La Corte approva la posizione di Trump sui migranti: un carcere tra gli alligatori in Florida

25.06.2025 07:55
La Corte approva la posizione di Trump sui migranti: un carcere tra gli alligatori in Florida

Il carcere “Alligator Alcatraz” in Florida

NEW YORK – Il nome “Alligator Alcatraz” evoca l’immagine di un film di serie B degli anni Settanta, amato da Quentin Tarantino, che descrive un carcere subtropicale con un direttore dall’aspetto immutabile e guardie sudate, mentre i detenuti, con lunghe barbe, tentano un’evasione impossibile a causa di un fossato pieno di coccodrilli. Questo è, in realtà, il progetto recentemente lanciato in Florida per la creazione di un carcere in una zona paludosa che la ministra della Sicurezza interna, Kristi Noem, ha definito come parte di un’iniziativa per istituire centri di detenzione per immigrati. Le ruspe sono già all’opera da qualche giorno.

Il carcere, noto come “Alligator Alcatraz”, sorgerà in un piccolo aeroporto semi-abbandonato nelle Everglades, e secondo il procuratore generale della Florida, James Uthmeier, la struttura sarà attiva entro poche settimane. Alla fine di luglio, si prevede che possa ospitare fino a 5.000 detenuti. Uthmeier ha affermato che coloro che vi saranno rinchiusi non potranno più uscire, richiamando l’attenzione su una proposta di Trump del 2016 riguardo l’uso di fossati con coccodrilli come misura deterrente per i migranti.

La questione dei costi è stata affrontata da Noem, che ha sostenuto che il finanziamento dei centri di detenzione in Florida sarà in gran parte coperto da programmi di alloggio e servizi della protezione civile, il che significa che non graverebbe sulle finanze della Florida stessa. Nel frattempo, una recente decisione della Corte Suprema ha fornito un importante sostegno all’amministrazione Trump in materia di immigrazione, aprendo la strada alla ripresa delle espulsioni verso paesi terzi senza ulteriori requisiti processuali.

L’ordinanza consente infatti di riprendere le espulsioni accelerate di immigrati irregolari e ha suscitato forti reazioni da parte di alcune figure legate ai diritti civili. Stephen Miller, vicecapo dello staff di Trump, ha condannato un giudice di Boston per aver bloccato l’espulsione di immigrati in Sud Sudan, sottolineando come la situazione possa creare tensioni tra poteri giudiziari e esecutivi.

I democratici, d’altra parte, si trovano a fronteggiare un momento difficile. La giudice Sonia Sotomayor ha redatto una nota di dissenso contro la decisione della Corte, denunciando comportamenti “illegali” da parte dell’amministrazione su questioni di vita o di morte, e sottolineando che l’approvazione del provvedimento rappresenta un grave abuso della discrezionalità giudiziaria. Ha affermato che premiare l’illegalità mina i fondamenti del governo di legge.

Questo scenario mette in evidenza la tensione crescente tra le norme giuridiche e le politiche sull’immigrazione, in un contesto dove la protezione dei diritti umani si scontra con le misure di sicurezza. La prospectiva di migliaia di persone potenzialmente sottoposte a violenze in luoghi isolati, a fronte di decisioni rapide della Corte, solleva interrogativi etici e pratici sul trattamento degli immigrati negli Stati Uniti, utilizzando un linguaggio che si dimostra tanto forte quanto emblematico per il periodo attuale.

In sintesi, il progetto “Alligator Alcatraz” non è soltanto un’iniziativa per costruire un carcere; rappresenta un capitolo controverso nella storia dell’immigrazione statunitense, in cui la legge, la sicurezza e i diritti umani si intrecciano in modi complessi. Questo porta a riconsiderare le necessità di riforme sistemiche nel sistema dell’immigrazione, riporta Attuale.

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