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Le navi da crociera che affondano la COP30 in Brasile
Bentrovati,
Da quando ha riconquistato la presidenza brasiliana per la terza volta non consecutiva (in mezzo anche 580 giorni di carcere), Luiz Inácio Lula da Silva non fa mistero di puntare ad un traguardo ambizioso: entrare nella storia come leader di un nuovo multilateralismo globale (notizia fresca di giornata: il Brasile si unisce al Sudafrica nella causa contro Israele per genocidio a Gaza). Le sue doti diplomatiche, però, finora non sembrano aver centrato l’obiettivo. La presidenza del G20 si è conclusa lo scorso anno senza infamia né lode (e con qualche attrito regionale). Nessuno ha preso in considerazione la sua offerta di mediazione fra Russia e Occidente per il conflitto in Ucraina. Il cinese Xi Jinping ha disertato il vertice dei Brics a Rio (assente “giustificato” il russo Putin che deve sempre evitare l’arresto internazionale). E ora perfino quello che doveva essere l’appuntamento clou della stagione – la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Belém in novembre, COP30 – rischia il fallimento ancor prima di iniziare (e al riguardo, leggete più sotto la notizia sulla grande fuga dall’arcipelago di Tuvalu che affonda), riporta Attuale.
Le aspettative sono, o forse sarebbe meglio dire, erano altissime. Perché partì tutto da Rio da Janeiro, nel 1992 con quel Vertice della Terra, noto anche come “Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo”, che pose le basi per le successive COP: i rappresentanti di 178 Paesi, tra cui 117 capi di Stato, riuniti nella città brasiliana si misero d’accordo per la creazione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) che da allora guida con un vertice annuale i negoziati internazionali sul clima.
Lula ha scommesso la sua credibilità sulla COP30 di Belém, ma gli auspici non sono dei migliori. A preoccupare non è soltanto l’assenza dei “grandi” come gli Stati Uniti – il “negazionista” Donald Trump vuole uscire a tutti i costi dagli Accordi di Parigi sul clima e, in generale, dai consessi Onu – o il susseguirsi di conflitti che hanno spostato gran parte delle risorse dalle politiche ambientali all’acquisto di armi (il costo climatico dell’aumento della spesa militare potrebbe aumentare le emissioni di 200 milioni di tonnellate all’anno, secondo uno studio del Conflict and Environment Observatory). Il “Brasile verde”, mai come quest’anno, è sulla graticola per le scelte contraddittorie, secondo alcuni, ipocrite.
Il 17 luglio, ad esempio, la Camera dei Deputati brasiliana ha approvato un disegno di legge per facilitare le licenze ambientali, ribattezzato dai critici «la legge della devastazione». Una decisione che ha quasi portato alle dimissioni della ministra dell’Ambiente, e storica attivista, Marina Silva, secondo cui «ferisce a morte uno dei principali strumenti di protezione ambientale del Paese». Uno dei punti più controversi del disegno di legge è la Licenza per Adesione e Impegno, in base alla quale i progetti sarebbero approvati semplicemente compilando un modulo online, con il WWF che stima che circa l’80% di tutte le imprese potrebbe beneficiare della nuova regola, compresi i grandi progetti infrastrutturali come le dighe minerarie.
Il percorso per ottenere le licenze ambientali sarà facilitato anche per i progetti ritenuti “strategici” dal governo Lula, come la discussa esplorazione petrolifera al largo della costa amazzonica o il rinnovo dell’autostrada BR-319 che collega le capitali degli stati di Rondônia e Amazonas attraversando 40 aree protette e 50 territori indigeni. Il presidente Lula ha ancora qualche giorno di tempo per porre il veto o promulgare il disegno di legge, già approvato da entrambi i rami del Parlamento. Tuttavia, il Congresso ha il potere di annullare un suo eventuale veto e di portare la legge fino alla Corte Suprema.
Come se non bastasse, prosegue con grande lentezza e non poche difficoltà l’organizzazione del vertice di Belém. La capitale dello stato del Parà non ha strutture ricettive adeguate per accogliere le migliaia di persone che tradizionalmente partecipano alle COP. Il Brasile ha quindi pensato di risolvere il problema allungando ulteriormente la durata della Conferenza: il vertice dei capi di Stato e di governo si terrà il 6 e 7 novembre, seguiranno tre giorni di pausa e i negoziati ufficiali si svolgeranno dal 10 al 21 novembre. Ma chi può permettersi un soggiorno così lungo?
I prezzi sono alle stelle e se le Nazioni Unite hanno già aperto, seppure in ritardo, le procedure di accredito, gli “ospiti” brasiliani faticano a fornire una scelta a prezzi accessibili per gli alloggi; solo Dubai è stata in grado di offrire un giusto rapporto qualità-prezzo. Il governo brasiliano afferma di aver offerto sistemazioni che non superano i 220 dollari a notte per i rappresentanti di alcuni dei Paesi più poveri, dopo le lamentele delle delegazioni africane e del Pacifico riguardo alla mancanza di hotel accessibili. Molte delle camere “governative” saranno su due navi da crociera, noleggiate ad hoc e ormeggiate nel porto di Outeiro – a 30 minuti di distanza dalla sede del vertice – con 3.900 cabine e 6.000 posti letto.
Inizialmente, saranno offerti a 98 dei «più piccoli Paesi in via di sviluppo e nazioni insulari», ha dichiarato Valter Correia, segretario speciale della COP30, e in un futuro ancora indefinito, saranno immesse sul mercato gli altri posti letto, a prezzi ben più alti: almeno 600 a notte. A differenza dei rappresentanti delle lobby delle fonti fossili, sempre più numerosi alle ultime COP, molte nazioni faticano a coprire le spese delle loro delegazioni. Le Nazioni Unite sovvenzionano i costi di un massimo di tre persone provenienti da alcuni Paesi meno sviluppati e piccoli Stati insulari in via di sviluppo, ma la diaria ufficiale per Belém, in base alle linee guida delle Nazioni Unite, è di appena 149 dollari al giorno.
Al costo dell’alloggio, bisogna poi aggiungere quello per l’aereo e il vitto, e notoriamente i ristoranti e i bar all’interno delle COP – una sorta di zona extraterritoriale gestita dalle Nazioni Unite – sono carissimi. I giornalisti stanno cercando di organizzarsi in pool per affittare, al buio, un appartamento comunitario a Belém. Molte testate minori, come già accaduto lo scorso anno in Azerbaijan, hanno scelto di non seguire più in presenza la Conferenza e persino i più importanti quotidiani stanno dimezzando il tempo di permanenza dei loro cronisti.
Il Brasile, che vorrebbe essere paladino del multilateralismo «che non lascia indietro nessuno», rischia paradossalmente di ospitare la «COP più esclusiva» di sempre, un vertice per ricchi dove i Paesi più colpiti dalla crisi climatica – e meno responsabili del suo aggravamento, come gli Stati africani – rischiano di essere gravemente sottorappresentati. Tra questi ci sono anche i 57 Paesi in via di sviluppo ai quali non è stato offerto l’accesso alle stanze/cabine a 220 dollari a notte. «Seicento dollari sono molto al di sopra del limite che abbiamo per i nostri costi a persona», ha detto un funzionario di uno Stato africano a Mongabay, «sarà davvero difficile per noi partecipare se la situazione dell’alloggio non viene risolta. Nessuno della nostra delegazione ha ancora prenotato».
Infine, le navi inquinano… Le due navi da crociera – MSC Seaview e Costa Diadema – faranno affidamento su generatori di bordo, anche a diesel, per alimentare condizionatori d’aria, televisori e altre apparecchiature. Insieme, emettono oltre 140.000 tonnellate di anidride carbonica equivalente all’anno, secondo i dati dell’Unione europea, più di intere nazioni insulari del Pacifico come N