Bombardamento israeliano alla prigione di Evin: un crimine di guerra?
Human Rights Watch (HRW), una delle organizzazioni non governative più rispettate a livello internazionale nel campo dei diritti umani, ha recentemente pubblicato un report riguardante gli effetti devastanti del bombardamento israeliano sulla prigione di Evin, situata a Teheran. L’evento, avvenuto il 23 giugno, è accaduto un giorno prima che si concludesse una guerra di dodici giorni tra Israele e Iran, riporta Attuale.
La prigione di Evin, attiva dal 1972, è tristemente nota per aver ospitato dissidenti politici già prima della Rivoluzione islamica del 1979. Con l’instaurazione della Repubblica Islamica, Evin è diventato un simbolo temuto del regime, con detenuti incarcerati senza accuse reali per motivi ideologici e politici. I prigionieri affrontano condizioni di vita terribili, trovandosi in celle sovraffollate e fatiscenti, oppure in isolamento in ambienti angusti e senza finestre. Tra i celebri detenuti, la giornalista italiana Cecilia Sala ha trascorso tre settimane all’interno di questa prigione.
Secondo fonti giornalistiche e funzionari iraniani, l’attacco ha provocato la morte di almeno 80 persone, incluse guardie carcerarie, detenuti e visitatori. Human Rights Watch ha suggerito che il numero potrebbe essere addirittura più elevato, basandosi sulle testimonianze delle famiglie di prigionieri uccisi durante il bombardamento. Media statali iraniani hanno confermato l’identità di 41 vittime tra il personale di sicurezza, oltre a riconoscere che almeno sette detenuti sono stati uccisi.
HRW ha rivelato che, al momento dell’attacco, oltre 1.500 persone erano detenute nella prigione, tra cui oppositori politici e cittadini stranieri perseguitati dal regime. L’ong ha accusato Israele di aver preso di mira un luogo non considerato obiettivo militare, lanciando l’attacco in orari di visita, che garantivano la presenza di un numero significativo di persone.
Le autorità israeliane inizialmente non avevano giustificato l’attacco con ragioni militaristiche, ma si erano focalizzate sugli obiettivi simbolici. I ministri israeliani hanno affermato che l’intento era quello di colpire luoghi associati al regime iraniano, cercando di indebolire l’apparato autoritario attraverso questo bombardamento.
In seguito all’attacco, HRW ha denunciato che molti detenuti sono stati trasferiti in altre strutture carcerarie, note per le loro condizioni disumane, come le prigioni femminili di Qarchak e maschili di Fashafouyeh. Le famiglie dei detenuti hanno espresso preoccupazione, poiché non hanno più avuto notizie dei loro cari, inclusi cittadini di almeno nove paesi.
La situazione è ulteriormente aggravata dalla mancanza di trasparenza sul numero esatto di prigionieri trasferiti e sul loro stato. Il caso di due cittadini francesi, accusati di spionaggio e detenuti per tre anni, ha suscitato preoccupazioni internazionali, in particolare dopo che il governo francese ha richiesto la loro liberazione, ma senza ottenere risposte chiare.
Attraverso l’analisi di video e immagini satellitari, HRW ha identificato almeno otto aree della prigione di Evin colpite durante l’attacco. Secondo organizzazioni umanitarie, questo bombardamento rappresenta una grave violazione dei diritti umani e potrebbe configurarsi come un crimine di guerra, data l’assenza di obiettivi militari specifici e la presenza di civili durante l’attacco.
L’appello è ora rivolto alla comunità internazionale affinché venga effettuata un’indagine approfondita sugli eventi di quel giorno e affinché venga garantita la sicurezza e il trattamento umano dei detenuti nelle carceri iraniane, in un contesto già segnato da gravi violazioni dei diritti umani.