Il ritorno degli ostaggi israeliani: sarà tempo di guarigione e recupero

13.10.2025 23:05
Il ritorno degli ostaggi israeliani: sarà tempo di guarigione e recupero

DALLA NOSTRA INVIATA
TEL AVIV – I ragazzi sono tornati. Sono tornati tutti e venti. L’incubo è finito. Gli ultimi figli e fratelli d’Israele rinchiusi a Gaza hanno fatto ritorno «habaita», a casa. La guerra è finita, nessuno si azzarda a parlare di pace, parola bellissima che ancora sembra un miraggio qui, ma i giovani uomini da 738 giorni tenuti prigionieri nei tunnel di Hamas sono finalmente liberi e il fragile processo di guarigione di un intero Paese può avere inizio, riporta Attuale.

Negli ospedali 

Sorridono nelle foto e nei video che diffonde l’esercito. Sorridono appena fuori il confine, lo fanno dagli elicotteri. Sono pallidi, ma sembrano meno sofferenti dei compagni di prigionia rilasciati nel febbraio scorso. Stanno bene? «Non si può giudicare dall’aspetto esteriore», dicono tutti gli specialisti. Questo non è il tempo del racconto degli orrori che hanno subito, visto, provato. Ma è quello degli abbracci con le famiglie, che li aspettano a casa. Da ieri, sono ricoverati negli ospedali più grandi del Paese, al Beilinson, all’Ichilov, allo Sheba. Sono stati accolti dai medici per i primi controlli. «Per ciascuno di loro, abbiamo creato un’equipe personalizzata che include anche psicologi, fisioterapisti e dietologi», racconta Lena Koren Feldman, direttrice del Beilinson. Ogni ospedale gli ha dedicato un reparto dove potranno passare del tempo con i familiari: «Offriamo lo spazio e il silenzio di cui hanno bisogno dopo un periodo così lungo e difficile».

La prima canzone

E dalle stanze, arrivano via video i primi scorci di ritorno alla vita. I genitori accarezzano le teste dei figli come facevano quando erano bambini. Li toccano come se volessero essere sicuri che sia tutto vero. Si vede Matan Angrest, soldato di 22 anni rapito da un carro armato, seduto sul letto accanto al padre mentre ascolta la prima canzone che sceglie dopo due anni senza musica. La canta e ride, non smette di ridere. Alon Ohel, pianista rapito al Nova Festival, è tra i genitori che gli stringono le mani. La madre Idit racconta che il ragazzo ha perso la vista da un occhio. «Non riesce a vedere bene dall’occhio destro. La sua vista è molto offuscata. Non è ancora stato sottoposto a visite mediche complete». Spiega anche che il figlio ha scoperto di essere rilasciato solo nelle ultime 48 ore: «Prima non lo sapeva. Aveva intuito che stava succedendo qualcosa, ma solo due giorni fa gli è stato detto che se ne sarebbero andati».

Mamme e fidanzate

Maxim Herkin tiene il viso del padre tra le mani in attesa di riabbracciare sua figlia che oggi ha 5 anni. Bar Kuperstein, sempre sequestrato al Nova, affonda il volto nelle spalle della madre. La coraggiosa Einav Zangauker, da due anni in prima linea per la liberazione degli ostaggi, ripete al suo Matan: «Sei un eroe». Ci sono anche le fidanzate, alcune, ex prigioniere come i compagni. Avinatan Or, sequestrato al Nova, rivede e bacia Noa Argamani, anche lei portata a Gaza il 7 ottobre su una moto di Hamas e liberata nel 2024 in un’operazione dell’Idf.

La guarigione

Ariel Cunio — fratello di un altro prigioniero, David — riabbraccia la sua compagna, Arbel Yehoud, anche lei sopravvissuta alla prigionia. «Per più di due anni, la speranza di stare di nuovo con lui è stato ciò che mi ha spinto ad andare avanti», racconta la ragazza. «Dal mio rilascio, mi sono dedicata interamente alla lotta per il ritorno del mio Ariel, di David e di quello di tutti gli ostaggi. Ora che sono a casa, possiamo finalmente dedicarci alla nostra guarigione, al recupero e a elaborare il lutto per la perdita e l’assenza del mio amato fratello, Dolev».

«I nostri figli morti»

Se i venti ostaggi vivi sono tornati, delle ventotto salme, solo quattro hanno superato il confine. Si tratta dei resti dei corpi di Guy Illouz, Yossi Sharabi, Bipin Joshi e Daniel Peretz. Yael Adar, madre di Tamir, il cui corpo è ancora nella Striscia, dice: «Non dimenticatevi di noi, esigete anche il ritorno dei nostri figli morti. La lotta non finirà finché non tornerà l’ultimo prigioniero». E il Forum delle famiglie degli ostaggi chiede l’immediata sospensione dell’accordo tra Israele e Hamas fino alla restituzione di tutti i deceduti.

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