La foto che spiega (solo in parte) l’alluvione

20.09.2024
La foto che spiega (solo in parte) l'alluvione
La foto che spiega (solo in parte) l'alluvione

C’è chi sta usando queste immagini per puntare il dito contro la “vera causa dell’alluvione” ma non è così. Mentre tra Regione e Governo va in scena il rimpallo delle responsabilità. Nei fatti gli interventi di somma urgenza pianificati dopo l’alluvione del 2023 sono ancora in corso, molti ancora da programmare. Nonostante i fondi stanziati ma mai “messi a terra”

Il giorno dopo l’alluvione è – come sempre – il giorno delle polemiche, delle accuse e della rabbia di chi ancora una volta si trova ad affrontare acqua e fango dentro le case e nelle attività lavorative. Tra Regione e Governo è iniziato il rimpallo delle responsabilità e lo scaricabarile delle promesse disattese a distanza di meno di un anno dall’alluvione del 2023. C’è una foto e un video che in queste ore stanno diventando virali sui social e mostrano la presunta causa dell’alluvione. Diciamolo da subito: non è così, o meglio non spiega la nuova emergenza. 

“Non dite che è colpa del cambiamento climatico”: il video delle polemiche

L’immagine di copertina è tratta da questo video pubblicato da Condifesa Ravenna, un consorzio di imprenditori agricoli romagnoli. Mostra la situazione del fiume Lamone a mezzogiorno del giovedì 19 settembre 2024 a Boncellino. Qui nel 2023 si era rotto l’argine e tutta la zona era finita sotto acqua e fango. Le immagini mostrano una esondazione a causa dei detriti di legname lasciati nel corso del fiume a monte.

L’enorme “tappo” a ridosso del ponte ferroviario di Boncellino sbarra da sponda a sponda il fiume Lamone nel territorio di Bagnacavallo. L’acqua non riuscendo a scorrere a valle ha varcato l’argine ed è tracimato allagando la zona circostante. Si tratta soprattutto di legna di risulta del disboscamento e incredibilmente non ancora rimossa: appare evidente il mancato controllo sui lavori svolti dalle ditte incaricate, nonostante ripetute segnalazioni.

Chi sta usando questa immagine sui social per puntare il dito contro la “vera causa dell’alluvione” però mette in mostra un singolo episodio in un territorio colpito vastissimo. Solo per restare nella zona di Lugo, il “tappo” sul Lamone si trova a oltre 5 chilometri a monte di Traversara di Bagnacavallo, il paese romagnolo da cui arrivano le testimonianze più drammatiche, dove una persona risulta dispersa dopo il crollo della sua abitazione.

lugo ravenna
L’epicentro dell’alluvione nel Ravennate

Qui i vigili del fuoco sono stati messi a dura prova per salvare gli abitanti dopo la rottura dell’argine con l’acqua che ha invaso il centro cittadino. Della piccola frazione di Bagnacavallo, che conta circa 900 abitanti, restano detriti, fango, macerie, strade e case allagate o crollate, travolte dalla piena. Al momento continuano a non esserci conferme sulla segnalazione dei due cittadini dispersi, partita da un residente che ieri aveva segnalato di aver visto un tetto crollare trasportando via con sé nella piena due anziani. 

Come racconta Ravennatoday, complessivamente un terzo del comune di Bagnacavallo è sott’acqua. E sempre nel Ravennate si registrano le criticità più importanti, non così diverse dalla situazione del 2003. Questa necessaria premessa ci aiuta a capire come il “tappo” di legname sul Lamone sia solo parte di un problema ben più vasto.

In primis: l’Adriatico troppo caldo. Rispetto al maggio del 2023 come ha chiarito il meteorologo Pierluigi Randi a Forlìtoday, le condizioni sono state molto diverse, avvicinandosi assai di più alla categoria di un’alluvioni lampo. Il motore di tutto le temperature del mare: “Nel 2023 la massa d’aria particolarmente umida e ricca di vapore acqueo fu prelevata dal cuore del Nord Africa; questa volta è affluita direttamente da un Adriatico particolarmente caldo dopo un’estate estrema. Un surplus di energia che a contatto con l’aria fredda proveniente dal Centro Europa ha portato a piogge prolungate. Peraltro, questa caratteristica si sta riscontrando con particolare frequenza negli ultimi anni, accrescendo sempre il rischio di eventi di pioggia estrema. In pratica si è verificato lo scenario peggiore tra quelli previsti”

“Sui rilievi del ravennate e del forlivese sono caduti fino a 150-180 millimetri in 2-3 ore di pioggia”

Il meteorologo Pierluigi Randi a Forlìtoday

I dati statistici sono chiari: dovremo adattarci con politiche sul territorio adeguate, poiché pioverà di meno nell’arco dell’anno, ma quando lo farà, le piogge saranno più violente. E qui si innesca la polemica politica sull’uso dei fondi. Perché l’alluvione, come nel 2023, era assolutamente prevista.

I fondi anti alluvione e i lavori mai fatti

A concorrere agli allagamenti ha contribuito l’esteso consumo di suolo in Emilia-Romagna: in pianura, specialmente nel dopoguerra, si è costruito in maniera consistente anche in aree che oggi con queste piovosità presentano gravi criticità. E i geologi sono concordi servono casse di espansione, riprofilatura delle golene, risezionamento degli argini, ma sopratutto occorre dare spazio ai fiumi e all’acqua spostando gli argini.

“Sappiamo che c’è un folto gruppo di pensiero che invoca continuamente come un mantra la pulizia dei fiumi e dei fossi come operazione necessaria e sufficiente per affrontare il problema, ma si tratta di soluzioni che con queste precipitazioni sono paragonabili alle cure omeopatiche” spiega a Bolognatoday Paride Antolini, presidente dell’ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna.

“Ci vorranno anni per risolvere in parte i problemi” 

Paride Antolini, geologo

Tante cose da fare quindi, ma chi paga? La polemica delle ultime ore tra Governo (e la maggioranza di centrodestra) e Regione (retta dal Pd) verte tutta sui fondi richiesti, mai stanziati o mai arrivati “a terra”. In particolare il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci ha spiegato come l’operato del commissario all’emergenza alluvione 2023, il generale Francesco Paolo Figliuolo, sia stato ritardato dalla mancata definizione delle richieste e pianificazione degli interventi da parte dall’ente regionale.

Dopo gli eventi alluvionali del maggio 2023 che coinvolsero 70mila cittadini e 16mila imprese, la Regione stimò 8,5 miliardi di euro di danni. A giugno, a urne ancora “calde”, il Governo varò il decreto legge mettendo a disposizione 210 milioni di euro per le famiglie coinvolte, circa 6mila euro per riarredare ogni casa danneggiata. Poi arrivarono altri sostegni alle quasi 2mila famiglie che invece casa avevano dovuto abbandonarla, e alle imprese e ai lavoratori finiti in cassa integrazione. Alle famiglie i pagamenti arrivano solo ad aprile 2024.

A conti fatti dal Governo sono stati stanziati in prima battuta 1,6 miliardi di euro (invece dei 2,2 miliardi promessi), fondi da suddividere anche con Toscana e Marche, dove anche si registrarono notevoli criticità. Sempre alle tre regioni il governo assegna a luglio 2023 altri 2,7 miliardi di euro, fondi per opere pubbliche da realizzare in tre anni. Sul sito della regione una mappa mette in evidenza la situazione. 

cantieri ricostruzione
La mappa dei cantieri dopo l’alluvione del 2023

La maggior parte dei cantieri è ancora in corso, molti ancora da programmare. Proprio i fiumi Lamone e Sennio che più hanno dato problemi in questi giorni, figuravano tra i 27 interventi di somma urgenza per oltre 21 milioni di euro. Il rendiconto regionale ne stima solo 7 conclusi mentre la maggior parte, 13, ancora in progettazione.  

” Avevamo ripristinato tutti gli argini – spiega la presidente della Regione facente funzione Irene Piolo dalla prefettura di Ravenna – ma con cumulate come questa l’acqua lì dentro non ci sta: motivo per cui servono i vari interventi, comprese le casse di espansione”. Secondo la regione servono altri 4,5 miliardi per ridurre il rischio residuo e 1,9 miliardi per mettere in sicurezza i ponti. 

“I fondi che ci vengono dati ogni anno per la prevenzione del suolo non sono sufficienti – spiega Priolo – Questi piani dovevano essere approvati prima della pausa estiva, ma Figliuolo si è preso tempo per attendere il parere del Ministero dell’ambiente, del ministero delle imprese e del ministero dell’economia: una volta che i ministeri daranno il parere, Figliuolo li deve approvare e firmare, poi parte il finanziamento”

Adattarsi al cambiamento

Insomma, la solita burocrazia elefantiaca che con difficoltà riesce a rispondere all’emergente crisi climatica. Eppure al netto dell’evento eccezionale, è evidente come anche la manutenzione ordinaria sia manchevole. Dal secondo dopoguerra in poi, i fiumi sono andati incontro quindi ad un processo di canalizzazione innaturale. Quando poi – come in Romagna –  fiumi e torrenti sono ridotti a canali con case e aree industriali costruiti ai piedi dell’argine, il danno è certo.

La pulizia dal legname secco non risolve tutto: non resta che dare spazio ai fiumi, nonostante possa far storcere il naso. In alcune aree si dovrà giocoforza andare in contro a espropri, ma purtroppo stiamo pagando a caro prezzo errori di pianificazione decennali. 

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