Meloni prova a rientrare in gioco e minimizza l’assenza dai Volenterosi

13.05.2025
Meloni prova a rientrare in gioco e minimizza l’assenza dai Volenterosi
Meloni prova a rientrare in gioco e minimizza l’assenza dai Volenterosi

A Villa Pamphili Giorgia Meloni e il premier greco Mitsotakis parlano soprattutto d’affari: ferrovie, tanto più che la società di trasporto ferroviario greca è di proprietà italiana, e cavi per la connessione di energia elettrica, accordo da un paio di miliardi già sottoscritto da Terna e dal gestore greco. Parlano anche molto d’immigrazione, con l’italiana che per una volta trova qualcuno più propenso di lei al pugno di ferro. Ma quando poi si rivolgono ai giornalisti per esaltare «la grande sintonia su molti temi», migranti da respingere in testa, l’attenzione è concentrata solo su quel che la premier italiana dirà sul solo tema che oggi pesa davvero: l’Ucraina.

Meloni non si fa pregare e va giù durissima: «Attendiamo una chiara risposta russa sul cessate il fuoco. L’Ucraina ha accettato subito di incontrare Putin, chiarendo rispetto a una certa propaganda chi sia a favore della guerra e chi della pace».

La certa propaganda veniva dal suo amico Trump e difficilmente appena un mese fa avrebbe usato toni così severi. Ma di questi tempi le cose cambiano in fretta. Cambiano al punto che oggi il governo italiano cerca un po’ freneticamente di rientrare in una partita nella quale è stato relegato ai margini.

Le cose, poi, non sono andate proprio come le racconta Meloni: la proposta era arrivata dalla Russia, Kiev aveva posto la tregua come condizione per l’incontro e ci ha ripensato dopo l’intervento di Trump. La versione edulcorata ma molto tranchant della premier è un’ulteriore prova del tentativo di riavvicinarsi all’Europa da parte di un governo italiano che si sente, e al momento è, fuori dalla cabina di regia europea.

L’occasione per riaprire i giochi, sperano a palazzo Chigi, potrebbe arrivare domenica prossima, per l’intronizzazione del papa. A Roma ci saranno molti capi di Stato e di governo. Ci sarà il cancelliere tedesco Merz ed è quasi certo un incontro bilaterale. Ci sarà il vicepresidente Usa Vance ma Meloni non dispera sull’arrivo a sorpresa dello stesso Trump. In fondo potrebbe trovarsi a Istanbul e di lì a Roma sarebbe un passo. L’occasione diplomatica sarebbe d’oro.

Da Londra, dove partecipa al vertice del cosiddetto Formato Weimar plus, il mite Tajani è quasi altrettanto ruggente: «Tutta la responsabilità è nelle mani di Putin. La pace dipende solo dalla Russia. Se non vuole la pace saremo costretti a nuove sanzioni». Il ministro italiano anticipa anche che la prossima riunione del gruppo si terrà in giugno proprio a Roma e rimarca l’importanza della Conferenza per la ricostruzione, sempre a Roma in luglio.

A Londra c’erano i tre Paesi “Weimar”, Germania, Francia e Polonia, più Uk, Italia, Spagna e l’alta rappresentante europea Kallas.

Il balletto che si sta svolgendo intorno a questi vari gruppi, Weimar con o senza il Plus, oppure i Volenterosi accorsi nel weekend a Kiev ma senza l’Italia, presente solo in collegamento, non è futile come potrebbe apparire: in ballo ci sono la ridefinizione degli equilibri interni alla Ue, con il Regno Unito nella singolare veste interna/esterna, e la spartizione della ricostruzione dell’Ucraina, affare gigantesco.

Per questo a palazzo Chigi si sono quasi convinti che sia stato un errore non partecipare di persona all’incontro di Kiev. La premier aveva deciso di tenersene fisicamente lontana per rimarcare la differenza rispetto alla coalizione dei Volenterosi sull’invio di truppe europee per una missione di peacekeeping, confermando però con il collegamento online l’unità del vecchio continente. Quando a Roma si sono resi conto che sul tavolo c’era la prima ipotesi reale di tregua, due giorni prima del vertice, non c’era più tempo, o forse non c’è stata la prontezza di riflessi necessaria, per cambiare idea. Nei prossimi giorni Meloni farà il possibile per rientrare in un gioco dal quale si è fatta tagliare fuori.

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