Indebolire l’uomo di Meloni: così l’Italia non avrà il controllo dei miliardi del Pnrr

21.11.2024
Indebolire l'uomo di Meloni: così l'Italia non avrà il controllo dei miliardi del Pnrr
Indebolire l'uomo di Meloni: così l'Italia non avrà il controllo dei miliardi del Pnrr

Ursula von der Leyen vorrebbe spostare il controllo sui fondi dalla Coesione al dipartimento di bilancio. Così i soldi verrebbero sottratti al monitoraggio del commissario italiano Raffaele Fitto

Grandi manovre in corso a Bruxelles sulla gestione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Secondo quanto svela il giornale Politico, Ursula von der Leyen sta valutando una riforma del personale che gestisce il denaro attribuito dall’Unione europea agli Stati membri tramite il Recovery Fund. La Commissione Ue starebbe pensando di spostare le competenze relative al monitoraggio dei fondi, per passarle al dipartimento che si trova sotto il diretto controllo della leader tedesca.

Le rivelazioni arrivano in un giorno che potrebbe essere decisivo per il secondo mandato di von der Leyen e soprattutto per la sua nuova squadra. Alle 17 del 20 novembre è prevista a Bruxelles la riunione de Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari, che potrebbe dare il via libera ai sette Commissari la cui approvazione è stata rinviata dopo le audizioni della scorsa settimana. Al centro dello scontro tra i gruppi politici ci sono soprattutto due nomi: l’italiano Raffaele Fitto e la spagnola Teresa Ribera. Fitto è stato criticato da socialisti e verdi per i poteri eccessivi attribuiti con la vicepresidenza esecutiva. La proposta su chi gestirà i fondi del Recovery Fund potrebbe incidere sul lasciapassare al commissario italiano.  

La manovra prevede di smantellare la direzione generale per le Riforme, la stessa che nella scorsa legislatura era nelle mani del commissario alle politiche di coesione, che ora spetterebbe a Fitto. La riforma sottrarrebbe all’esponente di Fratelli d’Italia il controllo diretto sui finanziamenti dell’Ue destinati all’Italia, oltre che il coordinamento di una squadra di circa 200 funzionari a Bruxelles. Un indebolimento volto ad accontentare i gruppi della maggioranza ufficiale affinché concedano al politico voluto da Giorgia Meloni il loro sì.

Il rimpasto del dipartimento per le Riforme 

Il rimpasto voluto da von der Leyen prevede l’accorpamento di quasi 200 funzionari del dipartimento per le riforme (Dg Reform) con la divisione responsabile della liquidità post-pandemia dell’Unione europea. Questa revisione, per ora solo un’ipotesi, punta a facilitare l’estensione del modello “cash-for-reforms” (denaro in cambio di riforme) voluta dalla Commissione.  Originariamente applicato al Recovery Fund, potrebbe essere applicato al prossimo bilancio settennale, la cui entrata in vigore è prevista nel 2028. Secondo voci di corridoio che circolano a Bruxelles, la manovra allo stesso tempo consentirebbe a von der Leyen di rafforzare il suo controllo diretto sulla distribuzione del bilancio. Si tratta di 1,2 trilioni di euro dell’Ue. Si tratterebbe infatti di un potenziamento dell’unità di recupero, che lei supervisiona in modo diretto. 

Il modello “denaro in cambio di riforme”

Il modello “denaro in cambio di riforme” prevede regole specifiche, in base alle quali gli Stati membri sono tenuti ad attuare riforme economiche fondamentali in cambio dell’accesso alla loro quota di finanziamenti dell’Ue. In questo modo, su suggerimento di von der Leyen, i piani nazionali elaborati su misura, come il Pnrr italiano, collegano i pagamenti alle riforme e agli investimenti. L’erogazione del denaro da parte del dipartimento ha aiutato finora a rendere più efficienti le burocrazie nazionali e regionali. Un sostegno apprezzato sia dagli Stati membri che dalle regioni , come sottolineato dalla commissaria uscente per la coesione, Elisa Ferreira, parlando davanti al Parlamento europeo.

A disposizione del dipartimento ci sono 864 milioni di euro per sette anni, con scadenza nel 2027. Grazie al denaro erogato sono stati sostenuti circa 1.800 progetti, che spaziano dalla riforma fiscale a quella dell’istruzione. Le voci più critiche reputano però che gran parte dei fondi erogati finisce nelle mani di organizzazioni di consulenza, che supportano gli enti nazionali e locali a realizzare le riforme chieste dall’Ue. In base ai dati forniti dalla Commissione europea, nel periodo tra il 2021 e il 2024 c’è stato però un miglioramento, con l’esternalizzazione a società di consulenza che sarebbe scesa dal 53 per cento al 26 per cento dei finanziamenti totali. 

Meno potere per Raffaele Fitto alla Coesione

La proposta dell’esecutivo Ue su questa riforma dovrebbe essere presentata nella seconda metà del 2025 e necessiterebbe comunque dell’approvazione all’unanimità dei 27 Paesi dell’Ue. Secondo i funzionari, von der Leyen otterrebbe in questo modo un maggior potere diretto sui fondi. Risulterebbe invece indebolito il commissario che si occupa dei finanziamenti regionali, che al momento controlla anche il dipartimento per le riforme. Si tratta del ruolo che von der Leyen ha attribuito a Raffaele Fitto, in seguito alla nomina proposta da Giorgia Meloni. Fitto, a cui è stato attribuito anche il titolo di vicepresidente esecutivo della Commissione, è rimasto in stand-by dopo l’audizione davanti agli eurodeputati europei.

Il rinvio deriva dalle obiezioni mosse sia dai socialisti che dai verdi, che criticano l’appartenenza dell’italiano al gruppo dei Riformisti e conservatori (Ecr), che ufficialmente non fa parte della maggioranza von der Leyen. La riforma contribuirebbe a ridurre il suo ruolo, considerato troppo prestigioso agli occhi dei suoi detrattori. Una manovra che necessita comunque dell’approvazione da parte del Collegio dei commissari, che potrebbe diventare operativo a partire dal primo dicembre. Tutto dipende dal voto fondamentale del 27 novembre, quando gli eurodeputati riuniti in plenaria a Strasburgo decideranno se accendere il semaforo verde alla squadra di von der Leyen, Fitto incluso. 

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