La lettera sui dazi: cosa chiede Trump all’Unione europea

12.07.2025 23:05
La lettera sui dazi: cosa chiede Trump all'Unione europea

L’idea di mantenere elevati i proventi dalle tariffe e la linea cauta nei confronti di Xi, il quale potrebbe utilizzare la leva delle terre rare, sta creando fratture tra gli alleati nel mercato unico. Riporta Attuale.

Le Recenti Mosse di Trump sul Fronte Commerciale

A maggio, in occasione della celebrazione dei suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca, Donald Trump aveva annunciato entusiasticamente di aver concluso 200 accordi commerciali. Tuttavia, a distanza di due mesi, il numero reale è estremamente ridotto, con solo tre intese firmate: una con il Regno Unito, una con la Cina (che in effetti rappresenta solo una sospensione delle ostilità), e una con il Vietnam, quest’ultima a rischio di cadere.

Frustrato per non riuscire a mettere in pratica la sua immagine di abile negoziatore, e confortato dall’assenza di reazioni significative da parte dei mercati finanziari alle sue recenti intemperanze sui dazi – che hanno colpito Brasile e Canada – Trump ha deciso di rilanciare la sua aggressiva politica commerciale senza alcun riguardo per i suoi alleati. Incoraggiato anche da dati congiunturali positivi, il presidente ha notato che gli incassi derivanti dalle tariffe hanno superato i 100 miliardi di dollari dall’inizio dell’anno, e prevede che a dicembre potrebbero avvicinarsi ai 300 miliardi. Tuttavia, questi introiti non bastano a colmare il grave deficit pubblico né a compensare le misure di stimolo fiscale adottate, pur rappresentando un significativo incremento delle entrate.

Un altro aspetto cruciale è che, ad oggi, non si è ancora manifestata l’inflazione temuta, che potrebbe essere dovuta a un rallentamento dell’economia, segnalato da un PIL negativo nel primo trimestre e da una domanda in calo, il che ha ridotto la pressione sui prezzi. Molti economisti avvertono che i dazi stanno causando danni all’economia globale, compresa quella americana, ma Trump continua a ignorare queste valutazioni, convinto che i suoi sgravi fiscali porteranno a un incremento del reddito nazionale inusitato, con tassi superiori al 6% annuo, una previsione che molti analisti di Wall Street reputano improbabile.

Le recenti spinte commerciali del presidente sono motivate non solo dall’urgenza di ottenere risultati tangibili ma anche da un atteggiamento di fondo che sembra riprendere il «bullismo economico» nei confronti dell’Europa. Questo era un approccio che era stato temporaneamente messo da parte dopo il crollo dei mercati finanziari di aprile e il conseguente deprezzamento del dollaro. Tuttavia, l’attuale clima di sfiducia tra gli investitori nei confronti degli Stati Uniti e della sua valuta come rifugio sicuro è allarmante.

Recentemente, Trump ha lanciato una nuova sfida, intimando all’Europa di non reagire in modo aggressivo alle sue misure, con la minaccia di raddoppiare i dazi al 60%. Queste intimidazioni sono rivolte a una già cauta Unione Europea, che ha finora cercato di mantenere un atteggiamento di appeasement, evitando di annunciare ritorsioni significative, anche se ci sono state discussioni su pacchetti di sanzioni dai valori compresi tra 21 e 95 miliardi di euro. A sorpresa, Bruxelles ha mostrato una certa disponibilità a negoziare, esclusa la tassazione delle multinazionali americane operanti all’interno dell’UE, il che è stato accolto come un segnale positivo da parte di Trump.

In questo contesto, il solo blocco trattato con un certo rispetto è stato quello cinese. Trump ama colpire i più deboli ma rispetta coloro che possono contrapporsi, come Xi Jinping, considerato molto più potente dell’Unione Europea, non solo per il suo potere economico, ma anche per il potenziale di interrompere le forniture di terre rare necessarie per l’industria hi-tech.

Privati della loro forza negoziale, i rappresentanti europei hanno promettendo un aumento delle importazioni di gas e armi dagli Stati Uniti, cercando emulazioni dell’approccio britannico di ottenere esenzioni specifiche in settori strategici. Tuttavia, mentre il Regno Unito ha ottenuto esenzioni per le industrie aeronautiche e automobilistiche, l’Unione Europea deve affrontare un contesto molto diverso, dato l’alto valore delle esportazioni automobilistiche degli europei, giapponesi e coreani verso il mercato statunitense.

In definitiva, l’atteggiamento di Trump si concentrerà su altre debolezze dell’Europa, che sebbene costituisca un mercato unico con un’autorità commerciale, presenta divisioni interne che potrebbero emergere e potenzialmente destabilizzarsi. Il cancelliere tedesco Merz, per esempio, si è mostrato desideroso di spingere le negoziazioni su quattro settori chiave – auto, chimica, farmaceutica e meccanica – escludendo dal discorso quello alimentare, cruciale per l’Italia.

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