L’Unione europea ha fornito almeno 11 miliardi di euro al governo di Ankara che, in cambio, si è impegnato a tenere chiuse le frontiere a coloro che tentano di raggiungere illegalmente il vecchio continente. Soldi che sono forniti dai contribuenti europei
Per la sua posizione geografica, la Turchia rappresenta un importante punto di transito per milioni di migranti diretti verso l’Europa. Ma dopo la crisi dei rifugiati nel vecchio continente nel 2015, il Paese è diventato un centro di accoglienza per chi fuggiva delle guerre e dalle persecuzioni grazie ai contributi europei. Contributi che, secondo una recente inchiesta giornalistica, vengono utilizzati da Ankara per deportare i rifugiati siriani e afgani nei loro paese d’origine.
Le deportazioni forzate con i soldi europei
Facciamo un passo indietro. Nel 2016 Bruxelles e Ankara firmarono l’accordo sulla migrazione Ue-Turchia, il cosiddetto Facility for Refugees in Turkey: l’Unione europea ha fornito almeno 11 miliardi di euro al paese guidato da Recep Tayyip Erdogan che, in cambio, si è impegnato a tenere chiuse le frontiere a coloro che tentano di raggiungere illegalmente il vecchio continente.
Attualmente oltre 3 milioni di rifugiati siriani e afgani vivono in Turchia. Qualcosa però è cambiato negli ultimi anni. Il governo turco ha iniziato a usare gran parte delle infrastrutture finanziate dall’Unione europea per ridurre il numero di richiedenti asilo che ospita, radunando e deportando forzatamente siriani, afghani e altri che affrontano pericoli nei loro paesi d’origine. È quanto emerge da un’inchiesta di Politico e di altri otto media internazionali in collaborazione con l’organizzazione non profit Lighthouse Reports. Il rapporto fa luce sul nuovo modus operandi della Turchia, che costringe i rifugiati siriani e afgani a firmare documenti per un fittizio ritorno volontario nella Siria devastata dalla guerra e nell’Afghanistan controllato dai talebani. La maggior parte dei 37 ex detenuti intervistati dall’ong e dai media internazionali “hanno descritto di essere stati costretti o di avere subito pressioni per firmare moduli di rimpatrio volontario o di aver ricevuto moduli firmati per loro senza il loro consenso”.
Il tutto, denunciano i media, avviene nella vasta rete di centri migranti e con i mezzi finanziati dall’Unione europea. I rifugiati e i richiedenti asilo subiscono “pestaggi diffusi e sistematici”, non hanno “accesso agli avvocati”, e vivono in “sovraffollamento e condizioni igieniche precarie nei centri di espulsione in Turchia finanziati dall’Ue”, si legge in un comunicato di Lighthouse Reports, secondo cui “Bruxelles ha speso almeno 213 milioni di euro per i centri di espulsione in Turchia dal 2007”. Si tratta di soldi di contribuenti europei che, senza volerlo, finanziano maltrattamenti ed espulsioni forzate. Come si legge nell’inchiesta, i detenuti hanno denunciato torture, negligenze e il diniego di accesso alle strutture finanziate dall’Ue destinate a migliorare le loro condizioni. Ma le loro segnalazioni, come quelle dei diplomatici europei, sono state puntualmente ignorate.
La Commissione europea per le Partnership internazionali, attraverso la portavoce Ana Pisonero, è intervenuta dopo la pubblicazione dell’inchiesta, affermando che “i fondi indirizzati dall’Ue per i centri di rimpatrio e il sistema di rimpatri volontari” in Turchia sono “pienamente rispettosi degli standard internazionali ed europei”. La portavoce ha inoltre precisato che “i diritti fondamentali e il principio di non-respingimento devono essere sempre rispettati, in ogni decisione di rimpatrio, ed è responsabilita delle autorità turche investigare su ogni accusa di irregolarità, e noi le sollecitiamo a farlo”.
I rischi per chi viene deportato
L’inchiesta documenta anche “due decessi segnalati dopo la deportazione dalla Turchia: un ex ufficiale dell’esercito afghano sarebbe stato ucciso dai talebani dopo essere stato deportato nell’agosto 2023, denunciano due suoi parenti; mentre un uomo siriano sarebbe stato arrestato a un posto di blocco del regime e ucciso durante la detenzione nel giugno 2024, hanno raccontato due fonti dalla città natale dell’uomo”. L’accordo di otto anni fa è stato presentato dalle autorità europee come un grande sforzo umanitario per aiutare i rifugiati in difficoltà. Molti critici hanno invece osservato che l’intesa, finanziata dai contribuenti europei, è finalizzata a ridurre al minimo gli arrivi dei migranti nel vecchio continente, in cambio di una cospicua somma fornita alla Turchia. Che a sua volta li rimpatria nei loro paesi d’origine.