esempio, nel decreto legislativo sulle imposte dirette è contenuto il cosiddetto bonus Befana, un’erogazione a gennaio di 100 euro per le famiglie. Non è del tutto da escludere che questo bonus possa essere rivisto e anticipato nel 2024, implementando le tredicesime di quest’anno. Vogliamo aiutare le famiglie, soprattutto in un momento particolare dell’anno”. Staremo a vedere.

I requisiti reddituali e familiari per il bonus da 100 euro lordi (77 netti)

Quel che è certo è che al momento questo bonus è ancora previsto per gennaio 2025. Nell’impianto dell’incentivo noto fino a oggi, quest’agevolazione spetta solo ai lavoratori dipendenti che hanno un reddito complessivo non superiore a 28mila euro; che hanno un coniuge non separato e almeno un figlio, entrambi a carico, oppure almeno un figlio a carico nel caso in cui l’altro genitore manchi o non abbia riconosciuto il figlio. E, infine, che abbiano un’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente d’importo superiore a quello delle detrazioni spettanti. In parole povere, significa che il contribuente deve avere “capienza Irpef”: se le detrazioni di cui usufruisce sono pari o superiori alla somma versata come imposta sul reddito, non avrà diritto al beneficio. Il motivo è semplice: trattandosi di uno “sconto” sull’Irpef non può essere erogato a chi è esentato dall’imposta.

Nei fatti, dunque, anche quei lavoratori che si trovano sotto la cosiddetta “no tax area” non avranno diritto al bonus. Sono perciò esclusi gli incapienti, cioè tutti i contribuenti che hanno un reddito imponibile inferiore a 8.500 euro, un paletto che lascia fuori milioni di lavoratori poveri e con un part-time.

Tra coloro che riceveranno il bonus, inoltre, molti non riusciranno ad arrivare a prendere 100 euro a causa di alcune determinate decurtazioni legate ai contributi Inps, dell’Irpef e delle addizionali locali. Occhio alle ritenute, quindi: sempre secondo il meccanismo di funzionamento dell’incentivo finora noto, il bonus in questione dovrebbe essere a importo variabile a seconda dell’aliquota e delle detrazioni d’imposta spettanti al dipendente. L’aliquota da considerare è quella marginale del 23%, trattandosi di redditi complessivi fino a 28mila euro.

Da considerare c’è inoltre che l’importo spettante sarà rapportato al periodo di lavoro e, quindi, se un lavoratore sarà assunto il 1° luglio il bonus di partenza sarà di 50 euro e su questo saranno applicate le ritenute. Significa che solo chi ha maturato dodici mesi di lavoro nel 2024 avrà dunque diritto all’indennizzo pieno da 100 euro lordi (77 netti). Con un periodo lavorato di sei mesi, l’importo lordo sarà di 50 euro e la somma spettante al netto dell’Irpef sarà di 38,5 euro (con un l’aliquota del 23%).

La richiesta al datore di lavoro

L’incentivo economico dovrebbe interessare circa 1,1 milioni di famiglie. Per ottenerlo, sarà il lavoratore a chiedere il bonus al datore di lavoro, attestando per iscritto di averne diritto e indicando il codice fiscale sia del coniuge che dei figli. A loro volta i sostituti d’imposta potranno recuperare il credito maturato in compensazione con le imposte e i contributi da versare. Inoltre, saranno sempre i sostituti d’imposta a verificare in sede di conguaglio il diritto all’indennità e, se la stessa si dovesse rivelare non spettante, saranno i datori di lavoro a recuperare l’importo già erogato.

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