Arriva oggi alla Camera la mozione unitaria delle opposizioni, firmata da Pd, M5S e Avs ad aprile: il testo, articolato in undici punti, chiede all’esecutivo di riconoscere lo stato di Palestina, impegnarsi per la proclamazione di un cessate il fuoco, fermare la vendita di armi a Israele e importazioni delle stesse dallo stato ebraico.
E SU QUESTO PUNTO la discussione si è già infuocata ieri a Montecitorio, in commissione difesa. Ieri, infatti, la commissione era chiamata a votare il proprio parere su uno schema di decreto presentato dal ministro della difesa Guido Crosetto lo scorso 15 aprile relativo al proseguimento di programmi di riarmo avviati nel 2020. Il programma, la cui terza fase è stata posta ieri in votazione, avrà un costo di 1,6 miliardi di euro e prevede anche la conversione di due jet Gulfstream G550 in velivoli militari con funzioni prevalentemente di spionaggio. Per farlo l’Italia acquisterà tecnologia direttamente da Tel Aviv: la conversione è operata dalla società israeliana Elta Systems Ltd, parte del gruppo Israel Aerospace Industries, di proprietà del governo.
IL PROVVEDIMENTO, in scadenza il 26 maggio, era già arrivato al Senato la scorsa settimana ed era stato approvato con la contrarietà del Movimento 5 stelle e l’astensione del Partito democratico, in quanto il programma era iniziato nel 2020, prima dell’ultima offensiva israeliana a Gaza e del recente blocco degli aiuti umanitari. Ieri alla Camera – dove la commissione bilancio il 6 maggio ha liquidato con parere favorevole il decreto con una discussione durata appena cinque minuti – la commissione difesa ha nuovamente votato in modo favorevole al provvedimento.
In fase di discussione è intervenuto Marco Grimaldi (Avs), dopo aver avanzato richiesta di essere parte della commissione, per presentare un parere alternativo sul provvedimento e chiedendo di sospendere ogni accordo con Israele. «Arriviamo da Rafah, alle porte di Gaza. Dove la nostra missione si è fermata alle porte dell’inferno. Non sentivamo le parole dei bimbi ma le bombe», ha esordito, per poi ricordare come nel 2024 l’Italia abbia importato da Israele materiali da armamento per 155 milioni, salito dalla settima alla seconda posizione tra i paesi importatori con 42 autorizzazioni. Voto contrario è arrivato anche da Arnaldo Lomuti di M5S: «Una maggioranza di governo che non ha vergogna nel finanziare il genocidio a Gaza». Sul fronte del no questa volta si è allineato anche il Pd: «Si tratta di una scelta che riteniamo sbagliata e politicamente miope, soprattutto alla luce della drammatica escalation in corso nella striscia di Gaza». Al termine della discussione Grimaldi ha accusato i componenti della maggioranza, gridando «Fate schifo!» dopo che la votazione era stata chiusa frettolosamente.
OGGI LA DISCUSSIONE riparte, con la mozione in arrivo a Montecitorio e un flash mob convocato da Assopace Palestina, Arci e Aoi atteso dalle 11.30 fuori dal Parlamento. Ieri le opposizioni hanno chiesto che sia presente in aula la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, mentre l’Italia votava contro la revisione dell’accordo di associazione con Israele al consiglio degli affari esteri dell’Unione europea.
«Finalmente l’Ue prova a fare un passo per superare il doppio standard sulla sistematica violazione del diritto internazionale compiuta dal governo israeliano a Gaza. Secondo alcune fonti, l’Italia è contraria. Una vergogna. È quello che domani chiediamo nella mozione. Ci ripensino», ha commentato in serata Peppe Provenzano, responsabile esteri del Pd. Di «asse criminale Roma-Berlino» parlano invece i parlamentari M5S, riferendosi al voto contrario di Italia e Germania.
LA MAGGIORANZA intanto ha preparato un proprio testo alternativo che sarà presentato oggi in aula. Il testo parla di quattro impegni, che includono uno stop ai combattimenti, l’ingresso degli aiuti del programma italiano «Food for Gaza» nella Striscia e una soluzione a due stati. Già dalle premesse si smarca da quello presentato dalle opposizioni. Il riconoscimento dello stato palestinese è già stato bocciato più volte in aula, si ricorda: «Diversi stati europei hanno riconosciuto la Palestina come stato indipendente. Altri governi occidentali, tra cui l’Italia, ritengono che un tale atto debba essere ricompreso all’interno di una più ampia serie di azioni volte a porre fine al conflitto a raggiungere la soluzione a due stati».