Vittoria di Kast segna un nuovo capitolo per il liberalismo in Cile
José Antonio Kast, esponente del liberal-nazionalismo cileno, ha trionfato nelle recenti elezioni, un evento che offre spunti significativi per comprendere la dinamica politica in America Latina. La sua vittoria rappresenta un consolidamento della democrazia cilena, in un contesto in cui né lui né il suo avversario, Gabriel Boric, contestano la legittimità dell’altro. La stabilità istituzionale è emersa chiaramente, con una alternanza politica ben definita: dal 2010, il governo è sempre stato appannaggio dell’opposizione rispetto alla legislatura precedente, riporta Attuale.
Il programma di Kast è caratterizzato da una combinazione di cattolicesimo tradizionale, liberismo economico e ferme posizioni contro l’emigrazione illegale e il narcotraffico, nonché da una solida alleanza con gli Stati Uniti, elementi tipici del liberal-nazionalismo. Tuttavia, questo non è l’unico aspetto innovativo della situazione attuale. Negli ultimi dieci anni, in America Latina si è assistito a una notevole evoluzione nel panorama politico, con l’emergere di forze liberal-nazionaliste e conservatrici che si sono spesso integrate in nuovi movimenti politici e think tank.
Questo blocco, pur nelle sue differenze, si unisce attorno ai temi sostenuti da Kast e alla sua netta opposizione ai trent’anni di progressismo populista, come dimostrato in paesi quali Brasile e Argentina. Il gruppo ha assunto un forte profilo anti-autoritarismo, difendendo i valori democratici occidentali e rifiutando le connessioni con il militarismo legato alla Guerra fredda. La denuncia attiva della dittatura venezuelana, insieme a critiche ai regimi di Cuba e Nicaragua, ha segnato la sua lotta.
Il centrodestra ha siglato successi in diverse nazioni della regione, tra cui Argentina, Uruguay, Paraguay, Ecuador, El Salvador e Repubblica Dominicana, mentre il progressismo sta affrontando sfide significative, soprattutto in Messico e Brasile, a causa della sua incapacità di distanziarsi dalle dittature, come quella di Nicolás Maduro. Questo è evidente nell’imbarazzo attorno al Nobel per la Pace conferito a María Corina Machado, leader della resistenza venezuelana. Le recenti accuse al castro-chavismo e ai legami del presidente colombiano Petro con gruppi marxisti hanno complicato ulteriormente la situazione per la sinistra progressista.
In questo contesto, la recente dichiarazione di Marco Rubio, repubblicano statunitense impegnato nella politica della regione, evidenzia un’importante sfida: la fine delle dittature e il ritorno alla democrazia in Venezuela e Cuba. Questa prospettiva potrebbe consentire una stabilizzazione a lungo termine della regione, favorendo l’estensione dei modelli di alternanza democratica, come quello cileno o brasiliano, e modificando il dibattito pubblico influenzato dai nostalgici della Guerra fredda.