Roma, 18 giugno 2025 – All’interno della tipologia C della prima prova di maturità 2025 emerge un tema di grande rilevanza contemporanea, concernente i social media e l’indignazione digitale. Strumenti riflessivi, come il saggio di Anna Meldolesi e Chiara Lalli intitolato “L’indignazione è il motore dei social. Ma serve a qualcosa?”, pubblicato su ‘Sette’, offrono spunti per analizzare il prepotente proliferare di contenuti creati per suscitare indignazione. Questo scenario invita gli studenti a porsi interrogativi sul ruolo delle piattaforme digitali nella formazione dell’opinione pubblica e sull’efficacia dell’attivismo online, riporta Attuale.
La indignazione sui social è fastidiosamente pervasiva: rapida, impulsiva e, spesso, feroce. È divenuta uno dei principali motori delle interazioni nelle piattaforme digitali, spingendo ogni giorno gli utenti a confrontarsi con contenuti progettati per suscitare emozioni intense come rabbia e disgustosa sorpresa. Queste reazioni istintive spingono all’engagement: commenti, condivisioni e rilanci vengono pubblicati in un battibaleno. Ma è davvero utile tutto ciò? Secondo quanto sostenuto nella riflessione di Meldolesi e Lalli, questa risposta emotiva può risultare sterile.
Spesso, condividiamo post senza neppure leggerli, motivati più dal desiderio di esprimere una posizione morale o di appartenere a un gruppo piuttosto che da un’autentica intenzione di informare o riflettere. Nel frattempo, quell’indignazione che dovrebbe indirizzarsi verso le reali ingiustizie viene dispersa su questioni di scarso significato, fake news e articoli con titoli ad effetto. La nostra soglia di attenzione si abbassa e la capacità di indignarci si satura, mentre la rabbia si disperde in una miriade di canali virtuali, contribuendo a creare un ambiente tossico dove l’odio spesso prevale.
Questa spirale non solo ci fa perdere tempo, ma ci rende anche più cinici, più divisi, e riduce la nostra lucidità. Un’emozione così forte come l’indignazione meriterebbe di essere gestita con maggiore consapevolezza, sforzandosi di evitare che venga sprecata in un ciclo infinito di post e reazioni che, in ultima analisi, non portano a cambiamenti significativi.