La liberazione del rapitore di Tommy Onofri: la madre esprime il suo dolore e la sua incredulità

31.08.2025 02:05
La liberazione del rapitore di Tommy Onofri: la madre esprime il suo dolore e la sua incredulità

La storia di Paola Pellinghelli: una madre che non dimentica

Parma, 31 agosto 2025 – In quasi vent’anni, Paola Pellinghelli non ha mai ceduto né vacillato, pur portando il dolore, il rimpianto e la malinconia come compagni quotidiani. La sua identità anagrafica è stata sovrapposta a un’altra: quella di madre del piccolo Tommy, per tutti. Signora Pellinghelli, Salvatore Raimondi ha chiuso i conti con la giustizia e ora è un uomo libero, riporta Attuale.

“Chi più chi meno, sono liberi. La Conserva continua ad avere dei permessi. Forse li ha anche Alessi, ma non mi interessa saperlo. Non voglio sapere niente dell’uomo che ha ucciso mio figlio. Anzi, non voglio sapere niente di tutti e tre. Ci sono notizie che fanno sempre male, anche dopo vent’anni”.

Quando le viene chiesto se dubita della certezza della pena, risponde: “L’unica pena certa è la mia. L’unico vero ergastolo è il mio, quello che ho vissuto in tutto questo tempo, che continuo a vivere e che mi porterò fino alla tomba. Quelli vengono fuori. Buon per loro. Faranno i conti con la loro coscienza, se ne hanno una. C’è qualcuno più in alto. Ho fede. È l’unico giudice in cui credo. Quelli terreni lasciano un po’ a desiderare. Quello lassù è giusto e infallibile”.

I tribunali hanno creduto alla versione di Raimondi di non avere preso parte all’omicidio. “Per me sono tre delinquenti. Li metto sullo stesso piano. Mi hanno detto che Raimondi aveva collaborato con gli inquirenti, ma per me non è migliore degli altri”.

Nonostante il dolore, la signora Pellinghelli non esprime odio. “L’odio è un sentimento che non conosco. Per questo mi reputo molto, molto fortunata. Non voglio sentire parlare di perdono. Nello stesso tempo dico che per me quei tre non esistono. Esistono solo quando qualcuno me li ricorda, come adesso. Ignorarli mi aiuta molto”.

Parlando della sua vita, ammette: “La mia non è vita, è sopravvivenza. Soprattutto le mie erano notti di chi cercava di sopravvivere. Lottavo con gli attacchi di panico, adesso pare che vada un po’ meglio. L’aiuto più grande è stato mio figlio Sebastiano. All’epoca era piccolo, aveva otto anni. Aveva bisogno che gli stessi vicino. Nello stesso tempo è stato la mia forza”.

Non ha mai lasciato la casa di Casalbaroncolo. “L’avrei venduta subito. È stato Sebastiano a dirmi: ‘Non mi farai anche questo?’. Era ancora un bambino, aveva già un carico pesante da portare, non ho voluto che gli pesasse anche quello di dover lasciare la casa. Così siamo rimasti. La casa è un po’ grande, sto invecchiando, mi accorgo di fare un po’ fatica. Comunque, se la venderò, lascerò qui il mio cuore”.

Raccontando cosa rimane di Tommy in casa, Paola dice: “Tommy è in questa casa. C’è nato. Sì, qualche foto, qualche ritratto. Tommy non ha bisogno di cose esteriori. E poi c’è l’associazione ‘Tommy nel cuore’ che prosegue nel suo impegno. La nostra ultima iniziativa è stata l’acquisto di un pulmino per il trasporto disabili, grazie alle donazioni e in collaborazione con l’assistenza pubblica. L’anno prossimo organizzeremo una camminata. Con l’associazione ‘Filodijuta’ continuiamo ad aiutare la scuola in Bangladesh intitolata a Tommy”.

Infine, le viene chiesto perché proprio Tommy. “Fra tante domande questa è stata la prima: perché lo hanno fatto, perché mio figlio? Me lo chiedo ancora. Con il tempo mi viene da pensare che Tommy fosse qualcosa di speciale. Ci sono persone che mi dicono di essere state aiutate da lui. Un signore mi ha raccontato di essere stato in coma per una grave patologia. Ha visto Tommaso. Non era mai stato in casa mia e l’ha descritta. Ha descritto esattamente la camera di Sebastiano, azzurra, tutta in legno. E potrei raccontare di tanti altri”.

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