L’ultima “cena per la vittoria” di Zelensky prima dell’era Trump: Kiev si aggrappa all’Europa per resistere a Mosca

19.12.2024
L'ultima "cena per la vittoria" di Zelensky prima dell'era Trump: Kiev si aggrappa all'Europa per resistere a Mosca
L'ultima "cena per la vittoria" di Zelensky prima dell'era Trump: Kiev si aggrappa all'Europa per resistere a Mosca

Il presidente ucraino ha incontrato vari leader europei per verificare il loro sostegno nonostante il passo indietro del nuovo presidente Usa. Secondo Kallas non ci sono margini per trattare con Putin

Un’ultima cena coi leader europei prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. L’ha voluta il presidente ucraino Volodymyr Zelensky prima del vertice dei capi di governo a Bruxelles, per testare ancora una volta il sostegno a Kiev da parte dei leader europei. Zelensky è estremamente preoccupato del nuovo corso che la guerra con la Russia potrebbe assumere, una volta che il presidente eletto degli Stati Uniti salirà al potere. Il magnate repubblicano ha già reso note le sue intenzioni di volersi defilare dagli impegni sia economici che militari assunti in precedenza da Joe Biden e che spingerà per una mediazione con Vladimir Putin.

Arrivare al tavolo di pace senza il supporto di Washington e coi raid russi che proseguono è troppo rischioso per Kiev. Per il presidente ucraino si tratta di capire chi intende continuare a sostenerlo in Europa e con quali mezzi. Dopo aver incassato l’autorizzazione ad utilizzare missili di lunga gittata per colpire obiettivi in territorio russo, Zelensky vuole veder garantita in particolare la fornitura di sistemi di difesa aerea, munizioni e missili, come pure la fornitura dell’addestramento per i suoi militari e delle attrezzature necessarie per le truppe ucraine.

Tra gli invitati alla cena di Bruxelles c’era anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, tra i leader dell’Ue più vicini a Trump. Per ora l’Italia continua ufficialmente a sostenere la legittima difesa dell’Ucraina. Non è chiaro se dal 20 gennaio, giorno dell’insediamento del presidente Usa, questa posizione resterà immutata o l’Italia si avvicinerà a quella di Viktor Orbán.     

Le intenzioni di Trump nei confronti di Kiev

Con la rielezione di Trump alla Casa Bianca, Kiev ha bisogno di capire in che misura i leader europei intendono impegnarsi nei suoi confronti in un momento di particolare difficoltà sul fronte con la Russia. In un’intervista al quotidiano francese Le Parisien, Zelensky ha ammesso l’impossibilità per l’Ucraina di riconquistare militarmente la Crimea e il Donbass. Le maggiori criticità derivano però dalle relazioni con Washington.

Per quando entrerà in carica a fine gennaio, Trump ha fatto sapere che cercherà di raggiungere un accordo per porre fine alla guerra, si teme a prescindere dall’integrità territoriale del Paese invaso da Mosca. Inoltre ha criticato la politica militare adottata finora da Biden e dagli altri leader europei di contrastare apertamente Vladimir Putin, incluso il via libera ai missili occidentali all’interno del territorio russo. 

La proposta di cessate il fuoco di Orbán

Al fianco di Trump finora si è schierato apertamente solo il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che nei giorni scorsi ha chiesto un cessate il fuoco per Natale e insiste per una mediazione con il Cremlino. L’11 dicembre aveva detto di voler concludere la presidenza ungherese del semestre europeo con un cessate il fuoco di Natale, ma che Zelensky lo avrebbe rifiutato.

“Il piano di pace è sul tavolo, si può prendere o lasciare. È molto semplice. Non è un piano complicato, burocratico. È un piano umano molto semplice. Solo non lasciare che migliaia di ragazzi muoiano a Natale, è così semplice”, ha dichiarato Orbán in riferimento alla proposta di cessate il fuoco, all’arrivo al pre-vertice dei Patrioti per l’Europa, che si tiene il 19 dicembre nella capitale europea.

“E scambiare una grande quantità di prigionieri di guerra. Lasciarli andare a casa dalla loro famiglia per il giorno di Natale”, ha aggiunto. La presidenza ucraina già nei giorni scorsi aveva negato di avzer ricevuto tale proposta. La giustificazione “umanitaria” di Budapest in ogni caso non convince gli altri leader alleati di Kiev. Non a caso il vertice con Zelensky non si è tenuto nell’ambito dell’Unione europea, dove sarebbero stati obbligati ad invitare anche Orbán, ma nella residenza di Rutte, nel contesto più ampio della Nato, dov’è stato possibile coinvolgere anche il Regno Unito. 

La cena di Zelensky alla Nato

Tre ore. Tanto è durata la cena con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nella residenza del segretario generale della Nato Mark Rutte del 18 dicembre. Tra gli invitati la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il cancelliere tedesco uscente Olaf Scholz, la danese Mette Fredriksen e il polacco Andrzej Duda, insieme alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e al presidente del Consiglio Ue Antonio Costa. Il britannico Keir Starmer ha spedito invece il ministro degli Esteri britannico David Lammy.

L’Italia, che detiene anche la presidenza del G7, ha ribadito il sostegno all’Ucraina e alla sua legittima difesa, “con l’obiettivo comune di costruire una pace giusta e duratura sulla base del diritto internazionale e dei principi della Carta delle Nazioni Unite”, hanno fatto sapere fonti diplomatiche. Dalla cena sono trapelate le richieste chiave del presidente ucraino: fornitura di sistemi di difesa aerea, munizioni e missili, come pure la fornitura dell’addestramento e delle attrezzature necessarie per le truppe ucraine. Nessuna grande novità, ma Kiev punta a verificare la continuità nel sostegno all’Ucraina da parte degli alleati europei nonostante l’arrivo di Trump.

La proposta di Macron di inviare forze di pace in Ucraina

Nella mattinata Zelensky aveva incontrato anche Emmanuel Macron, che aveva rinunciato al vertice serale presso la Nato perché diretto in Mayotte, l’arcipelago francese travolto da cicloni che hanno provocato centinaia di vittime. I due hanno discusso della proposta di Macron di istituire delle forze per il mantenimento della pace in Ucraina, sostenuta anche dal polacco Donald Tusk. Il capo di Stato ucraino ha detto alla stampa di condividere l’idea dell’omologo transalpino, ma la proposta dell’Eliseo appare prematura. Per poter vedere all’opera delle forze di peacekeeping bisognerebbe dapprima arrivare alla fine del conflitto, come ha ricordato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, anche lui presente a Bruxelles in questi giorni.

La spinta di Kallas a favore dell’Ucraina

Ai tentativi di Orbàn di mediare con Putin, ha risposto senza giri di parole Kaja Kallas, a capo della diplomazia dell’Ue. “Le capitali occidentali dovrebbero smettere di suggerire colloqui di pace al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e invece assicurarsi che le loro promesse di garanzie di sicurezza a Kiev non siano vuote”, ha avvertito l’Alta rappresentante dell’Ue per la Politica estera in un’intervista al Financial Times. Secondo l’ex presidente dell’Estonia, “il presidente russo Vladimir Putin non ha mostrato alcuna volontà di fermare la guerra”. Inutile quindi “spingere Zelensky a parlare” quando Mosca non è intenzionata a farlo.

È stata ancora più chiara parlando con la stampa a margine del vertice del Consiglio Ue del 19 dicembre. ”Qualsiasi spinta a negoziare presto è un cattivo affare per l’Ucraina”, ha dichiarato Kallas. Ha poi ricordato che l’Europa “è il maggior fornitore di aiuti” verso l’Ucraina e ”continuerà a esserlo”, promettendo di ”lavorare con gli alleati statunitensi” dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca ”per convincerli che aiutare l’Ucraina non è carità, ma un investimento nella sicurezza globale”. Parole che rischiano però di restare inascoltate a Washington. 

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